Una rappresentazione artistica del modulo Huygens che scende sospeso al paracadute in un paesaggio immaginario di Titano. In alto a destra si vede la sonda Cassini, che funzionò come ripetitore verso la Terra per i dati trasmessi da Huygens durante la discesa. Credit: NASA/JPL

Uno strano, nuovo mondo

Titano, la più grande ed enigmatica luna di Saturno, è una sorta di tesoro scientifico ancora tutto da scoprire, con paesaggi di tipo terrestre e bizzarri sistemi atmosferici. Per non parlare della probabile esistenza di un vasto e caldo mare sotterraneo, che potrebbe ospitare forme di vita primitive

Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia
12 min readDec 3, 2017

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Quanto segue è un libero adattamento dell’articolo “Strange new world” di Robin McKie, pubblicato sulla rivista Cosmos alla fine del 2010. Purtroppo le missioni TandEM e TiME dirette verso Titano, di cui si parla alla fine del testo, rimangono per ora, insieme a diverse altre, allo stato puramente progettuale. Dovremo aspettare ancora molti anni prima di ritornare laggiù, ma prima o poi accadrà: Titano è un mondo troppo interessante per non meritare una seconda e più approfondita esplorazione, dopo l’”antipasto” offerto dal modulo Huygens a gennaio del 2005.

La prima luce dell’alba viene riflessa da un lago presso il Polo Nord di Titano. Quest’immagine, ripresa dalla sonda Cassini il 17 dicembre 2009, fu la conferma della presenza di bacini contenenti liquidi nell’emisfero settentrionale di Titano. Credit: NASA

La sonda Huygens

Negli ultimi venticinque anni, John Zarnecki è stato tormentato da un doppio incubo. Il fisico — capo del Dipartimento di Scienze Spaziali della Britain’s Open University di Milton Keynes — era alla guida del team che ha progettato, testato e costruito gli strumenti chiave della sonda spaziale europea Huygens. La costruzione della navicella richiese dieci anni e altri otto anni servirono per raggiungere la sua destinazione: Titano, la luna gigante di Saturno.

All’epoca — ricorda Zarnecki — vivevo con il terrore che il progetto fosse cancellato o che Huygens, una volta sulla rampa di lancio, saltasse in aria o, ancora, che vi fosse una grave avaria una volta che avesse raggiunto lo spazio profondo.

John Zarnecki, professore di scienze dello spazio

Com’è ovvio, centinaia di altri ingegneri, fisici, chimici e manager, che avevano contribuito alla costruzione e al lancio di Huygens, erano turbati dalle medesime paure. Comprensibile, dunque, la rinnovata tensione che si respirava nella sala operativa del Centro Spaziale Europeo di Darmstadt in Germania, quando, il 14 gennaio 2005, la sonda, trasportata verso Saturno a bordo della navicella Cassini della NASA, scivolò nella densa atmosfera arancione di Titano.

Se Huygens avesse fallito — sospira Zarnecki —, sarebbe stato un disastro. Sapevamo che avremmo dovuto aspettare altri venti anni per un nuovo lancio verso Titano.

Non bastasse questo, c’era un altro incubo che affliggeva Zarnecki. Insieme con i colleghi, aveva speso anni a convincere l’Agenzia Spaziale Europea ESA a finanziare Huygens, magnificando Titano come se fosse l’investimento immobiliare scientifico più attraente del Sistema Solare.

Per convincere i manager ad allargare i cordoni della borsa, gli raccontammo che quello era un gran bel posto da visitare. Ma in realtà, avevamo solo deboli indizi che Titano potesse risultare interessante.

Nel 1980, il Voyager 1 aveva sorvolato Titano e aveva rimandato immagini di un mondo coperto da una foschia fotochimica di ammoniaca, metano e un po’ di altri gas di idrocarburi. La temperatura superficiale fu però determinata con precisione: −179 °C. Nulla di cui esaltarsi, a essere sinceri.

