L’impronta lasciata da una ruota del rover Curiosity sulla sabbia marziana. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Le sabbie di Marte

Per la prima volta, grazie al rover Curiosity, abbiamo la possibilità di esplorare un sistema di dune su un pianeta diverso dalla Terra

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
3 min readDec 12, 2015

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Il rover Curiosity è arrivato alle Dune di Bagnold, una striscia sabbiosa che costeggia il versante nordoccidentale del Monte Sharp. Il nome attribuito a questa formazione è un omaggio all’ingegnere militare britannico Ralph Bagnold (1896–1990), che fu un pioniere dello studio degli effetti del vento sulle dune. Ovviamente quelle terrestri.

Ma ora gli scienziati — grazie agli strumenti di Curiosity — hanno per la prima volta la possibilità di studiare un sistema di dune su un pianeta diverso dalla Terra. E sono dune attive, come hanno mostrato le immagini acquisite dall’alto dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO): sospinte dal vento, si spostano di circa 1 metro all’anno. L’azione del vento è, in effetti, ciò che distingue una duna da altri depositi sabbiosi incontrati dai rover marziani in passato: in una duna, il vento crea creste e pendii sufficientemente ripidi da far scivolare i grani di sabbia, modificando la forma dei depositi e la distribuzione dei materiali.

È dunque un campo di studi nuovo quello che Curiosity sta inaugurando in questi giorni: le dune marziane appaiono differenti da quelle terrestri, per esempio per la grandezza e la conformazione delle creste, e gli scienziati non sanno ancora come l’azione del vento agisca in un ambiente con minore gravità e un’atmosfera meno densa di quella terrestre. Per ora l’orbiter MRO ha analizzato le dune con il suo spettrometro e ha rilevato che la composizione delle sabbie non è omogenea.

Il bellissimo panorama visibile nell’immagine seguente è stato ripreso dallo strumento Mastcam di Curiosity il 27 novembre 2015. Mostra “High Dune”, una duna alta come un edificio di due piani, appartenente alle Dune di Bagnold, che il rover della NASA si accinge a esplorare. È previsto che nei prossimi giorni Curiosity prelevi un campione di sabbia, lo setacci e lo analizzi con il suo spettrometro di massa. Ciò che i ricercatori sperano di ottenere da questa analisi sono, in particolare, dati che permettano di capire se e in che misura i minerali che formano i grani di sabbia, per esempio l’olivina, siano stati alterati in qualche modo dall’azione dell’acqua, separando i suoi effetti da quelli del vento.

Non possiamo evitare di pensare, tuttavia, che tutti i tentativi fatti finora di recuperare le tracce del passato “umido” di Marte assomigliano tristemente a un’autopsia. Il pianeta rosso continua a mostrarci attraverso gli occhi elettronici delle sonde paesaggi di sconvolgente bellezza, ma resta purtroppo un desolato deserto di pietre, polvere e sabbia.

I toni dell’immagine sono stati modificati in modo da simulare come apparirebbero delle dune sabbiose se osservate alla luce del giorno sulla Terra. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Grani di sabbia esposti dal passaggio delle ruote di Curiosity. L’immagine è un mosaico che copre un’area di 3,3 × 2,5 centimetri. I singoli scatti usati per comporre il mosaico sono stati acquisiti con lo strumento Mars Hand Lens Imager (MAHLI) il 3 dicembre 2015, corrispondente al sol, o giorno marziano, 1.182 dall’arrivo di Curiosity su Marte. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Un’area di 3.6 × 2,7 centimetri ripresa con lo strumento Mars Hand Lens Imager (MAHLI) di Curiosity il 5 dicembre 2015 (sol 1.184). Si tratta di una distesa di gorssi grani di sabbia situati alla base della duna chiamata “High Dune”, lasciati esposti dal vento che ha soffiato via i grani più sottili. L’area fotografata non è stata toccata dalle ruote del rover. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS
La linea rossa segna il percorso compiuto da Curiosity su Marte, dal suo arrivo ad agosto 2012 fino a metà novembre 2015. In questi tre anni il rover della NASA si è spostato dal luogo di approdo indicato con la stella (Bradbury Landing) fino alle dune sabbiose che fiancheggiano il versante nordoccidentale del Monte Sharp. Credits: NASA/JPL-Caltech/Univ. of Arizona

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Michele Diodati
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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.