Le tre fasi della catena protone-protone. Credit: E. Chaisson, S. McMillan, “Astronomy today”, Pearson 2014 (modificato)

Come funziona il Sole (2/16)

Sbattere contro la barriera di Coulomb

Spazio Tempo Luce Energia
3 min readOct 19, 2015

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Grazie al lavoro teorico compiuto da Hans Bethe tra il 1938 e il 1939, sappiamo che la grande maggioranza delle reazioni nucleari che avvengono all’interno del Sole fa parte della cosiddetta catena protone-protone (più brevemente catena p-p). La catena comincia con la collisione di due protoni, cioè i nuclei dell’atomo più semplice, quello dell’idrogeno. Per via di successive fusioni, secondo lo schema illustrato nell’immagine di copertina, sei protoni in tutto concorrono a formare una particella alfa, cioè un nucleo di elio. Nel corso del processo sono emessi due neutrini e viene liberata energia sotto forma di radiazione gamma. Sono emessi, infine, due protoni, liberi di partecipare a successive reazioni.

Le cose tuttavia non sono così semplici come lo schema sembrerebbe suggerire. Perché due protoni possano arrivare a fondersi, così da dare inizio alla serie di reazioni della catena, è necessaria molta energia: bisogna vincere la cosiddetta barriera di Coulomb, cioè la forza repulsiva che esiste tra particelle dotate di carica elettrica uguale (tutti i protoni hanno carica positiva).

C’è, in effetti, una forza che vince quella elettromagnetica, grazie a un’intensità circa 100 volte superiore: è l’interazione forte, la forza più potente che si conosca. È l’interazione forte che mantiene uniti i nuclei atomici contenenti più protoni, a dispetto della spinta disgregante esercitata su di essi dalla forza elettromagnetica. Il problema è che l’interazione forte ha un raggio d’azione a dir poco minuscolo. Il raggio di un protone è uguale approssimativamente a 0,8 femtometri, cioè otto decimi di un milionesimo di miliardesimo di metro. L’interazione forte ha un raggio d’azione appena maggiore, intorno a 1,4 fm.

La distanza tra due protoni non deve superare 1 fm affinché l’interazione forte possa avere la meglio sulla repulsione elettromagnetica. Credit: E. Chaisson, S. McMillan, “Astronomy today”, Pearson 2014 (modificato)

Due protoni, dunque, possono finire nell’“abbraccio” dell’interazione forte, che può vincere la reciproca repulsione elettromagnetica (che decresce con il quadrato della distanza), solo se riescono a ridurre la loro separazione a non più di un femtometro. Altrimenti schizzeranno via, ognuno per la propria strada. La forza della barriera di Coulomb tra due protoni separati da una distanza di 1 fm è di 2×10⁻¹³ J, cioè circa 1,25 MeV (si veda la tabella delle unità di misura nel post precedente). Tale è dunque l’energia cinetica che un protone libero deve possedere per vincere la repulsione elettromagnetica verso un altro protone.

Per quanto possa sembrare strano vista l’altissima temperatura che esiste al centro della nostra stella, l’energia cinetica media dei protoni liberi nel plasma del nucleo solare è ben al di sotto di questa soglia. È infatti di circa 1 keV, cioè intorno a un millesimo dell’energia necessaria a superare la barriera di Coulomb.

Eppure sappiamo che la fusione nucleare è l’unico meccanismo possibile per la generazione del flusso di energia che il Sole emette costantemente da miliardi di anni. Se il motore dell’energia solare fosse la sola forza di gravità, come pure in passato si è creduto, il Sole non avrebbe potuto sostenere per più di 20–30 milioni di anni la potenza radiante che registriamo, la cui intensità si è mantenuta invece costante — come i rilievi geologici testimoniano — per un tempo enormemente più lungo. Inoltre, numerosi esperimenti di captazione dei neutrini solari, prodotti nel corso delle reazioni di fusione nucleare, hanno dimostrato, sia pure al termine di un percorso di ricerca non facile, che gli attuali modelli teorici che descrivono la generazione dell’energia solare sono tutto sommato corretti.

Come fanno, dunque, i protoni nel nucleo del Sole a superare la barriera di Coulomb, nonostante l’insufficiente energia di cui dispongono? La risposta fu trovata nel 1928 da George Gamow, un geniale fisico e cosmologo di origine ucraina, trasferitosi in seguito negli Stati Uniti.

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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.