Titano appariva come un mondo senza caratteristiche superficiali visibili nell’immagine catturata da Voyager 1 nel 1980. Credit: Voyager/Copyright © 1998 by Calvin J. Hamilton

Tuttavia i calcoli suggerivano che, a quella temperatura, il metano può comportarsi come un gas, un liquido o un solido; analogamente a come si comporta l’acqua sulla Terra: come ghiaccio, come vapore o come acqua liquida. Se ne dedusse che su Titano avrebbero potuto esservi mari di metano. Era anche possibile che nell’alta atmosfera si formassero catene di idrocarburi complessi, là dove la radiazione ultravioletta del Sole interagiva con il metano. E al suolo, potevano esservi canali da cui sgorgavano fiumi di metano liquido.

Questo fu il quadro venduto all’agenzia — ricorda Zarnecki — . Ma io non ne fui mai pienamente convinto. Al fondo della mia mente, non riuscivo a scacciare la preoccupazione che ci avrebbero presi a sberle, una volta che si fosse scoperto che in realtà Titano era un mondo opaco e monotono: nient’altro che una landa ghiacciata, con una superficie gelidamente liscia e piatta, senza nulla d’importante da poter fare lì.

E così Huygens cominciò le sue due ore e mezza di discesa con il paracadute attraverso l’atmosfera di Titano, lanciando fasci di dati dai suoi sensori e dalle sue fotocamere verso Cassini, che intanto percorreva veloce lo spazio intorno alla luna di Saturno. Alla fine il piccolo modulo— battezzato con il nome dello scopritore di Titano, l’astronomo olandese del diciassettesimo secolo Christiaan Huygens — si posò gentilmente sulla superficie, continuando a trasmettere dati.

I suoi segnali furono quindi rilanciati da Cassini attraverso il vuoto verso gli scienziati e i tecnici dell’ESA. Pur viaggiando alla velocità della luce, ci vollero altri 67 minuti perché raggiungessero la Terra.

Furono momenti di grande trepidazione, per non dire peggio. Nella sala controllo di Darmstadt la tensione e il nervosismo si tagliavano a fette. Poi arrivarono i primi risultati. Mostravano che Huygens aveva lavorato perfettamente e, più precisamente, rivelavano che Titano era uno dei posti più insoliti mai visitati da una navicella spaziale. Il doppio incubo di Zarnecki si era rivelato infondato.

Rappresentazione artistica della discesa del modulo Huygens sulla superficie di Titano, avvenuta il 14 gennaio 2005. Credit: NASA/JPL/ESA

Laghi, mari e dune

Potevamo vedere letti di fiumi, laghi e mari, dune e forse un lieve vulcanismo, una qualche specie di movimento della crosta— ricorda Zarnecki — . C’erano condizioni atmosferiche. C’era una meteorologia nella bassa atmosfera. Tutto quello che avevamo promesso era lì, e molto di più. Ma come tutto ciò funzionasse, be’, solo ora stiamo cominciando a capirlo.

In effetti, i dati rimandati da Huygens erano limitati: l’equivalente di una singola flash memory card. Per quanto ciò possa non essere molto nel grande schema delle cose, è sufficiente per rendere felici gli scienziati. Era la prima volta, del resto, che dati di qualsiasi tipo venivano trasmessi direttamente dalla superficie di Titano, come puntualizza giustamente Zarnecki:

Non è la quantità che conta in questo caso, ma la qualità. E questi dati sono veramente fantastici. E finché non ritorneremo su Titano fra quindici o vent’anni, non potremo avere di meglio.

I ciottoli arrotondati, delle dimensioni di pochi centimetri, formati da ghiaccio, ripresi dal modulo Huygens una volta posatosi sul suolo di Titano. Credit: NASA/ESA/JPL

Di certo, gli anni di analisi compiute sui dati trasmessi da Huygens hanno rivelato un mondo sorprendente, ancora più strano di quanto si fosse immaginato: la sua chimica e la sua meteorologia sono più complicate di quelle di Marte; è più grande di Mercurio e la sua atmosfera è più spessa e più densa di quella della Terra.

«Questa è una luna che sarebbe un pianeta», hanno scritto Ralph Lorenz e Christophe Sotin, due scienziati statunitensi che hanno lavorato alla missione Cassini-Huygens, in un articolo uscito su Scientific American all’inizio del 2010.

