Illustrazione di fantasia della pulsar isolata PSR J0030+0451 [Michele Diodati / Universe Sandbox²]

La prima mappa della superficie di una stella di neutroni

Usando i dati acquisiti dal telescopio a raggi X NICER, due gruppi indipendenti di ricercatori hanno ottenuto una stima affidabile della massa e del raggio di una stella di neutroni distante circa 1.000 anni luce dalla Terra. Hanno inoltre mappato la sua superficie, scoprendo che la configurazione del suo campo magnetico è molto diversa da quella ipotizzata dai modelli teorici

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
11 min readDec 22, 2019

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Il telescopio a raggi X NICER

Trasportato in orbita da un cargo Dragon di SpaceX, a giugno del 2017 è stato installato all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale il telescopio a raggi X NICER. Il nome, che sta per Neutron star Interior Composition ExploreR, è un chiaro riferimento al compito che questo strumento sta eseguendo da ormai due anni. NICER registra le emissioni di raggi X provenienti da stelle di neutroni, fornendo agli scienziati dati osservativi utili per ricavare il raggio e la massa di questi resti stellari super-compatti. Si tratta di parametri essenziali, che servono per ottenere preziose informazioni sullo stato della materia all’interno delle stelle di neutroni, nei cui nuclei si raggiungono pressioni e densità che non hanno uguali in nessun altro oggetto celeste accessibile all’osservazione.

La parte di NICER che sporge all’esterno della ISS è una sorta di “lavatrice” con lati di circa 1 metro. Uno dei lati contiene una griglia di 56 fori rotondi, ognuno dei quali ospita una serie di specchi concentrici, che hanno la funzione di focalizzare i raggi X in ingresso sul sensore siliceo che si trova al fondo di ciascun foro. Il telescopio è specializzato nella rilevazione di raggi X molli con energie comprese tra 0,2 e 12 keV, ed è in grado di fornire spettroscopia e tempo di arrivo dei fotoni in banda X con una risoluzione temporale senza precedenti, pari ad appena 100 nanosecondi [1].

Il telescopio spaziale a raggi X NICER installato all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale. È visibile la griglia di 56 rilevatori sulla faccia rivolta verso l’osservatore [NASA]

Il 12 dicembre sono stati pubblicati in contemporanea su The Astrophysical Journal Letters ben sette studi che analizzano i risultati di un anno e mezzo di osservazioni compiute con NICER. I ricercatori hanno concentrato la propria attenzione su una stella di neutroni in particolare: la pulsar millisecondo PSR J0030+0451 o, più brevemente, J0030, scelta per la sua relativa vicinanza e per l’eccezionale stabilità del suo segnale.

J0030 si trova nella costellazione dei Pesci a una distanza dalla Terra stimata in 329 ± 9 parsec (1.073 ± 29 anni luce). Scoperta nel 2000, è una pulsar isolata che emette radiazione nelle onde radio, nei raggi X e nei raggi gamma. Le sue pulsazioni si ripetono con un periodo di 4,87 millisecondi, il che vuol dire che la stella compie 205,53 rotazioni ogni secondo. Come tutte le pulsar, il suo periodo è soggetto a una lievissima ma costante variazione, che, nel caso di J0030, è stata calcolata in 1,02×10⁻²⁰ s/s. Significa che il periodo di rotazione aumenta di un centomiliardesimo di miliardesimo di secondo al secondo: una variazione così minuscola che J0030, così come altre pulsar, potrebbe essere usata per misurare il tempo con un grado di precisione simile a quello dei migliori orologi atomici [2].

Per capire cosa i ricercatori hanno scoperto su questa pulsar e come lo hanno scoperto, è necessario però capire innanzitutto di che tipo di oggetto si tratta.

Al centro dell’immagine, la pulsar PSR J0030+0451 ripresa con lo strumento EPIC del telescopio spaziale XMM-Newton dell’ESA [Slavko Bogdanov et al 2019 ApJL 887 L25]

Oggetti super-compatti: le stelle di neutroni

Le stelle di neutroni sono formate dal nucleo ormai inerte, compatto e ultra-denso, di stelle progenitrici che avevano masse iniziali comprese approssimativamente tra 10 e 30 masse solari, esplose come supernovae. Poiché questo nucleo ha una massa superiore al cosiddetto limite di Chandrasekar, il collasso gravitazionale non può essere arrestato, come avviene nelle nane bianche, dalla pressione di degenerazione degli elettroni. La gravità comprime perciò la materia fino al punto che elettroni e protoni si fondono, creando una sorta di densissima “pasta” di neutroni. Tutti gli spazi vuoti all’interno degli atomi vengono eliminati e la stella trova un nuovo equilibrio grazie alla pressione di degenerazione dei neutroni, che arresta finalmente il collasso gravitazionale.

