Credit: NASA, ESA e A. Schaller (STScI)

Giovani stelle blu nel nucleo di Andromeda

Nel 2005 fu identificata la sorgente di una misteriosa luce blu proprio al centro della nostra vicina, la Galassia di Andromeda (M31): un disco di giovani stelle blu nel mezzo di una popolazione di stelle antichissime

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
5 min readSep 23, 2005

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La luce blu sembrava provenire da un disco di stelle giovani e calde, in orbita vorticosa intorno a un buco nero supermassiccio. Gli autori dello studio, pubblicato sul numero del 20 settembre 2005 di Astrophysical Journal, non sapevano spiegarsi come questo disco di stelle si fosse potuto formare così vicino a un buco nero da svariati milioni di masse solari. In un ambiente così ostile, le forze di marea del buco nero avrebbero dovuto rimescolare di continuo la materia, rendendo impossibile a gas e polveri di collassare sotto l’azione della loro stessa gravità fino a formare nuove stelle. Ma quelle stelle, invece, erano (e sono) lì, a testimoniare con la loro esistenza quanto ancora poco sappiamo dei meccanismi all’origine della formazione stellare.

«Guardare quelle stelle è come osservare un prestigiatore che tira fuori un coniglio da un cappello. Sai che è successo, ma non sai come sia potuto accadere», ammise Tod Lauer del National Optical Astronomy Observatory di Tucson, in Arizona. Le osservazioni con Hubble erano state compiute da un team di astronomi guidato da Ralf Bender del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics di Garching, in Germania, e da John Kormendy della University of Texas di Austin.

Insieme alla scoperta del disco di stelle blu, gli astronomi avevano raccolto anche prove molto solide dell’esistenza di un colossale buco nero al centro di Andromeda, della cui presenza si sospettava da tempo.

Vista totale di Andromeda (M31) ottenuta con un telescopio Ritchey-Chrétien da 12,5 pollici Credit: R. Gendler 2002

Hubble scandaglia la strana luce blu

L’astronomo Ivan King dell’Università di Washington, insieme con alcuni colleghi, scoprì per primo la strana luce blu nel 1995, sempre grazie a Hubble. Pensò che la luce potesse provenire da una singola, brillante stella blu o forse da un più esotico processo energetico. Tre anni più tardi, Lauer e Sandra Faber dell’Università della California a Santa Cruz usarono di nuovo Hubble per studiare quella luce. Le loro osservazioni portarono alla conclusione che non si trattava di una sola stella, ma di un intero ammasso di stelle blu.

Le nuove osservazioni spettroscopiche con lo Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS) di Hubble rivelavano infatti che la luce blu proviene da più di 400 stelle, formatesi probabilmente tutte insieme in uno scoppio di attività avvenuto all’incirca 200 milioni di anni fa. Le stelle sono ammassate l’una all’altra in un disco che misura da un capo all’altro appena un anno luce. Il disco si trova all’interno di un anello ellittico di stelle rosse, vecchie e fredde, che era già stato visto in precedenti osservazioni eseguite con Hubble.

Gli astronomi calcolarono poi la velocità orbitale delle stelle blu, misurando spettroscopicamente la compressione e l’allungamento della radiazione luminosa emessa nel corso delle loro orbite intorno al buco nero. Sotto la stretta gravitazionale del massiccio oggetto centrale, le stelle sfrecciano a 1.000 km/s. Orbitano così velocemente che impiegherebbero appena 40 secondi per un giro completo intorno alla Terra e sei minuti per arrivare dalla Terra alla Luna. Le stelle più veloci completano un’orbita in appena 100 anni.

Secondo Lauer, è probabile che nel nucleo di Andromeda simili dischi di stelle si siano già prodotti altre volte in passato e possano prodursi nuovamente in futuro:

Le stelle blu nel disco sono di vita così breve che è improbabile che nella storia di Andromeda, lunga 12 miliardi di anni, un disco così effimero sia apparso soltanto adesso. Ecco perché noi pensiamo che il meccanismo che ha prodotto questo disco di stelle abbia già formato probabilmente altri dischi stellari in passato e altri ne farà scaturire in futuro. Non sappiamo ancora, però, in primo luogo come un simile disco si sia potuto formare. Resta un enigma.