Limitiamoci a considerare quei laghi di metano. Essi fanno di Titano l’unico oggetto del Sistema Solare, insieme con la Terra, che possiede grandi masse liquide sulla sua superficie. Le immagini radar, restituite da Cassini mentre sfrecciava nei pressi di Titano nella sua orbita intorno a Saturno, hanno rivelato alcuni grandi mari —Ligeia Mare, Kraken Mare e Punga Mare— composti da un liquido scuro che è quasi certamente metano.

Sembrano mari, si comportano come mari e, per quanto possa capirne, sono mari — conferma Zarnecki — . Alcune immagini radar mostrano persino dei fiumi che si versano al loro interno, mentre altre immagini, prese a distanza di anni, mostrano che queste regioni marine si contraggono e si espandono. In altre parole, ci sono stagioni “umide” e “secche” su Titano.

E proprio come l’acqua evapora dai mari e dai laghi della Terra per creare nubi e pioggia, così i mari di Titano generano una loro propria meteorologia, sebbene di un tipo molto insolito. Consideriamo per esempio in che modo la pioggia cade su Titano. La gravità di questa luna di Saturno è un settimo di quella terrestre, così le gocce di pioggia (di metano, ovviamente) devono essere alquanto più grandi di quelle che cadono sulla Terra, perché la gravità gioca un ruolo chiave nel determinare la grandezza delle gocce di pioggia.

L’atmosfera di Titano è inoltre molto più densa di quella terrestre, così quelle gocce devono cadere lentamente e delicatamente. In più, Huygens, confermando le previsioni, ha scoperto che idrocarburi complessi vengono effettivamente creati nell’alta atmosfera. Insomma, la pioggia su Titano scende al suolo gentilmente, in grosse masse oleose di idrocarburi: un paesaggio davvero surreale.

Il ciclo atmosferico di Titano, così come gli scienziati lo hanno ricostruito sulla base dei dati accumulati grazie alle missioni Voyager e Cassini/Huygens. Credit: NASA/ESA

Vita su Titano?

Data la presenza di questo materiale organico grezzo, è forse sorprendente che Titano non sia brulicante di vita.

Il guaio è che è un posto veramente freddo. Bisogna immaginarselo come un rimasuglio ghiacciato della primigenia formazione del Sistema Solare, suggerisce Alphonso Diaz, amministratore scientifico associato della NASA, che ha collaborato con l’Europa per Huygens:

Titano è come una macchina del tempo che ci dà la possibilità di osservare le condizioni che esistevano in origine sulla Terra.

E poi ci sono le dune. Alcune sono alte oltre cento metri, come le più alte qui sulla Terra — le dune dei deserti del Sahara e della Namibia — e si estendono per centinaia di chilometri, vaste increspature sulla superficie di Titano, create dai venti che spazzano questo strano mondo. Tuttavia non sono dune fatte di sabbia, come sulla Terra, ma sono composte da cumuli di idrocarburi solidi: «piuttosto simili a depositi di fondi di caffè», suggeriscono Lorenz e Sotin.

Le dune di Titano, riprese dalle immagini radar della sonda Cassini. Credit: NASA/JPL

Ma oltre a tutte queste stranezze, Huygens ha scoperto che su Titano vi è anche qualcosa, per così dire, di normale: c’è del ghiaccio. Non appena la sonda si posò sulla superficie del satellite, le fotocamere ripresero un paesaggio di ciottoli, che erano fatti non di pietra ma di ghiaccio: una prova che l’acqua su quel mondo distante esiste sotto almeno una forma, quella ghiacciata.

Se non fosse per il freddo terribile, Titano potrebbe dunque essere una culla per la vita. Mai dire mai, però, aggiunge Zarnecki. Le condizioni climatiche, infatti, potrebbero diventare in futuro molto più favorevoli:

Cosa accadrà fra un paio di miliardi di anni, quando il Sole diventerà una gigante rossa e si espanderà? Gli oceani sulla Terra evaporeranno e noi saremo inghiottiti. La Terra non sarà più un buon posto dove stare. Ma su Titano invece? Lì la temperatura salirà di un paio di centinaia di gradi. Il ghiaccio comincerà a sciogliersi. Sarà un nuovo Eden.

