Manuela Pacella
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3 min readMay 22, 2015

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Il quinto quarto — Giuseppe Gallo

di Alessio Iannone

GIUSEPPE GALLO, Il quinto quarto, 2015 Fondazione Pastificio Cerere, Roma — photo Mario Martignetti

Il 15 Aprile 2015 è stata inaugurata la mostra personale di Giuseppe Gallo intitolata Il quinto quarto, parte delle sei mostre realizzate dalla Fondazione Pastificio Cerere in occasione dei suoi 10 anni di attività e dei 110 anni della costruzione del Pastificio Cerere stesso. La mostra, così come l’iniziativa, è a cura di Marcello Smarrelli.

Giuseppe Gallo — classe ’54, calabrese di nascita — dal 1976 vive e lavora a Roma, dove ha stabilito il suo studio all’interno del Pastificio. È stato uno dei primi artisti a creare e a prendere parte attiva alla cosiddetta Scuola di San Lorenzo, insieme a Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Nunzio, Pizzi Cannella e Marco Tirelli che, dagli anni Ottanta, si configurano come una delle realtà più attive sul territorio romano, mettendo in scena anche interessanti laboratori didattici per adulti e bambini.

Il suo percorso artistico si contraddistingue da sempre per uno stile inconfondibilmente ironico che gli permette di sperimentare diversi linguaggi, ma comunque costruito intorno alla classicità di tecniche e materiali.
Per la creazione e progettazione della mostra, aperta fino al 30 maggio, non è stato assegnato nessun concept specifico all’artista il quale, quindi, è stato libero di scegliere il percorso più adatto al suo stile; percorso che inizia dall’irriverente gioco verbale sul nesso semantico tra “interiora” e “interiore”. Il titolo stesso, Il quinto quarto, è da associare alle interiora, alle frattaglie e a quei tagli di carne che non vengono ricavati dai tradizionali 4/4 dell’animale destinato al macello. I due termini, interiora e interiore, foneticamente simili, vengono concettualmente opposti l’uno all’altro: il primo inteso come scarto, avanzo, il secondo come elemento nobile e appartenente alla sfera filosofico-astratta.

Ad un primo, superficiale approccio alla mostra, le opere esposte possono sembrare fra loro sconnesse, così come il senso sotteso all’esposizione appare come occultato al visitatore. Ma davanti alla scultura site specific, da cui prende il titolo la mostra, si delinea con chiarezza l’intenzionalità dell’artista. L’opera è composta da una trama di legni intrecciati e curvati che creano una struttura autoportante, delimitando lo spazio in due aree: una lercia, contaminata, l’altra riflessiva, incontaminata. Il limite, appunto, tra interiora e interiore; una rete frastagliata che permette di vedere dall’altra parte, senza potercisi però addentrare. Il cortocircuito che l’opera genera nello spettatore è nel constatare l’impossibilità di accedere a quella parte incontaminata e incorrotta, verso la quale è però istintivamente portato; ma non è difficile comprendere, in seguito, restando ad osservarla per un po’ dalla zona “contagiata”, che quella parte inviolata è forse tale proprio in quanto mai violata dall’uomo.

Il dualismo si ritrova anche in altre opere esposte in galleria, come nella serie dei piccoli dipinti in cui l’artista rievoca il suo personale confronto tra Marcel Duchamp e Brancusi. E lo stesso Brancusi ritorna nell’opera Michelangelo che sogna Brancusi, in cui dalla fronte dell’artista rinascimentale spunta la Colonna senza fine dell’artista francese, che ritorna poi in varie sezioni della mostra. È probabile che la comunicazione fra il suo modo di esprimersi e lo spettatore si collochi molto in profondità. Forse è proprio lì che si genera l’indimostrabile empatia fra l’interiore e le interiora che si danno battaglia nell’essere umano.

Io cerco un modo di lavorare che non sia finito; […] un quadro, quando lo realizzo, deve avere la possibilità e la potenzialità di generare altre cose, altre idee.

Queste parole sintetizzano in pieno la sua creatività e possono fornire una delle infinite chiavi di lettura della mostra, guidando lo spettatore nella comprensione del significato. La sua arte è satura di riferimenti simbolici carichi di enigmi che hanno il compito di suscitare più dubbi che certezze, lasciando il passo a libere e personali interpretazioni.

Fondazione Pastificio Cerere — Via degli Ausoni 7

www.pastificiocerere.it/fondazione

16 aprile > 30 maggio 2015

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