Le stelle di neutroni sono corpi piccolissimi, con un raggio di 10–13 km e una massa compresa approssimativamente tra 1,4 e 2,5 masse solari. Si tratta di una quantità di materia incredibilmente grande racchiusa in un volume incredibilmente piccolo. È come se mezzo milione di pianeti come la Terra fossero compressi all’interno di una sfera di raggio inferiore a quello del Grande Raccordo Anulare di Roma. La densità al centro di un oggetto così compatto raggiunge livelli inimmaginabili. Si calcola che possa essere fino a 5–10 volte maggiore della densità di saturazione di un nucleo atomico, che è pari a 2,8×10¹⁴ grammi per centimetro cubico.

La struttura interna di una stella di neutroni [NASA]

Corpi allo stesso tempo così piccoli e così massicci possiedono giocoforza campi gravitazionali mostruosamente intensi, per sfuggire ai quali occorre raggiungere frazioni significative della velocità della luce [3]. Una delle conseguenze di una gravità così potente è che la radiazione emessa dalla superficie di una stella di neutroni è soggetta a sorprendenti fenomeni relativistici: segue per esempio percorsi a tal punto curvi, da rendere visibile per buona parte anche l’emisfero nascosto alla vista.

Un altro elemento estremo, soprattutto nelle stelle di neutroni giovani, è l’elevata velocità di rotazione, conseguenza della conservazione del momento angolare della stella progenitrice. Seppure quest’ultima avesse ruotato molto lentamente, la stella di neutroni che ne prende il posto acquisisce inevitabilmente alla nascita una velocità di rotazione di gran lunga maggiore, a causa del fatto che il suo raggio è almeno 5 o 6 ordini di grandezza inferiore a quello della progenitrice. È qui all’opera lo stesso principio fisico che consente a una pattinatrice di aumentare la propria velocità di rotazione semplicemente raccogliendo le braccia intorno al corpo.

Le stelle di neutroni ereditano anche i campi magnetici delle stelle progenitrici, i quali, imprigionati alle dimensioni minuscole di tali oggetti, raggiungono intensità nell’ordine dei miliardi di gauss (per paragone, il campo magnetico terrestre ha un’intensità di circa mezzo gauss).

Per effetto della potenza del suo campo magnetico, la magnetosfera di una stella di neutroni è pervasa da un plasma di particelle cariche accelerate a velocità relativistiche. Obbligate a spiraleggiare lungo le linee del campo magnetico, tali particelle emettono fiotti di radiazione in varie bande dello spettro elettromagnetico, dai raggi gamma fino alle onde radio.

Ma la radiazione che riceviamo sulla Terra non si origina solo dalla magnetosfera, bensì anche dalla superficie di una stella di neutroni. Per l’azione combinata di campi magnetici e campi elettrici, fiumi di particelle cariche vengono “sparati” verso la superficie della stella di neutroni, generando su di essa degli hotspot, dei punti caldi che possono raggiungere temperature di milioni di gradi. Sono quei punti caldi che emettono i raggi X di origine termica registrati dal telescopio NICER.

Secondo il modello teorico classico delle pulsar, il campo magnetico è un dipolo con i poli equidistanti dal centro geometrico della stella e inclinati rispetto al suo asse di rotazione [NASA]

In breve, una pulsar millisecondo come J0030 è una stella di neutroni in rapidissima rotazione, che emette una radiazione pulsata, le cui caratteristiche dipendono dall’effetto variabile e combinato della rotazione, della gravità, dell’atmosfera, del campo magnetico e delle dimensioni dell’oggetto.

Raggio e massa della pulsar PSR J0030+0451

Lo spettro energetico dei fotoni in banda X ricevuti da NICER, unito alla precisa temporizzazione del loro arrivo, contiene pertanto una vera e propria miniera di informazioni sulla natura della stella di neutroni che ha emesso quei fotoni. Grazie a complessi modelli matematici e alla potenza di calcolo dei moderni supercomputer, è possibile allora compiere una specie di miracolo. Quella interminabile serie periodica di pulsazioni può essere “spremuta” fino a farle “raccontare” tutto quello che “sa” della stella di neutroni da cui proviene: non solo il periodo di rotazione e le sue variazioni, ma il raggio e la massa della stella, l’intensità del campo magnetico e di quello gravitazionale e, infine, il numero, la forma, la grandezza e la temperatura degli hotspot presenti sulla sua superficie.

