La parabola del radiotelescopio Lovell a Jodrell Bank, in Inghilterra. L’osservatorio iniziò le operazioni nel lontano 1957. Credit: I. Morison (JBO)

L’unità astronomica o la faticosa ricerca della distanza del Sole (5/6)

La superiore precisione del radar

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
5 min readSep 10, 2012

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Verso la fine degli anni Cinquanta la costruzione di grandi antenne paraboliche e il perfezionamento della tecnologia radar permisero un salto di qualità decisivo nella misurazione della distanza del Sole. Fu possibile raggiungere un livello di precisione che non era alla portata dei classici metodi trigonometrici: grazie ai radar, l’incertezza nella determinazione dell’unità astronomica poteva essere ridotta entro i soli limiti dell’incertezza della velocità della luce nel vuoto. Per esempio, in un articolo del 1962 (“The Astronomical Unit Determined by Radar Reflections by Venus”), gli autori di un esperimento di misurazione dell’unità astronomica tramite impulsi radar spiegavano che il valore da loro adottato per la velocità della luce nel vuoto, 299.793 ± 0,3 km/s, si rifletteva, per via di quel ± 0,3, in un’incertezza di ± 150 km nel valore dell’unità astronomica. Ciò rappresentava evidentemente un limite al livello di accuratezza della misurazione, ma un limite talmente contenuto da essere senza confronti preferibile alle pesanti incertezze, nell’ordine delle migliaia di chilometri, legate alle misurazioni classiche della distanza del Sole.

Il radiotelescopio da 76 m di Jodrell Bank, in Inghilterra, nel giugno 1961, all’epoca degli esperimenti radar condotti su Venere. Credit: Nuffield Radio Astronomy Laboratories, Jodrell Bank

Il sistema adottato per stimare con questa nuova tecnologia la lunghezza dell’unità astronomica si basava sull’invio di una serie temporizzata di impulsi radar verso il pianeta Venere, quando questo si trovava nella posizione di congiunzione inferiore, cioè alla minima distanza possibile dalla Terra. Il treno di impulsi radar, viaggiando alla velocità della luce, impiegava circa 2 minuti e 18 secondi per raggiungere Venere. Riflessi dalla superficie del pianeta, gli impulsi radar tornavano verso la Terra, impiegando il medesimo tempo. Il “trucco” consisteva nel lanciare gli impulsi per un tempo totale inferiore al viaggio di andata e ritorno della luce e nel mettere subito dopo l’antenna in funzione di ricezione, giusto in tempo per ricevere gli impulsi riflessi da Venere. La procedura era ripetuta numerose volte di seguito, simulando un po’ la tecnica del giocoliere, che lancia e raccoglie le palle una dopo l’altra con il giusto ritmo perché il gioco vada avanti senza interruzioni.

Rappresentazione schematica dell’invio di impulsi radar verso Venere e della loro successiva riflessione verso il punto di partenza (adattamento da un’immagine della NASA)

Una volta terminato l’esperimento, se i segnali riflessi ricevuti erano chiari e inequivocabili, bastava dividere per due il tempo intercorso tra l’invio di un segnale e la ricezione della sua eco, per ottenere — essendo nota esattamente la velocità della luce — la distanza precisa di Venere, al momento in cui gli impulsi provenienti dalla Terra avevano impattato la sua superficie. Conoscendo poi, grazie alla terza legge di Keplero, il rapporto proporzionale tra le orbite di Venere e della Terra, era possibile ricavare la distanza esatta del Sole.

Tra il 1961 e il 1964 furono compiuti in Inghilterra, Stati Uniti e Unione Sovietica vari esperimenti indipendenti basati sulla trasmissione di impulsi radar verso Venere. Tenute nel giusto conto le inevitabili oscillazioni nei risultati finali, dovute alla novità della tecnica, alle differenze negli impianti e nelle metodologie utilizzate, ciò nondimeno la misura dell’unità astronomica ricavata dai vari esperimenti era straordinariamente uniforme, a testimonianza della validità e dell’affidabilità dell’uso del radar come “metro” per misurare il sistema solare.

Tutte le misure ottenute da inglesi, russi e americani erano comprese tra un minimo di 149.596.000 km e un massimo di 149.600.600 km. Fu pertanto costituito nel 1963, in seno alla IAU, un gruppo di lavoro per ridefinire l’unità astronomica sulla base delle misurazioni ottenute tramite radar. In un incontro avvenuto ad Amburgo nell’estate del 1964, gli esperti del gruppo di lavoro esaminarono i risultati degli ultimi esperimenti. Pettengill riportò un valore di 149.598.000 km, Muhleman di 149.598.500 km. In entrambi i casi, l’errore complessivo era stimato in ± 100 km, di gran lunga minore di qualsiasi rilevazione precedente. Tuttavia, la raccomandazione finale del gruppo di lavoro, poi accettata dall’assemblea generale della IAU, fu di fissare la misura dell’unità astronomica al valore leggermente superiore di 149.600.000 km.

Misurazioni radar del tempo di percorrenza della luce dal Sole alla Terra e dell’unità astronomica dal 1961 al 1964. Fonte: Astronomical Journal, Vol. 72, p. 338 (1967)

Comunque sia, la nuova tecnologia radar aveva vinto sui metodi trigonometrici tradizionali. E si trattava di una vittoria giustificata dai fatti. Nel 1962 la sonda Mariner 2 della NASA diretta verso Venere finì fuori rotta. Furono inviati tramite antenne terrestri dei comandi per rimettere Mariner 2 sul giusto percorso, cosa che avvenne senza ulteriori errori, dopo una manovra di correzione di rotta durata 34 minuti. Se nei comandi inviati alla sonda fosse stato usato il valore dell’unità astronomica calcolato in passato da Rabe sulla base degli spostamenti parallattici dell’asteroide Eros (si veda in proposito il post n.4 della serie), invece della misura ottenuta dal JPL tramite impulsi radar, Mariner 2 avrebbe oltrepassato Venere, mancando totalmente il bersaglio e mandando così in fumo la missione.

In anni più recenti, usando in particolare le rilevazioni radar eseguite per mezzo delle sonde inviate su Marte (Viking, Pathfinder, Odyssey) e su Saturno (Cassini), la determinazione dell’unità astronomica ha raggiunto una precisione nell’ordine del metro: l’equivalente di 1 parte su 150 miliardi! In un articolo del 2005, l’astronoma russa Elena V. Pitjeva riporta un valore dell’unità astronomica espresso in metri pari a 149.597.870.696 ± 0,1 m. Nello stesso articolo è citato il valore alternativo riportato da E. Myles Standish del JPL nello stesso anno, che differisce appunto di un solo metro: 149.597.870.697 m. Riferito a queste misure, il valore della parallasse solare corrisponde a 8,794 secondi d’arco.

Stime della distanza del Sole dalla Terra dal 1672 ai giorni nostri. Fonte: P. Moore, R. Rees, “Patrick Moore’s Data Book of Astronomy”, Cambridge (2011)

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Michele Diodati
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Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.