Vanitas vanitatum

Michela Nocita
#iorestoacasa #StayAtHome
2 min readMay 13, 2020

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Correva l’anno 789 d.C., come dimenticarsi… Per lungo tempo si narrò di quanto gelido e piovoso fosse stato quell’inverno, quando lo storico Paolo Diacono fu ospitato ad Aquisgrana da Alcuino di York, Maestro al palazzo, che gli commissionò un lavoro senza precedenti: la trascrizione in scrittura gotica del Pervigilium Veneris.
Trascorsero i mesi e, una mattina di marzo, Paolo riuscì finalmente a completare la trascrizione del suo codice. Carlo Magno vide l’opera trascritta. Ne rimase affascinato, tanto da posizionare il manufatto nello scaffale principale della Biblioteca, quello che conteneva le trascrizioni più pregiate, come primo della sezione.
Quando l’eccelso Rabano Mauro, che in gioventù aveva studiato quella stessa opera, decise di recarsi ad Aquisgrana solo per ammirare il manoscritto, il monaco Paolo sentì di aver raggiunto lo scopo della sua vita, ma… giunti in biblioteca l’opera eccelsa non si trovava più al suo solito posto. Il Diacono, distrutto, decise di chiedere a tutti i monaci presenti il giorno del furto del manoscritto se avessero visto qualcuno di sospetto che si aggirava tra gli scaffali che contenevano tutte le opere trascritte da Virgilio. Nessuno, e nessun indizio! Unico, insulso resto sul pavimento: un filo di tessuto rosso e il bottone di una veste. Qualche giorno dopo, Paolo deferente e avvilito andò a salutare Alcuino di York. La grande aula di studio riservata al maestro era oscurata da impeccabili tende di colore rosso, ma, guardando acutamente, una di quelle era tagliata malamente, come di fretta, e sfilacciata.

Vanitas vanitatum… Non si seppe mai cosa avvenne in quel luogo consacrato allo studio e a Dio, fatto sta che, quando il monaco Paolo Diacono uscì dallo studio di Alcuino, era cambiato, come se si fosse dimenticato dell’accaduto.
E il manoscritto gotico virgiliano? Scomparso, e qualcuno dei filologi moderni nega che sia mai esistito.

(Valeria)

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