Galassie, solo galassie fino a dove lo sguardo può spingersi: un ritaglio tratto dallo Hubble Legacy Field, il campo profondo più grande mai prodotto. L’immagine mosaico è stata composta unendo circa 7.500 esposizioni compiute dal telescopio spaziale Hubble nel corso degli ultimi sedici anni [NASA, ESA, G. Illingworth, D. Magee, K. Whitaker, R. Bouwens, P. Oesch, Hubble Legacy Field team]

Hubble Legacy Field, il campo profondo più grande mai realizzato

Un gruppo di ricercatori ha assemblato circa 7.500 osservazioni profonde del telescopio spaziale Hubble in un’unica immagine che contiene 265.000 galassie e la storia di 13,3 miliardi di anni di evoluzione galattica

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
5 min readMay 12, 2019

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È passato quasi un quarto di secolo dalla pubblicazione del primo campo profondo di Hubble. L’immagine fu diffusa a gennaio del 1996 e rappresentò una svolta epocale per la cosmologia: era la prova visibile che l’Universo era pieno di galassie fino ai limiti estremi di sensibilità del telescopio e che quelle galassie erano tanto più piccole, irregolari e primitive quanto più erano antiche. Era la prova, cioè, che le galassie evolvono nel tempo e che le grandi spirali e le ellittiche visibili nell’Universo locale non possono essere altro che lo stadio finale di lunghe serie di collisioni e fusioni tra galassie più piccole e arcaiche.

Per ottenere quella straordinaria immagine, Hubble era rimasto puntato per undici giorni consecutivi, dal 18 al 28 dicembre 1995, su una minuscola regione nella costellazione dell’Orsa Maggiore: un quadratino di cielo di appena 2,6 minuti d’arco di lato, circa 1/12 del diametro angolare della Luna. In quegli undici giorni, il telescopio aveva eseguito ben 342 esposizioni di durata compresa tra 15 e 40 minuti ognuna, usando quattro filtri (a 300, 450, 606 e 814 nanometri) che coprivano dal vicino ultravioletto al vicino infrarosso, passando per la banda del visibile.

Dopo che le esposizioni furono ripulite dai raggi cosmici e dalla luce parassita riflessa dalla Terra, e poi unite a formare un’immagine policroma, venne fuori una scena cosmica di sublime bellezza e assoluto valore scientifico. Astronomi e appassionati di tutto il mondo guardarono emozionati e sgomenti lo spettacolo celeste offerto dalle migliaia di galassie riprese da Hubble: in quel francobollo di cielo, all’apparenza privo di qualsiasi oggetto di rilievo, le decine di ore di puntamento del telescopio avevano catturato luce a sufficienza da costruire a poco a poco l’immagine di almeno 3.000 galassie, la gran parte delle quali mai viste prima. Alcune erano così fioche da raggiungere la 30ª magnitudine: erano cioè quattro miliardi di volte più deboli della più debole luce percepibile dall’occhio umano.

Un frammento del primo campo profondo ripreso da Hubble a dicembre 1995 con lo strumento WFPC2. Tranne un paio di stelle della Via Lattea, tutti gli oggetti visibili nell’immagine sono galassie [Robert Williams / Hubble Deep Field Team (STScI) / NASA]

Lo sguardo di Hubble, spingendosi lontanissimo nello spazio, si era spinto altrettanto lontano nel tempo. Si scoprì ben presto che le galassie più fioche e arcaiche presenti in quell’immagine apparivano così come erano oltre 12 miliardi di anni fa, un’epoca non molto lontana dal Big Bang. Hubble aveva funzionato come una una specie di macchina del tempo, con l’unico limite di un campo visivo troppo piccolo: l’area ripresa dal telescopio spaziale copriva infatti solo la ventiquattromilionesima parte della volta celeste. Per mappare con la stessa profondità di campo l’intero cielo — o quanto meno le parti non oscurate dalla Via Lattea—sarebbe stato necessario un altro tipo di telescopio, dotato di risoluzione analoga a quella di Hubble, ma di un campo visivo molto più ampio. Un simile progetto esiste in effetti già da diversi anni. È quello del telescopio spaziale WFIRST, successore designato di Hubble, che potrebbe essere lanciato verso la metà del prossimo decennio, sempre che la sua missione sopravviva nel frattempo ai tentativi dell’amministrazione Trump di cancellarla.

Nell’attesa (e nella speranza) di poter osservare il cielo con gli occhi di WFIRST, ci sono però ancora i campi profondi di Hubble con cui saziare la nostra sete di conoscenza. Dopo la prima esperienza del 1995, il telescopio spaziale è stato infatti utilizzato molte altre volte per riprendere una nutrita serie di campi profondi, anche se tutti necessariamente limitati ad aree di pochi minuti d’arco di lato.

