La parola dell’innocenza

Michela Nocita
#iorestoacasa #StayAtHome
3 min readMay 13, 2020

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Mi è stato permesso l’uso di carta e penna in questa buia prigione perciò scrivo la mia versione dei fatti, speranzoso che un domani qualcuno abbia la volontà di leggere queste misere parole. Premetto che mi ritengo del tutto innocente rispetto ai fatti accaduti ma, se così non fosse, probabilmente sarei affetto da infermità mentale.

Era una fredda mattina di dicembre, correva l’anniversario dell’incoronazione del sommo Carlo, mi recavo a corte per assistere ai festeggiamenti e per continuare il mio compito nella Biblioteca Palatina. Durante il tragitto, sentii qualcosa di diverso nell’aria o forse era soltanto l’odore del fango sotto le mie calzature, ma arrivato al Palazzo capii che non mi sbagliavo e che qualcosa era accaduto. Nella cattedrale risuonavano i bisbigli spaventati dei monaci, avvolti da un acre odore di fumo e di pittura sciolta. Alzai lo sguardo verso le impalcature montate per rifinire le decorazioni della cupola, e mi si chiarirono le idee: il tetto era annerito dal fuoco e dalla cenere. Il mosaico del “Cristo in trono” era andato distrutto dal fuoco. Capii subito che era un’azione di eresia iconoclasta, e mi fu detto che le guardie reali erano incaricate di trovare il colpevole. Immediatamente mi recai all’interrogatorio di mia spontanea volontà. Quando toccò a me, raccontai loro ciò che avevo fatto e dove ero stato la sera prima dell’accaduto. Raccontai che ero rimasto a corte fino a tardi poiché ero impegnato nella trascrizione di un canto del Virgilio. Raccontai che uscendo dalla porta principale avevo visto due lanterne accese vicino al cantiere della cupola, e il busto reliquiario dorato di Carlo Magno su un apposito rialzo accanto al trono. Le mie parole, per quanto usate bene, non poterono deviare i sospetti delle guardie. Quest’ultime, finito l’interrogatorio, mi rivelarono una verità sconvolgente: il mio più fedele compagno di lavoro era diventato pazzo. Diceva di avermi visto salire su un’impalcatura impugnando una fiaccola come fosse la leggendaria Durendal e di avermi sorpreso a sciogliere la pittura del mosaico con uno sguardo quasi indemoniato, come se fossi comandato da una forza superiore. Mi meravigliai, al punto da svenire…

Passata una settimana, chiuso nelle secrete a pane e acqua, incontrai il re. Volle vedermi lui stesso. Vidi quegli occhi neri nei quali brillava ancora il riflesso di una lama, nei quali ancora risuonavano le voci dei caduti in battaglia. Rapito dalla paura, chiesi pietà anche al nostro sire, il quale però non disse nemmeno una parola e, quando finii di parlare, uscì dalla cella. Vidi così la cappa rossa e bianca, la corona lucente e gli stivali possenti che diventavano sempre più piccoli in quel corridoio, infinito. Mi sentii onorato da questa visita, ma fu proprio lui a decidere la mia sentenza. Era la morte.

Cammino lungo il corridoio che porta al patibolo guardandomi le mani: solo ora mi accorgo di avere delle vistose bruciature.

(Pietro)

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Michela Nocita
#iorestoacasa #StayAtHome

Sono archeologa epigrafista greca, insegno al Liceo Classico Pilo Albertelli di Roma