In realtà, Titano potrebbe non dover attendere tanto a lungo per fiorire. La vita potrebbe essersi addirittura già evoluta, argomentano alcuni scienziati. L’impatto di un meteorite potrebbe aver rilasciato energia sufficiente per fondere le rocce ghiacciate che punteggiano la sua superficie e creare un lago caldo colmo di idrocarburi. Un posto perfetto per la generazione spontanea di forme di vita semplici.

La domanda chiave è: potrebbe un lago da impatto meteorico durare tanto a lungo da creare la vita? — riflette Zarnecki — Io non lo so, ma sarebbe un esperimento interessante da tentare.

In ogni caso, secondo l’opinione degli scienziati, esiste un altro percorso, persino più intrigante, che avrebbe potuto portare all’evoluzione della vita su Titano. Osservazioni dettagliate della superficie di questa luna, rese possibili dalla strumentazione radar di Cassini, hanno rivelato una strana caratteristica: la sua rotazione non è costante.

Vi sono su Titano cambiamenti misurabili nella lunghezza del giorno. Di per sé, non si tratta di qualcosa di particolarmente significativo. Sono state misurate piccole discrepanze anche nelle rotazioni della Terra e di Marte, un fenomeno che produce minute variazioni nella lunghezza del giorno qui e su Marte.

Tuttavia, le differenze osservate nella rotazione di Titano sono di un ordine di grandezza maggiori.

E allora come puoi spiegare questo? — chiede Zarnecki — . Bene, allo stato attuale la sola spiegazione plausibile è quella che segue: ben in profondità sotto la superficie c’è uno strato liquido spesso decine di chilometri, che avvolge interamente l’interno di Titano. La superficie è perciò disaccoppiata rispetto al nucleo. In pratica, lo strato liquido agisce come il fluido in un gigantesco cuscinetto a sfere, che consente alla crosta e al nucleo di Titano di ruotare a velocità differenti: ecco spiegate dunque quelle irregolarità nella rotazione e nella lunghezza del giorno.

Quanto alla composizione dello strato liquido, la maggior parte dei dati suggerisce che si tratti di acqua. Come spiegano Lorenz e Sotin nel loro articolo:

Le misurazioni elettriche condotte da Huygens hanno indicato la presenza di uno strato di materiale elettricamente conduttivo circa 45 km al di sotto della superficie e l’acqua è il primo candidato.

Ciò lascia aperta però una questione essenziale a cui rispondere: questo strato è composto da acqua liquida o da solido ghiaccio? Zarnecki ritiene che tutti gli indizi suggeriscano la prima delle due possibilità:

Sappiamo dalle misurazioni di densità che Titano ha quasi certamente un nucleo roccioso, come la Terra. E se quel nucleo contiene isotopi radioattivi, deve essere mantenuto caldo dalla radiazione rilasciata, proprio come avviene sulla Terra. E grazie a Huygens, che ha portato uno spettrometro di massa su Titano, è già stato trovato un isotopo radioattivo dell’argon, noto come argon-40. Il punto cruciale è che l’argon-40 è prodotto dal decadimento di un isotopo radioattivo del potassio chiamato potassio-40, che è stato trovato nelle rocce terrestri.

In altre parole, abbiamo ora elementi per presumere che il decadimento radioattivo si verifica anche nelle rocce di Titano, il che supporta fortemente l’idea che questo decadimento stia avvenendo anche nel suo nucleo roccioso, che deve essere perciò caldo: ciò mantiene pertanto quel vasto strato sotterraneo di acqua in uno stato liquido. Si tratta di un altro favoloso risultato.

Gli scienziati hanno dunque scoperto non solo che c’è una ricca zuppa di idrocarburi sulla superficie di Titano, ma che il suo interno nasconde con ogni probabilità un oceano sotterraneo di acqua: una combinazione che improvvisamente rende questa remota luna di Saturno una destinazione davvero molto interessante.

La domanda è: possono quella zuppa e quell’oceano sotterraneo mescolarsi insieme? In altre parole, è possibile che idrocarburi complessi siano filtrati giù verso il caldo oceano sotterraneo e che abbiano dato origine a forme di vita primitive? È possibile che sotto la superficie di Titano si annidino fiorenti e prosperose colonie di microorganismi?

È una prospettiva che Zarnecki ed altri studiosi considerano non solo plausibile, ma senz’altro eccitante.

