Rappresentazione artistica di Gliese 436b con la sua immensa coda di idrogeno. Credit: Mark Garlick/University of Warwick

Il pianeta con un pianeta dentro

Gliese 436b, un Nettuno caldo che potrebbe nascondere una super-Terra al suo interno

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
4 min readNov 1, 2015

--

Fin dal 1989, cioè da quando il Voyager 2 ne misurò il campo gravitazionale, sappiamo che Nettuno ha un cuore roccioso poco più grande della Terra. Anche Urano possiede un nucleo con caratteristiche simili. La pressione e la temperatura elevatissime possono indurre nell’interno solido di questi giganti gassosi fenomeni sorprendenti, quali oceani bollenti e piogge di diamanti. Purtroppo non possiamo “pelare” i livelli gassosi esterni di Urano e Nettuno per vedere cosa succede al loro interno.

Ma l’universo è grande e ricco di occasioni, per cui può capitare altrove quel che non può succedere nel sistema solare. C’è una stella, per esempio, a poco più di trent’anni luce dalla Terra, Gliese 436, che sta letteralmente “pelando” da miliardi di anni un pianeta che le orbita intorno a distanza ravvicinata.

Il pianeta, Gliese 436b, è — guarda caso — un Nettuno caldo, cioè un pianeta di dimensioni e massa simili a Nettuno, ma con temperature molto più elevate a causa della fortissima irradiazione che riceve dalla sua stella, quasi 30 volte maggiore di quella che la Terra riceve dal Sole. La stella è una nana rossa grande meno di metà del Sole e molto più fredda, ma Gliese 436b, il pianeta, le è davvero vicinissimo: la distanza orbitale media è di poco più di 4,3 milioni di chilometri, sicché un anno intero si consuma in appena 2,6 giorni terrestri, poco più di 60 ore.

Ciò che questa tremenda irradiazione sta provocando al pianeta è soprendente ed è stato scoperto, come spesso accade, grazie al telescopio spaziale Hubble, la cui potenza è stata usata stavolta per scandagliare la regione dell’ultravioletto.

In un articolo pubblicato a giugno di quest’anno su Nature, un team internazionale di astronomi guidato da David Ehrenreich dell’Università di Losanna ha descritto ciò che emerge da tre distinte osservazioni di Gliese 436, eseguite nel 2012, 2013 e 2014 con lo strumento STIS (Space Telescope Imaging Spectrograph) di Hubble.

È risultato che il transito del pianeta davanti al disco stellare causa nella luce visibile una diminuzione dello 0,69% del flusso luminoso proveniente dalla stella, il che è compatibile con il passaggio di un corpo planetario di raggio pari a 4,3 volte il raggio terrestre. Fin qui tutto normale. Ma le cose cambiano radicalmente quando si osserva il transito nell’ultravioletto. La differenza misurata ha in questo caso dell’incredibile: il passaggio del pianeta davanti alla stella causa una diminuzione del flusso nell’ultravioletto pari al 56,3±3,5%! Questa vera e propria eclisse comincia 2 ore prima del transito del pianeta e finisce oltre tre ore dopo.

L’interpretazione del fenomeno è piuttosto diretta: la nana rossa sommerge il suo Nettuno caldo in un bagno di luce ultravioletta, che scinde le molecole negli strati alti dell’atmosfera. L’idrogeno, più leggero degli altri atomi, sfugge nello spazio esterno e crea un’immensa nube, estesa per centinaia di migliaia di chilometri, una sorta di coda cometaria che in parte precede e in parte segue il pianeta nel corso della sua orbita. La nube è così grande che, al culmine del transito, è in grado di oscurare circa la metà del disco stellare nella direzione della Terra (e ciò solo perché l’orbita è inclinata rispetto al nostro punto di osservazione, altrimenti l’eclisse sarebbe totale).

Questa mostruosa coda d’idrogeno, che gli astronomi, pescando dalla mitologia ebraica, hanno soprannominato il Behemoth, si estende molto oltre la regione nella quale l’attrazione gravitazionale di Gliese 436b è in grado di tenere legata a sé la materia. Ciò significa che quell’idrogeno si sta perdendo nello spazio: il pianeta, cioè, perde quotidianamente una parte della sua atmosfera. Secondo i calcoli contenuti nello studio pubblicato su Nature, questa perdita è quantificabile in 10⁸–10⁹ g s⁻¹, che, tradotto in linguaggio comune, vuol dire che tra le 100 e le 1000 tonnellate di idrogeno si perdono ogni secondo nello spazio.

Questa perdita, per quanto prolungata per miliardi di anni, non è sufficiente a “pelare” completamente Gliese 436b. Assumendo che i livelli gassosi esterni costituiscano, come in Nettuno, circa il 10% della massa di Gliese 436b, l’attuale fuga d’idrogeno equivale a una perdita di solo lo 0,1% di massa atmosferica per miliardo di anni. Gli autori dello studio ritengono però che, in origine, la nana rossa fosse molto più attiva di ora, il che potrebbe aver causato, durante il primo miliardo di anni di vita del sistema, un’irradiazione del pianeta nei raggi X e nell’estremo ultravioletto fino a 100 volte superiore a quella attuale.

Se questa stima fosse corretta, è possibile che la super-irradiazione subita da Gliese 436b in quel primo miliardo di anni abbia sottratto al pianeta fino al 10% della sua massa atmosferica complessiva. Ciò apre la porta a una possibilità affascinante, cioè che le numerose super-Terre scoperte in orbita ravvicinata intorno a molte stelle siano i residui esposti, i nuclei rocciosi visibili, di pianeti gassosi della classe di Nettuno, “pelati” nel corso di miliardi di anni delle loro atmosfere da un flusso inarrestabile di radiazione ultravioletta.

La possibile struttura interna di Gliese 436b. Credit: Jason Wright (modificato)
Simulazioni grafiche e descrizione (in inglese) della scoperta dell’estesa coda d’idrogeno di Gliese 436b. Credit: NASA

--

--

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.