Nel cerchio a sinistra è visibile la regione di formazione stellare IC 348 ripresa nell’infrarosso dal telescopio spaziale Spitzer. Il cerchio centrale è uno zoom sulla posizione della protostella LRLL 54361, osservata da Hubble nel vicino infrarosso. La protostella è in se stessa invisibile. I lampi al centro dell’immagine di Hubble sono echi luminosi, creati dalla riemissione come radiazione termica della luce proveniente dalla protostella, da parte delle polveri disperse nel grande involucro gassoso che circonda l’oggetto stellare e il suo disco di accrescimento. Il cerchio sulla destra è un ulteriore livello di zoom, che mostra come rappresentazione artistica la situazione descritta ipoteticamente nell’articolo: una coppia binaria di protostelle che attirano materia dal disco circumstellare nel momento in cui raggiungono il periastro della loro orbita [NASA, ESA, J. Muzerolle, E. Furlan, K. Flaherty, Z. Balog, R. Gutermuth]

Lampi di protostella

La nascita di una nuova stella è avvolta nel mistero: dense cortine di polveri e gas nascondono alla vista l’oggetto stellare in via di formazione. Ma le osservazioni nell’infrarosso, unite a complesse simulazioni digitali, hanno consentito di delineare un quadro teorico piuttosto preciso della formazione di una protostella nonché di formulare ipotesi compatibili con i dati osservativi in nostro possesso

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
7 min readJan 11, 2019

--

Subito dopo aver deciso il titolo di questo post, mi è venuto in mente che sarebbe stato perfetto per un’arma di Goldrake, l’immaginifico robottone “componibile” dei cartoni animati giapponesi di fine Anni ’70, antesignano dei Transformers. Me lo sono immaginato, Goldrake, pronto a saettare contro il nemico di turno urlando minacciosamente: «Lampi di protostella!», ma il gigante d’acciaio, nonostante i suoi «circuiti di mille valvole», apparirebbe come un microbo insignificante di fronte all’imponenza dei fenomeni astronomici a cui il titolo fa riferimento.

L’impareggiabile Goldrake

Nella costellazione di Perseo, a una distanza stimata tra 260 e 320 parsec da noi (cioè tra 850 e 1.040 anni luce), c’è una regione di formazione stellare, IC 348, all’interno della quale sono stati identificati circa 300 oggetti stellari in via di accrescimento: stelle che si stanno ancora formando e sono ancora ben lontane dall’approdare sulla sequenza principale. Uno di tali oggetti attirò più degli altri l’attenzione degli astronomi nei primi anni Duemila: una giovanissima protostella con un’età stimata in poche centinaia di migliaia di anni, chiamata LRLL 54361 o, più brevemente, L54361.

Sette anni di osservazioni nel medio e nel lontano infrarosso con il telescopio spaziale Spitzer, seguiti da osservazioni nel visibile e nel vicino infrarosso con il telescopio spaziale Hubble, permisero di scoprire che L54361 aumenta periodicamente di luminosità con un’escursione rapida e potente, mai riscontrata prima in protostelle altrettanto giovani. I fenomeni osservati, corredati da alcune ipotesi di spiegazione, furono descritti in un articolo pubblicato su Nature all’inizio del 2013.

Dalle 81 osservazioni eseguite con i tre strumenti a bordo di Spitzer emerse che L54361 passava nel giro di pochi giorni da 0,2 a 2,7 luminosità solari: la sua potenza radiante cresceva cioè di ben 10 volte in pochissimo tempo. A questa rapida illuminazione seguiva un più lento ritorno alla normalità, finché il ciclo non ricominciava. Era una sorta di pulsazione che si ripeteva con una periodicità estremamente precisa: il ciclo ripartiva esattamente dopo 25,34 giorni con un margine di errore di appena 0,01 giorni (margine molto conservativo, perché altri calcoli più formali suggerivano un’incertezza di soli 0,0007 giorni, cioè appena 1 minuto).

Animazione realizzata assemblando una serie di immagini acquisite nel vicino infrarosso da Hubble, che coprono quasi un ciclo completo della pulsazione luminosa che scaturisce periodicamente dalla protostella L54361. La diffusione della pulsazione disegna chiaramente il profilo di alcune cavità scavate da precedenti eventi di outflow all’interno della nube molecolare in cui L54361 si sta formando. L’oggetto luminoso statico visibile in alto è un’altra protostella, chiamata LRLL 1843 [NASA, ESA, J. Muzerolle, Z. Levay, G. Bacon (STScI)]

Qual era l’origine esatta di quella cronometrica pulsazione? Per avvicinarci alla risposta, è necessario chiarire in primo luogo la struttura dell’oggetto.

