27 gennaio 814

Michela Nocita
#iorestoacasa #StayAtHome
2 min readMay 13, 2020

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Dopo essersi ristorato, come d’abitudine, si era ritirato nelle sue camere, intenzionato a dedicare le ore che separavano la cena dal sonno allo studio di un vecchio saggio De dialectica, trascritto anni prima dal suo amico e consigliere Alcuino di York. Al lume di tre candele disposte rispettivamente ai lati del manoscritto, Carlo udì lenti passi avvicinarsi alla porta e, senza indugiare, invitò a entrare. Apparve sull’uscio un uomo anziano, vestito con un corpetto nero che gli conferiva un’aria solenne e al contempo buffa, che tratteneva un sorriso forzato. Quel volto era familiare al re.
Fu proprio mentre si sforzava di ricordare che, tutto d’un tratto, quell’uomo minuto, di bassa statura ma di fiero portamento esclamò con decisione: “Come puoi non riconoscermi?” Pipino il breve, il padre defunto muoveva la bocca meccanicamente, e l’urgenza del messaggio che stava portando si leggeva soprattutto dallo sguardo. Lacrime rigarono improvvisamente l’anziano viso del re Carlo che mai si era sentito così piccolo e vulnerabile Il volto del vecchio padre al contrario rimaneva sereno, impassibile, ma dai suoi occhi traspariva un sentimento di compassione. Carlo capì: era la sua ora. Pipino portava un messaggio d’imminente morte, esortandolo a prepararsi. Nello spazio di un attimo, lo spirito svanì. “Necessita di qualcosa, mio re?” chiese il segretario particolare dell’imperatore, svegliato dai rumori insoliti. Di cosa avrebbe potuto necessitare, il più grande tra gli uomini, alla vigilia della propria morte? Dopo un breve silenzio, Carlo comandò: “Accompagna qui mia moglie, ho bisogno del suo perdono”. Il segretario accennò un sorriso e se ne andò.

(Giacomo)

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Michela Nocita
#iorestoacasa #StayAtHome

Sono archeologa epigrafista greca, insegno al Liceo Classico Pilo Albertelli di Roma