Il Kraken Mare è uno degli obiettivi di una possibile, futura missione di esplorazione diretta su Titano. Credit: NASA/ESA

Future missioni

Non sorprende perciò che queste congetture rendano gli scienziati planetari bramosi di tornare su Titano al più presto. E benché sia molto lontano (Huygens ha percorso quasi 3,2 miliardi di km per giungere fin lì), presenta dal punto di vista esplorativo chiari vantaggi rispetto ad altri mondi del Sistema Solare. In particolare, Titano possiede un’atmosfera molto densa e una gravità molto bassa: condizioni ideali per volare con un aereo o con un pallone.

Da ciò che sappiamo dei venti di Titano, calcoliamo che un pallone potrebbe circumnavigarlo in un paio di settimane — sostiene Zarnecki — . Potremmo fare numerosi viaggi e compiere rilievi topografici della superficie, selezionare le aree veramente interessanti e poi scendere a quote inferiori e far penzolare degli strumenti sui luoghi prescelti. Potremmo calare una corda e immergerla nei laghi. O potremmo far salpare navi robotiche sui suoi mari di metano e divenire i primi marinai extraterrestri.

Suona fantascientifico. Eppure NASA ed ESA stanno prendendo in seria considerazione una missione di questo tipo. Si tratterebbe di una missione congiunta senza equipaggio chiamata TandEM (da Titan and Enceladus Mission), che punterebbe alle due lune più interessanti di Saturno, Titano e la piccola Encelado. Su Encelado Cassini ha osservato pennacchi simili a geyser di acqua liquida e materiale organico, che zampillavano da fratture della superficie.

Due distinte navicelle spaziali verrebbero trasportate verso Saturno, da dove prenderebbero le rispettive rotte verso le due lune da studiare. L’elemento destinato a Titano porterebbe con sé un qualche tipo di velivolo e forse un’imbarcazione.

Rappresentazione artistica di alcuni degli strumenti di esplorazione che potrebbero essere usati in una futura missione su Titano: una mongolfiera per esplorare dall’alto il paesaggio e una sonda galleggiante per studiare la composizione di uno dei mari di Titano. Credit: NASA/ESA

Una simile missione sarebbe tuttavia enormemente costosa: si parla di diversi miliardi di dollari. Ma c’è un’alternativa. Il Programma Discovery della NASA (una serie di missioni scientifiche fortemente focalizzate e sottoposte a un tetto di spesa, definite con lo slogan “faster, better, cheaper”: più veloce, migliore, più economico) punta su una missione chiamata TiME, acronimo di Titan Mare Explorer, che costerebbe “appena” 425 milioni di dollari.

Essa prevede di usare un razzo Atlas per lanciare una sonda direttamente verso Titano, in modo che questa possa ammarare nel Ligeia Mare senza nessuna complicata manovra intorno alle lune di Saturno:

Siamo piuttosto fiduciosi di riuscire a raggiungere la superficie in quel modo e a trasportare una collezione di strumenti specializzati in misurazioni di liquidi — precisa Zarnecki.

Così Titano, nient’altro che uno sfocato puntino luminoso arancione visto nell’oculare di un telescopio, si è rivelato come una delle più fantastiche destinazioni del Sistema Solare e l’obiettivo di una varietà di missioni che sarebbero state impensabili solo un decennio fa.

Titano mi faceva venire gli incubi, eppure adesso non vedo l’ora di essere coinvolto in un’altra missione che ci riporti di nuovo lì — conclude Zarnecki — . Si è dimostrato essere tutto ciò che avevamo sognato e molto di più. Un giorno gli voleremo intorno con un aeromobile o veleggeremo sui suoi mari di metano o scaveremo sotto la sua superficie, per cercare i segni di una biologia elementare. Titano è un sogno degli astronomi divenuto realtà.

L’aspetto della sonda immaginata per la missione TSSM (Titan Saturn System Mission), diretta verso Titano. Il report finale è del 2009, con lancio previsto per il 2020 e arrivo su Titano nel 2030. Purtroppo la proposta non è mai passata dalla fase progettuale a quella realizzativa. Credit: NASA/ESA

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Michele Diodati
Spazio Tempo Luce Energia

Science writer with a lifelong passion for astronomy and comparisons between different scales of magnitude.