L’Apocalissi
Era il pranzo di Pasqua del 796 d.C.; un grande banchetto era stato preparato al Palazzo di Aquisgrana ed erano stati invitati tutti i potenti d’Europa.
Mai il Sovrano dei Franchi si era sentito importante come in quel momento. Sedeva così fiero, ma cordiale, al centro della lunga tavola e gli era stato appena servito l’arrosto, il suo cibo preferito. Lo aveva già afferrato con la sua grossa e forte mano destra, pronto ad addentarlo, quando, improvvisamente il pasto venne interrotto da una freccia che si incastrò a pochi centimetri da lui. Ripresosi dallo spavento, notò una pergamena sulla freccia.
La afferrò, la srotolò e la lesse tra sé e sé: “Sono passati 20 anni ormai dalla mia morte dovuta al dolore da voi provocatomi. Tornerò Preparatevi alla mia vendetta! Sto venendo a prendervi…Ermengarda”.
Il Re gridò ad alta voce: “Aiuto! Ermengarda è tornata” e, a seguito delle sue urla e dello sgomento generale, entrarono le due guardie poste di sentinella alla porta della sala. Quando giunse l’ora di mettersi a dormire, Carlo ordinò alle guardie di fare maggiore attenzione del solito e di impedire a chiunque di entrare nelle sue stanze. Ma in piena notte, mentre dormiva profondamente, la finestra si spalancò; una figura femminile si profilò alla finestra, sussurrante: “La vostra ora è giunta Sire; verrò a prendervi domani, allo scoccare delle ultime campane notturne. Godetevi questo vostro ultimo giorno”.
Padre Efialte era il giovane confessore, giunto ad Aquisgrana qualche mese prima. Quando il monaco corse nelle stanze del Re nel cuore della notte, lo trovò bianco in viso. “Sedetevi”, disse Carlo Magno “Voglio confessarmi!”. Il Sovrano raccontò al giovane del ripudio di Ermengarda e del male che le aveva fatto, sperando di essere assolto dai suoi peccati. Il giovane lo accontentò, e pregò con lui.
Anche Ludovico, di soli 18 anni, figlio di Carlo e preoccupato per il padre, volle parlare con Padre Efialte. Il giovane entrò nella camera del monaco: c’erano solo un letto, un piccolo armadio ed una scrivania, ma ciò che colpì la sua attenzione fu intravedere qualcosa d’oro che sembrava nascosto dietro l’armadio. Decise di avvicinarsi per guardare meglio e capire di cosa si trattasse. Era un arco finemente decorato. Incuriosito da quell’oggetto così ricco, che spiccava in un ambiente tanto povero, il ragazzo lo prese in mano. Si accorse che sul poggia freccia era inciso il Sigillo dei Carolingi… com’era possibile che un monaco avesse un oggetto tanto prezioso, sicuramente appartenuto ai suoi avi? Ludovico era confuso… mentre si domandava come potesse esserne venuto in possesso, Padre Efialte entrò nella stanza. Improvvisamente gli fu addosso, lo bloccò in ogni suo movimento e lo colpì con forza sul viso. Il giovane cadde a terra svenuto. Quando tornò in sé, si trovò legato ad una sedia; sentiva Padre Efialte che stava parlando con una donna straordinariamente simile ad Ermengarda. “Come facciamo adesso, Pipin? Come possiamo liberarci di lui?” diceva lei “State tranquilla, Ida. Troveremo il modo di riprenderci ciò che è nostro!”, rispondeva il monaco. Ludovico era sempre più confuso e fece l’errore di aprire gli occhi, proprio mentre la giovane donna lo stava guardando. Lei, allora, fece cenno al monaco di girarsi. “Chi siete voi?” chiese il ragazzo quando comprese di essere stato scoperto. “Non riconoscete i vostri cugini, giovane re?” rispose Padre Efialte. “Siamo Pipin e Ida, i figli di vostro zio Carlomanno, espropriati dei nostri diritti e delle nostre terre da vostro padre! Vogliamo riprenderci ciò che ci spetta di diritto!” I due fratelli si scambiarono un sorriso complice, mentre Ludovico non riusciva ancora a riprendersi dal colpo e dalle scioccanti rivelazioni. In un estremo, violento e irrazionale tentativo di salvarsi, il giovane figlio del re urlò con quanto fiato gli era rimasto in gola: e l’eco di quella voce quasi animalesca rimbombò nelle grandi stanze del palazzo, come trasportata dalla forza della disperazione.
Carlo Magno, scoperto il sequestro del figlio, condannò i due nipoti a morte, quindi dispose di fare quel che gli aveva suggerito Ludovico: per ringraziare Dio, fece realizzare un mosaico all’interno della Cappella Palatina, che volle d’oro. Ordinò che raffigurasse Cristo in Trono, attorniato dagli Angeli e dai 24 seniores dell’Apocalisse, per illustrare la sconfitta del male. Supposto che i nipoti, e non lui stesso!, fossero il male apocalittico per la Francia, novella Roma…
(Giulia C)