Imiltrude

Michela Nocita
#iorestoacasa #StayAtHome
3 min readMay 13, 2020

--

Erano ormai tre notti che nevicava. Il cielo era coperto di nuvole e dei candidi fiocchi di neve continuavano a cadere, posandosi sul terreno ormai bianco. Con il volto rivolto verso l’alto, il cappuccio della mantellina rossa, che mi copriva il capo, cadde all’indietro e, poco dopo, un fiocco di neve freddo si posò sulla mia fronte scoperta rendendola umida.
Erano alcune settimane che mi trovavo ad Aquisgrana, nella corte di Carlo Magno, come sua nuova moglie: era mio dovere seguirlo qui e lasciare la mia famiglia. Ormai ero diventata Ermengarda, seconda moglie di Carlo Magno, l’uomo che regnava sui Franchi. Con entrambe le mani sollevai da terra la gonna del mio lungo abito, in modo che potessi camminare liberamente verso l’interno del Castello. I fiocchi di neve continuavano a posarsi sulla mia testa ormai scoperta, mentre un soffio di vento mi sfiorava il collo e i capelli che avevo raccolti in spesse trecce. Calpestando la neve mi dirigevo verso un posto coperto per rifugiarmi al caldo e scappare dall’aria fredda che ormai aveva intorpidito le mie dita. Quei brividi causati dal freddo mi ricordavano le emozioni che avevo provato quando mia madre mi aveva dato la notizia che sarei diventata la moglie di Carlo Magno. Alzai lo sguardo per osservare un’altra volta il cielo grigio e fu lì che la vidi. Accanto a me una donna, anche lei con il corpo coperto da una mantella, mi guardava, i suoi lunghi capelli neri erano sciolti e le incorniciavano il volto sorridente. Non potei fare a meno di notare la bellezza dei suoi occhi, erano di un azzurro molto chiaro che sembrava quasi trasparente e la sua pelle aveva lo stesso colore della neve che ci circondava.
Le parlai cordialmente, presentandomi, e chiedendo successivamente il suo nome. Mi disse che si chiamava Imiltrude e che era la precedente moglie di Carlo Magno. Subito mi chiesi quale fosse il motivo per il quale quella donna si trovava ancora qui a corte, ma prima ancora che potessi porle la domanda mi disse che era ad Aquisgrana solamente per poter accudire i due preziosi figli. Quel giorno Imiltrude mi disse che dovevo andarmene, dovevo scappare, ero ancora in tempo. Mi disse che Carlo mi avrebbe fatto del male, che mi avrebbe… uccisa. Ma io non le credetti, Carlo da quando eravamo sposati si era sempre mostrato tranquillo, calmo. Dopo quel giorno incontrai Imiltrude altre volte sempre per parlare di Carlo. Non fuggii da corte come mi era stato suggerito, perché amavo Carlo. Imiltrude, però, ogni volta che mi guardava negli occhi, senza mostrare nessun tipo di espressione, sussurrava: “Scappa”. A volte lo diceva talmente a bassa voce che a malapena sentivo quella parola sfiorare le sue labbra sottili. Una sera, mentre mi trovavo con mio marito, vidi Imiltrude affacciata ad una larga finestra del corridoio. La chiamai, avvicinandomi anche io alla finestra, ma Carlo mi chiese dove stessi andando. Dissi che conoscevo da un mese Imiltrude, la sua prima moglie, e che ci incontravamo ogni giorno.
Carlo mi guardò con un’espressione confusa. Lui non vedeva Imiltrude. Poi sentii la donna parlare. “Perché credi che io sia qui? -mi disse- Ti ho detto di fuggire, tu non mi hai dato ascolto. Io ti ho avvertita, ho tentato di salvarti ma adesso anche tu farai la mia stessa fine”. Era terrorizzata. Gli occhi erano spalancati e lacrime sgorgavano da essi. Allungai la mano per asciugare con il pollice il fiume che scorreva sulle sue guance. Ma la mia mano, invece di accarezzare una candida guancia, toccò qualcosa di freddo. Era il vetro della finestra che nella notte mi faceva da riflesso.

(Bianca)

--

--

Michela Nocita
#iorestoacasa #StayAtHome

Sono archeologa epigrafista greca, insegno al Liceo Classico Pilo Albertelli di Roma