“L’ordine del tempo” di Carlo Rovelli (4/6)
Tempo senza la variabile tempo
Una approfondita analisi in sei puntate dei contenuti del libro di Carlo Rovelli “L’ordine del tempo”, spiegati nel modo più semplice possibile. Una lettura dedicata a chi prova un senso di vertigine di fronte al mistero del tempo.
Tempo ed eventi
La variabile tempo, quella t presente in innumerevoli equazioni della fisica, si rivela alla fine più che altro un artificio tecnico, un modo per incasellare alcune proprietà del mondo fisico, che si manifestano quando lo osserviamo da lontano, con l’approssimazione e la sfocatura che sono proprie del nostro modo di relazionarci alle cose.
Ma, se potessimo scendere fino al livello fondamentale della realtà, quello dominato dalla fisica dei quanti, ci accorgeremmo che il tempo non esiste. È un’affermazione forte, che lascia interdetti. Se il tempo è la misura del cambiamento, come lo definì Aristotele, un mondo senza tempo può far pensare a un mondo congelato, in cui nulla accade.
Il cambiamento è, invece, l’essenza stessa della realtà, secondo la visione che a poco a poco si dispiega nel libro di Rovelli:
L’assenza della quantità «tempo» nelle equazioni fondamentali non significa un mondo congelato e immobile. Al contrario, significa un mondo dove il cambiamento è ubiquo, senza essere ordinato da Padre Tempo: senza che gli innumerevoli accadimenti si dispongano necessariamente in bell’ordine, né lungo la singola linea del tempo newtoniano, né secondo le eleganti geometrie einsteiniane. Gli eventi del mondo non si mettono in fila come gli inglesi. Si accalcano caotici come gli italiani.
È una visione che ha un valore filosofico oltre che scientifico. Sono almeno 2.500 anni, infatti, che buona parte del pensiero filosofico, da Parmenide e Platone in poi, si arrovella per definire quale essere o collezione di esseri (le idee platoniche, per esempio) debba essere posto a fondamento della realtà. La fisica contemporanea ci suggerisce invece che la visione più aderente allo stato effettivo delle cose è quella fondata da Eraclito: tutto scorre senza rimedio, non c’è un essere che permane nel cambiamento ininterrotto di tutto. Il cambiamento è il vero tratto distintivo del mondo fisico, considerato nel suo livello elementare.
La realtà, dunque, è fatta di eventi, non di cose:
La differenza fra cose e eventi è che le cose permangono nel tempo. Gli eventi hanno durata limitata. Un prototipo di una «cosa» è un sasso: possiamo chiederci dove sarà domani. Mentre un bacio è un «evento». Non ha senso chiedersi dove sia andato il bacio domani. Il mondo è fatto di reti di baci, non di sassi.
Anche gli oggetti che ci appaiono più solidi e duraturi — un sasso per esempio — si sciolgono a livello microscopico in reti di eventi, di accadimenti, di relazioni. Non possiedono una “sostanza” che permane nel variare di tutto il resto:
Il sasso più solido, alla luce di quello che abbiamo imparato dalla chimica, dalla fisica, dalla mineralogia, dalla geologia, dalla psicologia, è in realtà un complesso vibrare di campi quantistici, un interagire momentaneo di forze, un processo che per un breve istante riesce a mantenersi in equilibrio simile a se stesso, prima di disgregarsi di nuovo in polvere […].
Tempo senza la variabile tempo
Questa realtà elementare fatta di eventi senza tempo è l’oggetto della gravità quantistica a loop, un territorio di confine della fisica che è il campo di studi specialistico su cui Rovelli lavora.
La gravità quantistica a loop non è una teoria del tutto, cioè non pretende di descrivere l’universo nella sua interezza, ma è in grado di fare predizioni (un requisito essenziale perché una teoria possa essere considerata scientifica). Le sue equazioni descrivono le interazioni tra i campi che agiscono sulla materia — il campo elettromagnetico, il campo gravitazionale — e lo fanno trattando il tempo e lo spazio non più come «contenitori o forme generali del mondo», ma come approssimazioni che sottendono una realtà microscopica fatta di eventi e relazioni.
È un rivolgimento rispetto al modo classico di considerare la struttura dell’universo e Rovelli ne è ben consapevole:
Sono certo che questa sia la giusta descrizione del mondo? Non lo sono, ma è l’unico modo coerente e completo che oggi conosco per pensare lo spaziotempo senza trascurarne le proprietà quantistiche.
La gravità quantistica a loop rappresenta l’evoluzione di una ricerca cominciata negli anni ’60. Il lavoro di Rovelli si richiama esplicitamente a quello pionieristico di due fisici americani, Bryce DeWitt e John Wheeler, che per primi, nel 1967, riuscirono a scrivere un’equazione per la gravità quantistica in cui non compariva la variabile tempo.
Ma si può descrivere il cambiamento continuo che avviene nel mondo elementare dei quanti senza ricorrere al tempo? Sì, si può. Lo si fa scegliendo variabili che si possono osservare e misurando come cambiano le une rispetto alle altre. Spiega a questo proposito Rovelli:
Non c’è nulla di misterioso nell’assenza del tempo nell’equazione fondamentale della gravità quantistica. È solo la conseguenza del fatto che a livello fondamentale non esiste una variabile speciale. La teoria non descrive come evolvono le cose nel tempo. La teoria descrive come cambiano le cose le une rispetto alle altre, come accadono i fatti del mondo gli uni in relazione agli altri. Tutto qui.
Giunti a questo punto della lettura, ci appare sempre più chiaro che il tempo, come comunemente lo intendiamo, non è una caratteristica di base del mondo, una sua proprietà intrinseca, ma è una sorta di complicata sovrastruttura che informa la nostra esperienza della realtà, una sovrastruttura che ha a che fare con il fatto che le nostre interazioni con il mondo fisico avvengono a livello macroscopico, tagliando il mondo a grosse fette.
Ciò che è proprio, invece, della natura profonda del mondo è il cambiamento continuo di ogni relazione: la realtà fisica che la nostra visione sfocata non coglie è un flusso estremamente complesso di eventi elementari che avvengono a livello microscopico. Tali eventi contengono certamente delle regolarità, ma non c’è nulla, nel mondo dei quanti, che assomigli alla nostra visione ingenua del mondo, fatta di cose (relativamente) stabili che evolvono nel tempo.
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