Il riquadro sulla destra mostra con notevole ingrandimento la galassia irregolare GN-z11, la più antica e distante mai osservata. La sua luce è stata raccolta da Hubble dopo aver viaggiato nel vuoto dello spazio per 13,4 miliardi di anni, cioè per il 97% dell’età dell’Universo [NASA, ESA, P. Oesch, G. Brammer, P. van Dokkum, G. Illingworth]

Galassie agli albori del tempo

MACS0647-JD e GN-z11 sono per ora le due galassie più lontane nello spazio e nel tempo che siano mai state osservate. La loro luce ha viaggiato per oltre 13 miliardi di anni prima di raggiungere la Terra

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
4 min readJun 14, 2019

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Quanto può essere grande al massimo un telescopio? Cento metri? Un chilometro? Cento chilometri? Sbagliato! Ci sono telescopi naturali che si estendono per milioni di anni luce. Uno di questi è l’ammasso di galassie MACS J0647.7+7015, situato nella costellazione della Giraffa a una distanza di 5,6 miliardi di anni luce da noi (distanza stimata in base allo spostamento verso il rosso della luce che ci giunge dalle sue galassie).

Uno studio pubblicato a dicembre 2012 su Astrophysical Journal, con Dan Coe dello Space Telescope Institute di Baltimora come primo autore, annunciò la scoperta della più lontana galassia mai vista fino a quel momento. La scoperta era stata resa possibile dalla gigantesca distorsione spaziale prodotta dalla gravità dell’ammasso MACS J0647.7+7015. Agendo come un vero e proprio telescopio, l’ammasso di galassie aveva ingrandito, moltiplicato per tre e reso più brillante fino a un fattore 8 l’immagine di una altrimenti invisibile galassia, posta al di là dell’ammasso rispetto al nostro punto di osservazione.

La fioca luce di quella lontanissima galassia, battezzata MACS0647-JD, resa visibile ai nostri occhi dall’effetto di lente gravitazionale forte creato dall’ammasso di galassie interposto, aveva viaggiato ben 13,37 miliardi di anni prima di essere intercettata dallo specchio di Hubble. Poiché secondo le stime più accurate l’età dell’Universo è di 13,8 miliardi di anni, ciò vuol dire che Hubble ci ha permesso di vedere quella galassia primordiale così com’era 430 milioni di anni dopo il Big Bang: un’epoca remotissima in cui cominciavano appena a formarsi le prime galassie.

A conferma della sua origine più che arcaica, MACS0647-JD ha — o, per meglio dire, aveva — dimensioni molto ridotte rispetto a una galassia fatta e finita come la Via Lattea: Coe e colleghi stimarono un diametro di circa 600 anni luce, pochissimo in confronto agli oltre 100.000 anni luce della nostra galassia. Tuttavia, secondo i calcoli dei ricercatori, in quei pochi anni luce erano stipate stelle per almeno un miliardo di masse solari, a testimonianza del fatto che la formazione stellare procedeva molto vigorosa già poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang. Galassie come MACS0647-JD possono essere considerate in un certo senso i blocchi costruttivi dai quali derivano — attraverso una lunga serie di collisioni e fusioni — le galassie maggiori che osserviamo nell’Universo locale.

Nei tre riquadri a sinistra, le macchie rosse centrali sono immagini della lontanissima galassia MACS0647-JD, create dalla lente gravitazionale forte generata dal massiccio ammasso di galassie interposto MACSJ0647.7+7015, visibile nel riquadro grande a destra. L’immagine dell’ammasso prodotta da Hubble fa parte di una survey chiamata CLASH (“Cluster Lensing And Supernova survey with Hubble”), dedicata a studiare i fenomeni di lente gravitazionale prodotti da 25 dei più massicci ammassi di galassie finora individuati [NASA / ESA / M. Postman e D. Coe / The CLASH team]

Ma i record non sono fatti per durare, più che mai in campo cosmologico. A marzo 2016, meno di quattro anni dopo la scoperta di MACS0647-JD, un altro team di ricercatori, guidato da Pascal Oesch dell’Università di Ginevra, annunciava su Astrophysical Journal la scoperta nella costellazione dell’Orsa Maggiore di una galassia ancora più antica e lontana.

La nuova galassia-record, a cui fu attribuito il nome di GN-z11, fu trovata esaminando immagini acquisite dai telescopi spaziali Hubble e Spitzer nell’ambito di due progetti, chiamati rispettivamente CANDELS (Cosmic Assembly Near-infrared Deep Extragalactic Legacy Survey) e GOODS (Great Observatories Origins Deep Survey). Il confronto tra le immagini acquisite da Hubble nel vicino ultravioletto, nel visibile e nel vicino infrarosso e da Spitzer nel medio infrarosso aveva permesso di stabilire con un altissimo grado di confidenza che la luce proveniente da GN-z11 aveva uno spostamento verso il rosso pari a z = 11,09, di gran lunga maggiore rispetto a quello di qualsiasi altra galassia nota.

Un simile spostamento verso il rosso implicava che la luce di quella galassia era giunta in prossimità della Terra dopo aver viaggiato nel vuoto dello spazio per 13,4 miliardi di anni! Quell’oggetto insolitamente luminoso ci portava così indietro nel tempo fino a 400 milioni di anni dopo il Big Bang, a un’epoca in cui l’Universo aveva solo il 3% dell’età attuale.

Per riuscire a cogliere la luce di GN-z11, Hubble era stato spinto fino al limite estremo delle proprie possibilità. Dovremo attendere con ogni probabilità il lancio del JWST (James Webb Space Telescope) per vedere ancora più lontano e più indietro nel tempo. La distanza propria di GN-z11, cioè la distanza a cui si trova oggi quella galassia se teniamo conto dell’espansione dell’Universo intervenuta a partire dall’emissione della luce intercettata da Hubble, corrisponde a ben 32 miliardi di anni luce, un abisso di spazio difficile anche solo da immaginare (equivale a 300mila miliardi di miliardi di chilometri o 3,027×10²³ km, se usiamo la notazione scientifica).

Estrapolando tutte le informazioni possibili dai pochi dati disponibili, Oesch e colleghi calcolarono che GN-z11 misurava approssimativamente 4.000 × 2.000 anni luce, un’estensione pari a circa 1/25 di quella della Via Lattea. La massa stellare fu calcolata in circa 1 miliardo di masse solari, con una rimarchevole popolazione di stelle giovani e una capacità di formare nuove stelle venti volte maggiore di quella della nostra galassia. In conclusione, è stupefacente che, in un’epoca così remota della storia dell’Universo, solo poche decine di milioni di anni successiva a quella in cui si accesero le prime stelle, esisteva già una galassia così grande e attiva come GN-z11. Sarà interessante scoprire quante galassie simili a questa, o magari anche più antiche, riuscirà a vedere il JWST, se e quando riuscirà finalmente a spiccare il volo.

Con uno spostamento verso il rosso z=11,1, GN-z11 è la galassia più antica e distante mai osservata. Risalendo all’indietro nella storia dell’Universo, essa ci porta una testimonianza di un’epoca di poco successiva a quella in cui si illuminarono le prime stelle, dando inizio alla cosiddetta era della reionizzazione, in cui la radiazione ionizzante delle prime stelle e galassie rese l’Universo trasparente alla radiazione [NASA, ESA, A. Feild (STScI)]

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Michele Diodati
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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.