Dalla Norvegia: Maria Adele, ematologa

Silvia Costantini
#iorestoacasa #StayAtHome
4 min readApr 10, 2020

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“Vado a lavoro ogni mattina come sempre. L’ospedale è blindato: solo i pazienti e gli impiegati entrano, i familiari non sono ammessi.”
Maria Adele è ematologa in uno degli ospedali più grandi della Norvegia,
dove vive da venti anni con la sua famiglia in una cittadina a 34 km a Nord di Oslo.

Selfie

Da quando è scoppiata la pandemia tutto è cambiato. Il primo caso qui è stato registrato il 26 febbraio, ma siamo in lock-down dal 12 marzo, come in Italia anche se con restrizioni minori. Le scuole sono chiuse, i centri commerciali fanno orari ridotti, pochi negozi sono aperti, molta gente lavora a casa online e purtroppo tanti sono stati messi in “permesso” senza sapere se mai riavranno il lavoro di prima.

Ospedale e casa: la realtà della pandemia e il calore della famiglia

La mia giornata è in genere frenetica e inizia alle 6 del mattino. Ho due figlie, una di 17 anni e l’altra di 8 e mezzo. Ora la mattina non devo accompagnarle fa scuola e non c’è traffico per strada! Prima del CoronaVirus queste due cose mi avrebbero dato sollievo, ma adesso mi fanno venire la pelle d’oca.

Io sono una delle “fortunate” che non ha perso, né perderà il lavoro ma a un prezzo un po’ caro, perché ogni giorno spero di non ammalarmi.

In ospedale tutto è cambiato totalmente: parliamo con i nostri pazienti per telefono o via Face-time e sono pochissimi quelli che incontriamo in ambulatorio. L’attività è stata ridotta, nel nostro reparto di degenza sono diminuiti i pazienti ematologici, mentre ne abbiamo da tutti i reparti di medicina. Siamo stati tutti avvertiti che non possiamo partire e che ci possono chiamare per lavorare con i pazienti Covid se ci dovesse essere bisogno.

L’ospedale è blindato: solo i pazienti e gli impiegati entrano, i familiari non sono ammessi.
La pressione non è tanta per ora: la sezione Covid comprende due reparti di medicina e due di terapia intensiva. Fra un paio di giorni occuperanno anche il nostro reparto, perché servono letti, e noi ci trasferiamo in un’ala non Covid.

Questa divisione mi fa venire i brividi e riporta un po’ alle immagini terribili dell’Italia.

Quando torno a casa mi sembra di essere al sicuro con le mie figlie. Assaporo di più il tempo che passo con loro, minuto per minuto, al contrario di prima quando facevo in fretta da mangiare, controllavo i compiti, preparavo tutto per la mattina dopo, continuavo a lavorare e a leggere per il lavoro del giorno dopo: arrivavo alle 9 di sera sfinita e andavo a dormire.

Ora parlo tantissimo con i miei familiari e gli amici in Italia: dedico loro tempo senza stress, non mi preoccupo di avere sonno, ogni minuto che li sento è prezioso e mi dà gioia.

Tra il lavoro e casa ho costruito un muro altissimo che divide la mia vita in due parti: la sicurezza e il calore della famiglia da una parte e la realtà della pandemia dall’altra.

Qual è lo stato d’animo?

Mi manca la sensazione di potermi muovere senza essere diffidente della persona che mi passa vicino per strada o a lavoro. Mi manca la sensazione di sentirmi libera e fuori pericolo.

“Questa immagine è molto importante per me!”

Ho in compenso riallacciato legami che avevo perso a causa della lontananza e della quotidianità. Valorizzo il tempo che ho con la mia famiglia perché tutto è transitorio e in meno di un niente potremmo non esistere più. Ho riscoperto il valore della preghiera.

Mi sembra tutto così surreale, come in un film. Il più delle volte faccio una fatica enorme a capire per quale motivo la gente intorno a me non sembra aver compreso a fondo quale minaccia incombe su tutti noi. Questo mi scatena una rabbia enorme e insieme rassegnazione.
E lì mi affido alla preghiera.

Pensando al dopo…

Il dopo non si sa: in medicina avremo un patogeno in più da considerare.
Nella vita di ogni giorno non so cosa cambierà. Forse la gente piano piano dimenticherà. Certo voglio che le mie figlie ricordino questa pandemia. Nel corso della loro vita capiterà nuovo.

La prima cosa che farò quando tutto sarà passato sarà andare in Italia ad abbracciare tutte le persone che ho lì, amici e familiari, dal Nord al Sud.

#iorestoacasa ma… restiamo uniti e umani

Restare uniti a distanza si può. Non c’è limite quando si vuole bene.
Il grande merito dei social-network è proprio quello di farci stare insieme anche se lontani. Possiamo entrare nelle case delle persone che ci sono care, essere presenti non solo con il pensiero e il cuore, ma scrivere la nostra presenza.

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