Manuela Pacella
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3 min readJul 1, 2015

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Francesco Lauretta — Inesistenze

di Raffaella Garzillo

FRANCESCO LAURETTA, Inestistenze, 2015. Installation view. Z2o Galleria | Sara Zanin. Ph. by S. Luciano.

L’inesistente è qualcosa che ha respirato, seppur nell’invisibile, che abbiamo visto e che non abbiamo conosciuto o se abbiamo conosciuto è perché abbiamo fatto parte dell’inesistente noi, o forse perché anche noi siamo inesistenze.

Con queste parole di Francesco Lauretta, la galleria Sara Zanin apre il comunicato stampa sulla prima personale dell’artista all’interno della galleria romana. L’inaugurazione, tenutasi il 28 maggio, prevedeva inoltre una performance di un’atleta body builder.

Di origini siciliane, classe 1964, a partire dagli anni Novanta l’artista dà avvio alla sua riflessione sulle possibilità della pittura, coltivando altresì l’interesse per la scultura e il video. La pittura di Lauretta non può definirsi fotografica, né annoverarsi nell’ambito di quella pittura che si confronta con questa pratica. Se in un certo senso i suoi dipinti ottengono effetti iperreali nella figurazione, nell’immagine ben decifrabile, d’altro canto, a fare da elemento conturbante, è il particolare contrasto causato dalla presenza di qualcosa che ogni volta è estraneo, un colore vibrante, un dettaglio avulso o non immediatamente partecipe.

Inesistenze è una mostra che, fin dal titolo, punta l’attenzione su qualcosa che non c’è nella realtà, senza essere tuttavia sinonimo di “inventato”. Come si legge nel comunicato stampa: “Inesistenze è una mostra di fantasmi, presenze assenze che sfuggono a una definizione, ma che risultano terribilmente riconoscibili. Il termine fantasma deriva dal greco phantàzo, significa ‘mostrare’, quindi l’idea dell’apparire come manifestazione di una presenza incorporea, generalmente accostata ad un sentimento di timore”. Il fil rouge della mostra si muove nella direzione di un’inscindibile binomio presenza-assenza, un percorso che, rendendo labili i confini fra ciò che si vede e ciò che è fugace e inconsistente, si snoda in un’esperienza finale inafferrabile e fuggente.

Sono le stesse parole dell’artista ad illustrare il percorso espositivo, a partire da un discorso sociologico ed esistenziale: “l’ingresso interroga il significato della forma, anzi la forma è proprio un’interrogazione sulla forma che si risolve in un significato divagante e sfuggente”. La prima sala vede al centro una teca, a metà strada tra una culla e una bara, al cui interno è un volto (di chi dorme o di chi è deceduto?). La riflessione sul binomio esistente-inesistente si traduce qui in un’oscillazione imprecisabile tra vita-morte.

La seconda sala ospita un televisore sintonizzato sul canale Rai2. L’artista copre lo schermo con un nastro adesivo costituito da resti di pittura in esubero. I pezzi di nastro compongono l’immagine di un volto stilizzato che occulta la visione della trasmissione televisiva, come un tentativo di negare alla vista la proliferazione violenta delle immagini mediatiche. Con la modernità e col suo processo di accumulazione progressiva, abbiamo disimparato che è la sottrazione a essere fertile, che dall’assenza nascono non fantasmi, ma presenze. È come se l’artista facesse del processo di sottrazioni, oscillazioni e sfumature continue nel tessuto cinico e seduttivo dei media e della società dell’informazione uno strumento per ottenere la coscienza simbolica dell’assenza.

L’ultima sala è composta da grandi disegni ottenuti con la tecnica dello spolvero che delineano paesaggi funerei. Qui torna il tema della morte, che l’artista non sublima ma che rende evidente attraverso alcuni riferimenti simbolici, quali lapidi o fiori appassiti. Un grande quadro presenta un corteo funebre adornato con fiori: è il suo stesso funerale.

Intrappolati in un ordine di simulazione e virtualità, costretti in una condizione confusa di criteri di valore, di giudizio o di gusto, Inesistenze è un invito rivolto a chiunque ad espandere l’immaginazione verso l’ignoto. Allora fare appello all’inesistente significa cominciare a vedere e comprendere. In questo percorso, la pittura diventa il medium prescelto di un tempo esistenziale che invita lo spettatore a espandere lo spazio dell’invisibile.

Z2o Galleria | Sara Zanin — Via della Vetrina, 21
www.z2ogalleria.it

28 maggio > 30 luglio 2015

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