Una composizione grafica che illustra l’evoluzione dell’Universo dalle galassie primordiali alle galassie osservate nell’Universo locale [David Sobral]

L’universo si spegnerà lentamente

Intorno a 11 miliardi di anni fa le galassie raggiunsero un picco di formazione stellare mai più eguagliato. Da allora in poi il tasso di formazione stellare non ha fatto che declinare inesorabilmente. I dati di cui disponiamo suggeriscono che in futuro, se anche dovessimo attendere per l’eternità, non vedremo formarsi in totale che un ulteriore 5% di stelle

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
4 min readMay 21, 2019

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«La produzione di stelle nell’Universo preso nel suo insieme è andata continuamente declinando nel corso degli ultimi undici miliardi di anni; oggi è trenta volte minore rispetto al suo probabile picco, raggiunto undici miliardi di anni fa. Se questa tendenza continuerà, non verrà formato nell’Universo più che un ulteriore 5% di stelle. Stiamo chiaramente vivendo in un Universo dominato da stelle vecchie. Tutta l’azione ebbe luogo miliardi di anni fa!»

Con queste parole l’astrofisico David Sobral, oggi ricercatore presso l’Università di Lancaster, riassunse i risultati principali di uno studio di cui fu primo autore, pubblicato a novembre 2012 sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

David Sobral

Sobral e il suo team cercarono di determinare il ritmo di formazione stellare in quattro diverse epoche della storia dell’Universo, usando per la prima volta un medesimo metodo per tutte le epoche. La ricerca condotta da Sobral e colleghi si distinse anche per l’ampiezza della regione di spazio esaminata (quasi 2 gradi quadrati), per la profondità del volume sondato (740.000 megaparsec cubici) e per l’alto numero di galassie prese in considerazione (3.701 in tutto).

L’indicatore uniforme usato dai ricercatori per misurare il ritmo di formazione stellare era la luminosità della riga di emissione dell’idrogeno Hα (H-alfa). La presenza di questa riga di emissione indica che l’oggetto osservato contiene idrogeno ionizzato, una condizione tipicamente associata alle regioni di formazione stellare, secondo parametri consolidati nella letteratura scientifica. La ricerca fu condotta nell’ambito di un progetto chiamato HiZELS, acronimo di High-redshift(Z) Emission Line Survey, basato sui dati raccolti nel visibile e nell’infrarosso dai telescopi Subaru, UKIRT e VLT.

Per misurare le variazioni di luminosità della riga Hα nel corso di miliardi di anni di evoluzione dell’Universo, Sobral e colleghi selezionarono quattro gruppi di sorgenti luminose, scegliendole in base al redshift (indicato con la lettera z), cioè la misura dello spostamento verso il rosso dei loro spettri. Il redshift è un indicatore piuttosto affidabile della distanza — spaziale e temporale — di un oggetto rispetto al nostro punto di osservazione. Pertanto, furono scelte:

  • 1.742 sorgenti luminose con righe Hα con z = 0,40, equivalente a una distanza di 4,2 miliardi di anni luce e quindi a uno sguardo indietro nel tempo di 4,2 miliardi di anni;
  • 637 sorgenti Hα con z = 0,84, risalenti a 7 miliardi di anni fa;
  • 515 sorgenti Hα con z = 1,47, risalenti a 9,2 miliardi di anni fa;
  • 807 sorgenti Hα con z = 2,23, risalenti a 10,6 miliardi di anni fa.

I risultati di questa ricerca, allo stesso tempo estesa e capillare, si dimostrarono in buon accordo con quelli di diversi studi precedenti, che avevano analizzato il ritmo di formazione stellare con metodi differenti e/o campionando regioni dello spazio (e del tempo) molto meno ampie.

In sostanza, lo studio di Sobral e colleghi traccia una linea continua che abbraccia circa undici miliardi di anni di storia evolutiva dell’Universo e permette di fare predizioni per il futuro. Ciò che si ricava da questa ricostruzione è che il ritmo di formazione stellare raggiunse un picco mai più eguagliato all’incirca undici miliardi di anni fa. In circa due miliardi di anni, l’universo produsse la metà della massa stellare osservabile attualmente. Ci vollero, poi, oltre otto miliardi di anni per produrre l’altra metà della popolazione stellare. Per dirla con le parole di Sobral:

La metà delle stelle che esistono attualmente nell’Universo furono formate più di 9 miliardi di anni fa in meno di 2 miliardi di anni, mentre, dopo di allora, occorse all’Universo quasi cinque volte quel tempo per produrne la stessa quantità.

Non è ben chiaro quale sia la causa di questo tremendo declino dell’attività di formazione stellare nell’Universo, ma il dato è confermato da molti studi, anche più recenti di quello pubblicato nel 2012 da Sobral e colleghi.

L’evoluzione galattica sembra orientata a produrre, attraverso collisioni e fusioni, galassie sempre più grandi, ma anche sempre più povere della capacità di formare nuove stelle. La curva evolutiva definita dal gruppo di Sobral ci dice che in futuro, per quanti miliardi di anni possano trascorrere, non si formerà più che un ulteriore 5% di stelle.

Cosa accadrà dopo che anche le ultime regioni di formazione stellare avranno esaurito le loro riserve di gas? Il destino più probabile sembra essere un graduale, lento, inesorabile spegnimento di tutte le luci. Ci vorranno molti miliardi di anni, ma alla fine moriranno anche le nane rosse e l’universo resterà al buio. A meno che nuove condizioni, che al momento non siamo in grado di prevedere, non inneschino in futuro una nuova stagione di diffusa formazione stellare. Difficile, però, immaginare come ciò potrà accadere, in un Universo che continua a espandersi e nel quale il ritmo di formazione stellare è in declino da ormai undici miliardi di anni.

La curva che illustra il declino del ritmo di formazione stellare nell’Universo nel corso degli ultimi 11 miliardi di anni. Le predizioni fornite dal team di Sobral (quadratini blu), basate su un unico metodo per diverse epoche cosmiche, sono sostanzialmente in accordo con altre misurazioni indipendenti del ritmo di formazione stellare in diverse epoche [David Sobral / HiZELS]

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Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.