L’unico rischio in un simile lavoro di “estrazione” delle informazioni è che dipende pesantemente da assunti a priori, cioè da modelli teorici basati su quello che gli astrofisici hanno capito finora delle stelle di neutroni e delle emissioni di radiazioni da esse provenienti. Per giungere a conclusioni il più possibile oggettive, diventa allora indispensabile ricorrere a gruppi di ricerca indipendenti, che analizzino i medesimi dati osservativi con metodi e strumenti differenti. Alla fine del lavoro, se i risultati ottenuti da uno dei gruppi sono coerenti con quelli ottenuti da un altro, vuol dire che è abbastanza probabile che quei risultati siano una descrizione oggettiva e affidabile dell’oggetto studiato, piuttosto che il frutto di una o più distorsioni, derivanti da carenze nei modelli teorici o da errori di metodo.

Il profilo di pulsazione di PSR J0030+0451 nel corso di due rotazioni complete, ripreso in tre diverse bande dello spettro elettromagnetico: dall’alto, raggi gamma (0,1–100 GeV), raggi X (0,25–3,00 keV) e onde radio (1,4 GHz) [A. V. Bilous et al 2019 ApJL 887 L23]

Guidati da questo principio, due gruppi indipendenti di ricercatori hanno analizzato le osservazioni della pulsar J0030 compiute da NICER nel periodo tra il 24 luglio 2017 e il 9 dicembre 2018 [4]. Nel corso di quell’anno e mezzo, NICER ha accumulato dati relativi grosso modo a 400 milioni di rotazioni di J0030: una base dati più che sufficiente per tentare di ricavare una carta d’identità completa di questa stella di neutroni.

Uno dei due gruppi, facente capo a Thomas Riley, uno studente di dottorato dell’Università di Amsterdam, ha utilizzato per le sue analisi e simulazioni il supercomputer nazionale olandese Cartesius per un tempo corrispondente a 500.000 ore di elaborazione, ripartite tra i numerosi core della macchina. L’altro gruppo, guidato dal professore di astronomia dell’Università del Maryland Cole Miller, si è servito invece di Deepthought2, un supercomputer in dotazione a quella università.

Entrambi i gruppi hanno prodotto stime indipendenti del raggio e della massa di J0030, fornendo valori che sono risultati in ottimo accordo tra loro. Ciò è ancora più rimarchevole, per il fatto che è la prima volta che si riesce a misurare la massa di una pulsar isolata [5]. Nello studio pubblicato dal gruppo di Riley, il raggio equatoriale di J0030 è stato calcolato in 12,71 km con un margine di errore di circa 1,15 km in più o in meno. La massa è risultata pari invece a 1,34 masse solari, con un’incertezza di ±0,15 masse solari. Lo studio condotto dal gruppo di Miller ha prodotto valori leggermente maggiori: il raggio equatoriale della pulsar è stato stimato in 13,02 km con un’incertezza di 1,24 km in più e 1,06 km in meno; la massa è risultata pari a 1,44 masse solari con un margine d’errore di 0,15 masse solari.

Simili studi servono principalmente per arrivare alla miglior definizione possibile dell’equazione di stato che descrive le condizioni di pressione e densità all’interno delle stelle di neutroni. Esistono diversi modelli teorici al riguardo, alcuni dei quali postulano che, in condizioni estreme di pressione e densità, la materia compia delle transizioni di fase verso stati esotici, nel qual caso l’interno delle stelle di neutroni potrebbe essere costituito, per esempio, da iperoni, plasmi di quark e gluoni, condensati di Bose-Einstein o altro ancora. Tuttavia, i dati ottenuti su raggio e massa della pulsar J0030, per quanto importanti, sono ancora troppo incerti e isolati per consentire di arrivare a conclusioni decisive sull’equazione di stato delle stelle di neutroni. Serviranno ancora molti studi di questo tipo, con la determinazione di raggio e massa di un congruo numero di stelle di neutroni, prima che si possa giungere ad escludere del tutto, o confermare, uno o più dei numerosi modelli teorici in gioco.

Due modelli per la densità (sull’asse delle ascisse) e la pressione (in ordinata) nel nucleo di una stella di neutroni, basati sull’analisi dei dati relativi alla pulsar J0030 ricavati dalle osservazioni compiute con NICER. I valori più probabili, segnalati dai contorni rossi, indicano una densità centrale di poco inferiore a 10¹⁵ g/cm³: vale a dire un miliardo di tonnellate per centimetro cubico! [G. Raaijmakers et al 2019 ApJL 887 L22]

Un campo magnetico sorprendentemente complesso

Ma gli studi condotti sulla pulsar J0030 hanno già portato, in ogni caso, a un risultato estremamente interessante: la mappatura della sua superficie. Entrambi i gruppi di ricerca, manipolando in vari modi i dati ricavati dai raggi X provenienti da J0030, sono riusciti nell’intento di ricostruire forma, posizione, temperatura e grandezza degli hotspot presenti sulla superficie della pulsar. Anche in questo caso, i due gruppi sono arrivati a risultati coerenti e compatibili tra loro, pur servendosi di metodi e strumenti differenti.