Una protostella nasce per il progressivo addensamento del gas contenuto in una nube molecolare, che comincia a poco a poco a collassare sotto la spinta della propria stessa gravità. Per oggetti di piccola massa come L54361, questo processo può protrarsi per milioni di anni. La materia in caduta verso il centro di gravità finisce però a un certo punto per formare un disco circumstellare, che si estende per decine di unità astronomiche. Dopo la formazione del disco, la protostella può continuare a crescere solo risucchiando materia dai bordi interni del disco stesso.

Due immagini della protostella LRLL 54361 (l’oggetto con le “ali” vicino al centro di ciascuna immagine), riprese nel vicino infrarosso a 1,6 micron dal telescopio spaziale Hubble. La frattura che divide in due metà la zona centrale più luminosa è interpretata dagli astronomi come il segno della presenza di un disco circumstellare osservato di taglio. Nel riquadro a sinistra, la fase della pulsazione è 0 (massima luminosità), nel riquadro a destra la fase è 0,3 (30% del ciclo). Il punto luminoso in alto a destra è un altro giovane oggetto stellare, chiamato LRLL 1843. Nella prima immagine, l’area illuminata si estende grosso modo per 14 secondi d’arco, che, alla distanza di LRLL 54361, corrispondono a circa 4.000 unità astronomiche. Nella seconda immagine, l’area illuminata si estende per circa 50 secondi d’arco, cioè 15.000 unità astronomiche o 15.000 volte la distanza tra la Terra e il Sole [Robert Gutermuth]

Il gas in caduta verso la protostella cede energia potenziale e acquista, di contro, energia cinetica, diventando caldissimo. L’aumento della temperatura genera una pressione diretta verso l’esterno, ed è tale pressione che mantiene la protostella in equilibrio, bilanciando la forza centripeta esercitata dal collasso gravitazionale. In questa fase, infatti, il nucleo della protostella è ancora troppo freddo per consentire la fusione dell’idrogeno, che servirà per bilanciare la spinta della gravità durante la sequenza principale, una volta che la stella si sarà finalmente accesa. Per ora le eventuali reazioni termonucleari coinvolgono al massimo il deuterio, per la cui fusione è sufficiente che il nucleo raggiunga la temperatura di 1 milione di gradi.

L’accrescimento di materia sulla protostella non avviene a un ritmo costante, ma si verifica a scatti, con episodi improvvisi che generano forti turbolenze. Il processo è ulteriormente complicato dalle instabilità che coinvolgono il disco circumstellare, causate dalla conservazione del momento angolare della materia in caduta dall’involucro esterno in combinazione con fenomeni magnetici. In risposta a tutto ciò, possono verificarsi violente espulsioni di materia dal disco, che scavano vaste e profonde cavità nell’involucro di gas e polveri circostante.

A rendere più difficile la nostra comprensione dei processi di formazione stellare, contribuisce la loro naturale invisibilità. La protostella è completamente nascosta alla vista dall’involucro di polveri e gas da cui trae alimento e, in particolare, dal suo disco circumstellare. La luce emessa durante gli episodi di accrescimento viene totalmente assorbita dalle polveri circostanti, che la riemettono poi nell’infrarosso come radiazione termica.

Il grafico, che si legge da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso, rappresenta la progressiva evoluzione di una nube molecolare durante la formazione di una protostella. Le linee bianche rappresentano linee di campo magnetico. I numeri in basso in ogni riquadro indicano la grandezza spaziale e la densità di concentrazione delle particelle. Come si può notare seguendo l’evoluzione dello schema, all’inizio la nube molecolare si estende per molte migliaia di unità astronomiche (1 anno luce e più), con una densità relativamente bassa della materia. A mano a mano che la nube si contrae sotto l’azione della sua stessa gravità, la dimensione della regione centrale in cui si forma la protostella diminuisce, mentre aumenta la densità della materia. Nelle fasi finali della contrazione, il nucleo centrale si riduce a dimensioni stellari e i violenti campi magnetici locali possono dare origine a potenti getti collimati, che aiutano a disperdere il momento angolare trasportato dalla materia in caduta verso la protostella [arXiv:1711.00384v1]

Siamo ora pronti per cercare di capire l’origine della pulsazione periodica emessa da L54361, seguendo le ipotesi elencate dai cinque autori dello studio pubblicato su Nature: James Muzerolle dello Space Telescope Science Institute, Elise Furlan, Kevin Flaherty, Zoltan Balog e Robert Gutermuth. Il loro lavoro ci fornisce un esempio operativo del modo in cui la scienza procede: gli scienziati raccolgono e analizzano dati osservativi, formulano ipotesi che li possano spiegare, escludono infine le ipotesi che risultano incompatibili con i dati.

Vi sono tre possibili cause di periodicità in un giovane oggetto stellare: a) la rotazione della protostella; b) la rotazione kepleriana del disco circumstellare; c) il moto orbitale di una compagna binaria.

