L’immagine a sinistra, acquisita dal telescopio spaziale Hubble, mostra l’ammasso di galassie MACS J2135–010217 (al centro), che crea una lente gravitazionale che ingrandisce e distorce l’immagine della galassia SMM J2135–0102. In alto a destra, SMM J2135–0102 (in rosso), come appare a lunghezze d’onda submillimetriche, osservata con lo strumento LABOCA del telescopio APEX. In basso a destra, la dettagliata immagine ottenuta con il Submillimeter Array (sempre in rosso). Ma la lente gravitazionale produce anche un raddoppiamento delle immagini: le otto regioni osservate dal Submillimeter Array corrispondono in realtà a quattro sole regioni di formazione stellare presenti all’interno della remota galassia. Credit: ESO/APEX/M. Swinbank et al.; NASA/ESA Hubble Space Credit & SMA

Fabbriche di stelle nell’universo distante

Regioni di formazione stellare nella lontanissima galassia SMM J2135–0102

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
4 min readJun 27, 2010

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Per la prima volta un gruppo di astronomi ha potuto misurare direttamente dimensioni e luminosità di regioni di formazione stellare situate in una galassia lontanissima, scoperta casualmente grazie al telescopio APEX (Atacama Pathfinder Experiment). La luce della galassia ci giunge da un abisso distante dieci miliardi di anni luce e ci mostra, dunque, l’aspetto che essa aveva in un’epoca remota della storia dell’universo.

L’immagine della galassia è stata ingrandita e potenziata da un fenomeno di lente gravitazionale, generato dall’enorme massa di un ammasso di galassie interposto tra l’antica sorgente luminosa e la Terra. Un colpo di fortuna che ha rivelato una frenetica e vigorosa attività di formazione stellare, con vivai di stelle che si formano duecentocinquanta volte più velocemente che nelle galassie dell’universo contemporaneo. La ricerca è stata pubblicata online su Nature il 21 marzo 2010.

Gli ammassi di galassie sono tra le strutture più massicce dell’universo: possono contenere centinaia o addirittura migliaia di galassie, enormi riserve di gas e di materia oscura, e raggiungere masse totali nell’ordine del milione di miliardi di masse solari (10 elevato alla quindicesima potenza).

L’antenna da 12 metri del telescopio APEX. L’Atacama Pathfinder Experiment è un telescopio per la ricerca nelle frequenze millimetriche e submillimetriche, cioè la gamma intermedia tra l’infrarosso e le onde radio. Sorge sull’altipiano di Chajnantor, in Cile, a 5100 metri di altitudine, in uno dei luoghi più secchi del pianeta. Le condizioni climatiche estreme sono difficili per l’uomo (infatti il telescopio è governato in remoto da una base costruita 2500 metri più in basso), ma sono quelle necessarie per la migliore ricezione delle lunghezze d’onda per le quali l’antenna è stata progettata. Credit: ESO

Osservando a lunghezze d’onda submillimetriche con il telescopio APEX un gigante di questo tipo — un ammasso di galassie chiamato MACS J2135–010217, situato a una distanza di circa quattro miliardi di anni luce dalla Terra — un gruppo di astronomi si è imbattuto casualmente in una lente gravitazionale, generata dall’enorme massa dell’ammasso. La lente ha ingrandito e così reso visibile una lontanissima galassia, estremamente brillante per via di un’insolita e violenta attività di formazione stellare. La nuova galassia è stata chiamata SMM J2135–0102.

«L’ingrandimento ci mostra la galassia con un dettaglio senza precedenti, anche se è così distante che la sua luce ha impiegato circa 10 miliardi di anni per raggiungerci», spiega Mark Swinbank della Università di Durham, primo autore dell’articolo che riporta la scoperta. «Grazie a successive osservazioni con il telescopio Submillimeter Array, siamo stati in grado di studiare con grande precisione le nebulose ricche di stelle in formazione presenti in quella galassia».