Il gruppo di Riley è giunto alla conclusione che sulla superficie di J0030 vi siano due hotspot, uno grosso modo circolare, esteso per pochi gradi, ed uno più grande, con la forma di una falce di luna. Entrambi hanno una temperatura di circa 1,3 milioni di gradi kelvin e, cosa più sorprendente, si trovano tutti e due nello stesso emisfero della stella di neutroni.

La migliore soluzione trovata dal gruppo di Cole prevede invece la presenza di tre hotspot ovali aventi l’asse maggiore nella direzione Est-Ovest. Due dei tre punti caldi hanno dimensioni simili; il terzo, nettamente più piccolo degli altri due, si trova presso il polo della pulsar più lontano dall’osservatore terrestre e contribuisce solo in minima misura alla forma d’onda della radiazione registrata da NICER. Per tale ragione, il modello con tre hotspot è pressoché equivalente a quello con due. La temperatura dei due hotspot più grandi calcolata dal gruppo di Cole è intorno a 1,3 milioni di K, praticamente uguale a quella calcolata dall’altro gruppo di ricerca. Il terzo hotspot, che non ha corrispondenza nell’altro modello, ha invece una temperatura molto più elevata, di poco inferiore a 2,8 milioni di K.

La disposizione degli hotspot sulla superficie della pulsar J0030, in base alle conclusioni raggiunte dai due gruppi di ricerca indipendenti che hanno analizzato i dati prodotti da NICER. A sinistra il modello proposto dal gruppo di Riley, a destra quello proposto dal gruppo di Cole [NASA]

L’elemento più importante che emerge da questi due studi è che il modello classico di campo magnetico che la teoria attribuisce alle pulsar — cioè un dipolo con due poli magnetici antipodali, equidistanti dal centro della stella e inclinati rispetto ai poli di rotazione — non trova nessuna corrispondenza nella mappatura della superficie di J0030 eseguita dai due gruppi di ricerca. I dati ricavati dalle osservazioni di NICER suggeriscono invece per questa pulsar una struttura del campo magnetico molto più complicata di quella prevista dalla teoria. La migliore interpretazione possibile dei dati sembra essere per il momento quella di un campo magnetico globale multipolare, probabilmente non centrato sul centro geometrico della stella di neutroni. Ma saranno necessari altri studi e nuove osservazioni per capire meglio e saperne di più.

Una possibile configurazione del complesso e asimmetrico campo magnetico di J0030, basata sul posizionamento degli hotspot nell’emisfero Sud della pulsar, ricavata dai modelli forniti dai due gruppi di ricerca [NASA]

Note

[1] Un nanosecondo è un miliardesimo di secondo (1×10⁻⁹ s).

[2] Al ritmo di variazione attuale, a J0030 occorrerebbero 3.100 miliardi di anni—cioè 225 volte il tempo trascorso dal Big Bang ad oggi — per aumentare di un solo secondo il suo periodo di rotazione. La meravigliosa, cronometrica precisione delle pulsar è in effetti utilizzabile come un analogo del GPS per la navigazione spaziale. Per verificare sul campo la fattibilità dell’idea, la NASA ha organizzato un esperimento chiamato SEXTANT (Station Explorer for X-ray Timing and Navigation Technology), che si è svolto il 9 novembre 2017. Quel giorno il telescopio NICER usò i segnali provenienti da 4 pulsar per ricavare in tempo reale la propria posizione nello spazio. L’esperimento riuscì perfettamente: i segnali provenienti dalle pulsar permisero a NICER di calcolare la propria posizione con una precisione fino a 5 km circa, mentre orbitava insieme alla Stazione Spaziale Internazionale intorno alla Terra alla velocità di 28.000 km/h (il limite di precisione ritenuto accettabile per la riuscita dell’esperimento era di 16 km).

[3] La velocità di fuga dalla superficie di una stella di neutroni è intorno ai 100.000 km/s, un terzo della velocità della luce. Per confronto, la velocità di fuga dalla superficie terrestre è di 11,2 km/s.

[4] Ciascuna osservazione della pulsar compiuta da NICER nel periodo considerato ha avuto una durata compresa tipicamente tra alcune centinaia di secondi e 2.000 secondi.

[5] In tutti gli altri casi in cui è stata ottenuta una stima della massa, le pulsar appartengono a sistemi binari. In quei casi, la massa può essere ricavata dai parametri orbitali della pulsar e della stella compagna.

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Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.