L’ipotesi che la periodicità delle illuminazioni osservate in L54361 fosse dovuta a fenomeni legati alla rotazione della protostella fu esclusa per le seguenti tre ragioni:

  1. il periodo di rotazione di una protostella è tipicamente molto più veloce del ciclo di 25,34 giorni misurato per L54361;
  2. la presenza di macchie stellari, cioè di aree più scure e più fredde sulla superficie della protostella, avrebbe causato variazioni sinusoidali della curva di luce con ampiezza di pochi decimi di magnitudine. Né la distribuzione dell’energia spettrale né la variazione di luminosità, che in L54361 era di circa 2 magnitudini, corrispondevano a questa possibilità;
  3. se le variazioni di luminosità osservate fossero dipese, invece che da macchie, da brillamenti verificatisi sulla superficie della protostella, si sarebbero manifestate con un’illuminazione asimmetrica del materiale circumstellare, corrispondente alla fase di rotazione di ciascun singolo evento. Ma le osservazioni indicavano invece che la variazione di luminosità si diffondeva nell’involucro isotropicamente, cioè in modo uguale in tutte le direzioni: una buona ragione per escludere anche l’ipotesi dei brillamenti.

La seconda ipotesi proposta dagli autori dello studio, cioè che le pulsazioni dipendessero dal disco circumstellare, era basata sull’idea che il disco fosse asimmetrico e che perciò, ruotando, oscurasse periodicamente la luce proveniente dalla protostella. Ma anche questa ipotesi fu scartata, per almeno tre motivi:

  1. un oscuramento causato da deformazioni locali o da regioni di maggiore densità del disco circumstellare sarebbe stato limitato al piano del disco medesimo e non avrebbe influito anche sulla luminosità emessa longitudinalmente, attraverso le cavità scavate nell’involucro esterno da precedenti episodi di outflow, rivelate dalle immagini dei telescopi Spitzer e Hubble;
  2. i fenomeni di oscuramento producono “buchi” caratteristici nelle curve di luce, buchi non presenti in quelle di L54361; la variazione periodica osservata in questo oggetto somigliava piuttosto a un aumento della luminosità che a un crollo della stessa causato da un’occultazione;
  3. la pulsazione osservata dai telescopi Spitzer e Hubble era visibile solo nell’infrarosso; ciò vuol dire che non si trattava della luce diretta della protostella, ma di radiazione termica, riemessa dalla massa di polveri diffuse nel vasto involucro gassoso che avvolge la stella in formazione. Questo tipo di radiazione diffusa proveniva da uno spazio molto più ampio rispetto al disco circumstellare, il che rendeva poco plausibile che potesse essere l’effetto di un’asimmetria del disco medesimo.
Una serie di immagini acquisite nel vicino infrarosso con la WFC3 di Hubble a distanza di 3–4 giorni l’una dall’altra. Documentano poco meno di un ciclo completo di pulsazione di L54361. Sono evidentissime le differenze di luminosità tra le differenti fasi del ciclo [NASA, ESA, J. Muzerolle (STScI)]

Restava infine solo un’ipotesi plausibile, quella che la pulsazione periodica fosse dovuta all’interferenza reciproca di una coppia binaria: due protostelle in via di formazione a poca distanza l’una dall’altra. Purtroppo non fu possibile avere una conferma diretta dell’ipotesi, perché neanche Hubble poteva penetrare fino al centro del “bozzolo”, al di là dello schermo del disco circumstellare. Non ci è dato sapere, pertanto, se lì si trovano uno o due oggetti stellari in via di formazione. Tuttavia, le simulazioni digitali eseguite da James Muzerolle e colleghi indicavano che quella della coppia binaria era senz’altro l’ipotesi più probabile.

In base alle simulazioni, in un sistema binario ravvicinato con orbita fortemente eccentrica, il passaggio al periastro — il punto di massimo avvicinamento tra le due protostelle nel corso dei reciproci moti orbitali — può indurre, per via della forza gravitazionale combinata dei due oggetti, un forte aumento della quantità di materia strappata al disco circumstellare. L’accrescimento di materia sulla superficie delle protostelle causa a sua volta l’innalzamento della temperatura del gas in caduta e un forte aumento della luminosità, che ritorna poi gradualmente ai valori normali, a mano a mano che i due oggetti, proseguendo nella loro orbita, si allontano l’uno dall’altro.

La precisissima periodicità osservata poteva essere pertanto spiegata con il ripetersi ogni 25,34 giorni del ciclo orbitale di una coppia binaria di protostelle in un sistema particolarmente giovane, nel quale — a differenza di quanto accade in sistemi più evoluti — è ancora disponibile una notevole riserva di materia, in grado di sostenere l’accrescimento degli oggetti centrali e i loro conseguenti picchi di radiazione.

L’ipotesi finale: le due protostelle, sfiorandosi al periastro, attirano flussi di materia dal disco circumstellare, dando inizio al ciclo di pulsazione osservato dai telescopi spaziali Spitzer e Hubble (rappresentazione artistica) [NASA, ESA, R. Hurt]

In caso di generosità, non lasciarti sfuggire l’occasione di fare una donazione.

--

--

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.