Tre delle otto antenne dell’interferometro SMA (Submillimeter Array). Lo SMA sorge a 4.080 metri sul livello del mare, quasi alla sommità del Mauna Kea, nelle Isole Hawai’i. Il luogo in cui è stato costruito, elevato e secco, è ideale per la ricezione della gamma di onde tra 0,3 e 1,7 millimetri, che costituiscono la finestra di osservazione del telescopio. Credit: SAO

Il Submillimeter Array (SMA) è un interferometro composto da 8 elementi, situati sulla vetta del Mauna Kea alle Hawaii. Grazie alla sua potenza è stato possibile osservare le regioni di formazione stellare in SMM J2135–0102 fino a una scala di alcune centinaia di anni luce: quasi le stesse dimensioni delle nebulose maggiori della Via Lattea. Per ottenere un simile livello di dettaglio senza l’aiuto di una lente gravitazionale, servirebbero telescopi come ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), che al momento è in costruzione sullo stesso altipiano dove si trova APEX. Questa fortunata scoperta ha quindi dato agli astronomi un’anteprima unica sui risultati scientifici che sarà possibile ottenere fra alcuni anni.

Le “fabbriche” di stelle scoperte in SMM J2135–0102 sono simili a quelle della Via Lattea, ma cento volte più grandi e molto più luminose. Ciò suggerisce che la formazione stellare nelle prime fasi di vita delle galassie sia stato un processo ben più vigoroso di quello che osserviamo nell’universo locale. Per molti aspetti le nebulose di SMM J2135–0102 sembrano essere simili ai nuclei più densi delle regioni di formazione stellare presenti nella Via Lattea e nelle galassie più vicine. A questo proposito, Carlos De Breuck, uno degli autori della ricerca, ha dichiarato:

Stimiamo che SMM J2135–0102 stia producendo stelle ad un ritmo equivalente a circa 250 Soli all’anno. La formazione stellare nella sua nebulosa più grande è differente da quella nell’universo locale, ma le nostre osservazioni suggeriscono anche che, usando una fisica di base simile a quella delle più dense regioni di formazione stellare nella galassie vicine, potremo riuscire a capire come nascono le stelle in queste galassie più distanti.

Quest’immagine di SMM J2135–0102 acquisita con il Submillimeter Array a 870 micron è la più nitida mai ottenuta di regioni di formazione stellare nell’universo distante. Il riquadro in alto a sinistra mostra come ci apparirebbero le quattro regioni in SMM J2135–0102, se osservate senza distorsione. La distanza tra A e D è minore di 6.000 anni luce. L’ovale nel riquadro in basso a destra indica la risoluzione del telescopio (corrispondente alla capacità di scorgere una monetina da centinaia di chilometri di distanza). Credit: Mark Swinbank (Durham), Steve Longmore (SAO)

Le osservazioni eseguite con il Submillimeter Array hanno permesso di scoprire che SMM J2135–0102 è la galassia più luminosa tra quelle visibili a lunghezze d’onda submillimetriche: benché fortemente oscurata nella luce visibile, essa emette prodigiose quantità di radiazione nella regione dello spettro osservata da SMA.

Grazie a un ulteriore e sofisticato strumento, lo Zpectrometer montato sul grande radiotelescopio Green Bank, gli astronomi hanno poi potuto determinare con precisione la distanza di SMM J2135–0102 e ricostruire come ci apparirebbe la galassia, se potessimo osservarla senza la distorsione della lente gravitazionale. Ovviamente, la ricostruzione si riferisce all’aspetto che aveva nell’universo primordiale, dieci miliardi di anni fa. Se potessimo osservarla oggi, vedremmo probabilmente una gigantesca galassia ellittica, giunta al termine della sua evoluzione e molto meno propensa a produrre nuove stelle.

Raffigurazione artistica della galassia SMM J2135–0102. Credit: ESO / M. Kornmesser
Arp 220 è un esempio relativamente vicino di un oggetto con caratteristiche simili a SMM J2135–0102. Posta a circa 250 milioni di anni luce dalla Terra, è il risultato della collisione tra due galassie a spirale. La collisione, cominciata 700 milioni di anni fa, ha prodotto una violenta attività di formazione stellare. In una regione estesa appena 5.000 anni luce (pari al 5% del diametro della Via Lattea), sono addensati strettamente oltre 200 enormi ammassi stellari, riconoscibili come brillanti nodi di colore blu-bianco nell’immagine qui riprodotta di Hubble. Credit: NASA, ESA, the Hubble Heritage-ESA/Hubble Collaboration, A. Evans (UVa/NRAO/Stony Brook)

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Michele Diodati
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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.