Immagine della regione centrale di Andromeda, acquisita con il telescopio WIYN da 0,9 metri dell’Osservatorio di Kitt Peak. Credit: T. Rector (Univ. Alaska Anchorage)
Vista ravvicinata del nucleo di Andromeda, ottenuta nell’infrarosso con il telescopio Mayall da 4 metri dell’Osservatorio di Kitt Peak. La regione osservata corrisponde al quadrato visibile al centro dell’immagine precedente. Credit: T. Lauer (NOAO/AURA/NSF)
Immagine del nucleo di Andromeda ottenuta con la WFPC2 del telescopio spaziale Hubble. La regione osservata corrisponde al piccolo quadrato al centro dell’immagine precedente. Il nucleo di Andromeda è composto da un anello di vecchie stelle rosse e da un disco, scoperto nel 2005, di giovani stelle blu. Il disco è intrappolato nel campo gravitazionale di un buco nero supermassiccio. Credit: NASA, ESA e T. Lauer (NOAO/AURA/NSF)

Solide prove dell’esistenza di un buco nero colossale

Nel 1988, nel corso di studi indipendenti basati su telescopi terrestri, John Kormendy e il team di Alan Dressler e Douglas Richstone scoprirono un oggetto oscuro nel centro di Andromeda, che ritennero essere un buco nero supermassiccio. Queste osservazioni, tuttavia, non escludevano in modo definitivo alternative molto esotiche ma molto meno probabili.

Le nuove osservazioni del nucleo di Andromeda fatte con lo spettroscopio STIS erano, però, così precise da consentire agli astronomi di escludere, almeno in questo caso, qualsiasi altra possibilità. I dati indicavano che almeno 100 milioni di masse solari erano concentrate in un volume pari a circa 1/3 di anno luce: assolutamente troppo poco perché potesse trattarsi di un intero ammasso di stelle morte o di stelle fallite (nane brune).

L’oggetto oscuro al centro di Andromeda è dunque proprio un buco nero supermassiccio. La sua massa, stimata in 140 milioni masse solari, lo rende tre volte più “pesante” di quanto creduto in precedenza.

La presenza del buco nero centrale rendeva peraltro, come abbiamo visto, molto enigmatica la formazione del disco di giovani stelle blu nelle sue immediate vicinanze. La dinamica della sua formazione in un ambiente così ostile e perturbato sfugge per il momento alla comprensione degli astronomi.

Un doppio nucleo galattico

Il buco nero e il disco di stelle blu non sono i soli elementi particolari nell’architettura del nucleo di Andromeda. Una squadra di ricercatori guidata da Lauer e Faber scopri grazie a Hubble nel 1993 che M31 sembra avere al suo centro anche due distinti ammassi stellari. Questa scoperta fu una sorpresa, perché due ammassi dovrebbero fondersi in uno solo in appena qualche centinaio di migliaia di anni. Scott Tremaine dell’Università di Princeton risolse il problema, suggerendo che il “doppio nucleo” fosse in realtà un singolo anello di vecchie stelle rosse. L’anello appariva come due ammassi stellari separati per via di un effetto prospettico, causato dalla distanza: l’apparente concentrazione di stelle agli opposti estremi dell’anello dava l’impressione di una discontinuità che in realtà non esiste. L’anello si trova a circa cinque anni luce dal buco nero e dal disco di stelle blu che gli orbita intorno. Visti dalla Terra, il disco interno e l’anello esterno sono inclinati dello stesso angolo, il che suggerisce che possano essere correlati.

La complessa struttura del nucleo di Andromeda. Credit: NASA, ESA e A. Feild (STScI)

Poiché anche Sgr A*, il buco nero al centro della Via Lattea, è orbitato da stelle molto giovani, è probabile che il processo che ha operato nel nucleo di Andromeda e in quello della nostra galassia sia in realtà piuttosto comune nell’universo.

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Michele Diodati
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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.