L’ultimo di questi progetti è il più ambizioso e imponente di tutti. Un gruppo di ricercatori, guidato da Garth Illingworth e Dan Magee dell’Università della California a Santa Cruz, ha prodotto una nuova immagine composita che, per dimensioni, distacca di molte lunghezze tutte le precedenti. La nuova immagine, pubblicata il 2 maggio sul sito del telescopio spaziale, si chiama Hubble Legacy Field e mette insieme una lunga serie di osservazioni compiute nel corso degli ultimi sedici anni.

Illingworth e colleghi hanno creato un mosaico che unisce insieme quasi 7.500 esposizioni di Hubble, per un totale di circa 250 giorni di puntamento del telescopio. In sostanza, sono state riunite in un’unica vista coerente le osservazioni profonde compiute da Hubble nell’ultravioletto, nel visibile e nel vicino infrarosso nell’ambito di 33 diversi progetti scientifici, snodatisi a partire dal 2002. L’area ripresa, situata nella costellazione della Fornace, è un quadrato dai contorni irregolari che misura all’incirca 25 minuti d’arco di lato, cioè poco meno del diametro angolare della Luna. In quello spicchio di cielo, ben più grande di quello ripreso dai campi profondi precedenti, ma tutto sommato relativamente piccolo, si affollano qualcosa come 265.000 galassie: un numero quasi 90 volte maggiore di quelle visibili nel Deep Field del 1995.

L’area di cielo ripresa nello Hubble Legacy Field, a sinistra, a confronto con la grandezza apparente della Luna vista dalla Terra [NASA, ESA, G. Illingworth, D. Magee, GSFC, Arizona State University]

Le galassie più antiche presenti in quest’ultima, straordinaria immagine risalgono a ben 13,3 miliardi di anni fa, cioè a circa 500 milioni di anni dopo il Big Bang. Alcune di esse sono così fioche da possedere una luminosità pari ad appena un decimiliardesimo di quella captabile dall’occhio umano.

È possibile scaricare l’immagine a piena risoluzione dal sito del telescopio spaziale Hubble, ma, con una dimensione “monstre” di 25.500×25.500 pixel, il file “pesa” ben 1,19 GB. Può essere perciò visualizzato ed esplorato solo su computer relativamente potenti. La vista totale tuttavia dice poco: per contenere l’intera immagine anche su uno schermo molto grande, occorre rimpicciolirla a un fattore tale per cui si vede soltanto una folla di macchioline e puntini poco significativi. Ciò che merita, invece, di essere osservato attentamente sono i particolari: i ritagli a piena grandezza di schiere di galassie grandi e piccole, di ogni colore, dalle classiche spirali alle nane più distorte e irregolari. Quello che segue è appunto un piccolo campionario di ritagli, selezionati dall’immagine alla massima risoluzione. Scorrendo con gli occhi questo sterminato oceano di galassie, sul quale Hubble ci ha permesso di gettare per la prima volta lo sguardo, non si può che rimanere attoniti e meravigliati.

Un ritaglio dallo Hubble Legacy Field: poche stelle della Via Lattea in primo piano e, dietro di loro, uno sfondo di galassie di ogni forma e dimensione, poste alle distanze più diverse. Si notano varie galassie a spirale, alcune delle quali distorte da interazioni gravitazionali con altre galassie. È visibile anche una grande ellittica, che crea con la sua massa effetti di lente gravitazionale [NASA, ESA, G. Illingworth, D. Magee, K. Whitaker, R. Bouwens, P. Oesch, Hubble Legacy Field team]
Ancora miriadi di galassie, tra le quali un paio di spirali “grand design” e alcune galassie interagenti [NASA, ESA, G. Illingworth, D. Magee, K. Whitaker, R. Bouwens, P. Oesch, Hubble Legacy Field team]
Un altro vasto assortimento di galassie tratto dallo Hubble Legacy Field [NASA, ESA, G. Illingworth, D. Magee, K. Whitaker, R. Bouwens, P. Oesch, Hubble Legacy Field team]
Molte spirali, alcune delle quali distorte da interazioni gravitazionali [NASA, ESA, G. Illingworth, D. Magee, K. Whitaker, R. Bouwens, P. Oesch, Hubble Legacy Field team]
Tutte le galassie sembrano convergere verso un unico punto lontanissimo [NASA, ESA, G. Illingworth, D. Magee, K. Whitaker, R. Bouwens, P. Oesch, Hubble Legacy Field team]

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Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.