Le sabbie di Marte
Per la prima volta, grazie al rover Curiosity, abbiamo la possibilità di esplorare un sistema di dune su un pianeta diverso dalla Terra
Il rover Curiosity è arrivato alle Dune di Bagnold, una striscia sabbiosa che costeggia il versante nordoccidentale del Monte Sharp. Il nome attribuito a questa formazione è un omaggio all’ingegnere militare britannico Ralph Bagnold (1896–1990), che fu un pioniere dello studio degli effetti del vento sulle dune. Ovviamente quelle terrestri.
Ma ora gli scienziati — grazie agli strumenti di Curiosity — hanno per la prima volta la possibilità di studiare un sistema di dune su un pianeta diverso dalla Terra. E sono dune attive, come hanno mostrato le immagini acquisite dall’alto dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO): sospinte dal vento, si spostano di circa 1 metro all’anno. L’azione del vento è, in effetti, ciò che distingue una duna da altri depositi sabbiosi incontrati dai rover marziani in passato: in una duna, il vento crea creste e pendii sufficientemente ripidi da far scivolare i grani di sabbia, modificando la forma dei depositi e la distribuzione dei materiali.
È dunque un campo di studi nuovo quello che Curiosity sta inaugurando in questi giorni: le dune marziane appaiono differenti da quelle terrestri, per esempio per la grandezza e la conformazione delle creste, e gli scienziati non sanno ancora come l’azione del vento agisca in un ambiente con minore gravità e un’atmosfera meno densa di quella terrestre. Per ora l’orbiter MRO ha analizzato le dune con il suo spettrometro e ha rilevato che la composizione delle sabbie non è omogenea.
Il bellissimo panorama visibile nell’immagine seguente è stato ripreso dallo strumento Mastcam di Curiosity il 27 novembre 2015. Mostra “High Dune”, una duna alta come un edificio di due piani, appartenente alle Dune di Bagnold, che il rover della NASA si accinge a esplorare. È previsto che nei prossimi giorni Curiosity prelevi un campione di sabbia, lo setacci e lo analizzi con il suo spettrometro di massa. Ciò che i ricercatori sperano di ottenere da questa analisi sono, in particolare, dati che permettano di capire se e in che misura i minerali che formano i grani di sabbia, per esempio l’olivina, siano stati alterati in qualche modo dall’azione dell’acqua, separando i suoi effetti da quelli del vento.
Non possiamo evitare di pensare, tuttavia, che tutti i tentativi fatti finora di recuperare le tracce del passato “umido” di Marte assomigliano tristemente a un’autopsia. Il pianeta rosso continua a mostrarci attraverso gli occhi elettronici delle sonde paesaggi di sconvolgente bellezza, ma resta purtroppo un desolato deserto di pietre, polvere e sabbia.