Manuela Pacella
Step in Write out
Published in
4 min readJun 2, 2015

--

Jonny Briggs. Comfortable in my skin

di Beatrice Zanatta

JONNY BRIGGS, Facing, 2011, Stampa C-Type
60 x 75 cm

{{NDR | All’avvocato Sheldon}} Con sua madre reagisce come un bambino, deve riuscire a fare appello al suo senso umoristico!(Psichiatra)

Non riesco, ci provo, non riesco. Sa, mi rende la vita difficile! Lei continua sempre a dirmi che io faccio spavento, ed è critica, sa, io… Senta, che vuol che le dica, io la adoro, però vorrei tanto che sparisse! (Avv. Sheldon) [1]

In New York Stories Woody Allen interpreta un noto civilista cinquantenne alle prese con l’irrisolto rapporto con la madre: allo stesso modo Jonny Briggs, un affermato artista inglese di 30 anni, è tuttora restìo a recidere il cordone ombelicale.

Diversamente da Sheldon, però, Briggs opta per una terapia inusuale: sfrutta il suo humor britannico per riflettere su se stesso e sui suoi ingombranti legami familiari, creando opere che hanno per protagonisti genitori, sorelle e mura domestiche, come quelle realizzate tra il 2010 e il 2014, ora ospitate dalla Galleria Marie-Laure Fleisch fino al 13 giugno.

Ad accoglierci all’entrata della galleria è il padre dell’artista, fotografato di spalle, con giacca e cravatta abbottonate sulla schiena, lo sguardo rivolto alla casa di famiglia, una villetta della provincia inglese incorniciata da un giardino ben curato. La posizione dell’uomo, come il titolo dell’opera, Facing, che in gergo militare significa “volgersi a un comando”, allude all’impossibilità di dialogo tra un padre troppo autoritario e un figlio incompreso.

Simbolo di due metà che non trovano il giusto incastro è Belt, cinta con una fibbia in ognuna delle estremità, che svetta su un piedistallo vicino alla prima foto, a sua volta affiancata dalla serie fotografica Schisms con cui Briggs ci suggerisce quello che avrebbe voluto dire al padre. In cinque vecchie foto di famiglia, tagliate di netto cosicché la testa della sorella si posi sul corpo dell’artista bambino, il fotografo dà corpo a un’identificazione che allude alla sua omosessualità, inconcepibile agli occhi goffamente retrivi dei suoi, assuefatti alle convenzioni della provincia.

Allora Briggs prova a dimostrare ai genitori che non tutto ciò che considerano giusto o vero è immutabile e svela loro gli inganni ben assestati del reale in Heirloom, due martelli solo apparentemente identici, poiché uno è quello autentico del nonno carpentiere, mentre l’altro, in gommapiuma, è un’impeccabile contraffazione del primo.

Se anche nello scatto Trompe L’oeil Briggs raggira l’occhio attenuando i toni di un angolo della sua casa, poiché dipinge con la stessa vernice avorio della parete un tavolino con tanto di fiori e frutta, tradendo il camuffamento con due indizi — un acino d’uva verde e il dettaglio rosso della tovaglia — in Super natural l’artista accentua le tinte del reale, ritraendo, sopra il prato del giardino, una porzione d’erba di un verde sfacciatamente brillante, su cui spuntano i piedi artificialmente rosa di sua madre.

Stanco di dare spiegazioni, Briggs parla ai suoi della loro casa, da lui sentita come una seconda pelle raggrinzita e stantia che prende vita nel trittico The Home, tre scatti di grande formato che ritraggono il calco color carne della cucina.

Una casa percepita come guscio confortevole, perché protegge, ma anche morboso, perché aderisce talmente al corpo da soffocarlo, responsabile di un’asfissia evocata in Monstrare, dove, da una carta da parati floreale, si intravedono alcuni capelli bruni, quelli della madre dell’artista, strozzata dalle pareti della sua casa, in quanto vittima sacrificale del focolare domestico, ruolo ancor più evidente in Holding in cui la donna viene crocifissa sulle pareti dell’abitazione e incappucciata con la camicia del padre.

In Comfortable in My Skin, lo scatto che dà il titolo alla mostra, il padre in persona indossa quella camicia, nella quale il fotografo nasconde la testa, come se il genitore, simile a un moderno Giove dal volto stremato, stesse partorendo il figlio, non dal capo come il dio greco fece per Atena, ma dalla pancia, “come vuole la tradizione”. Il loro rapporto ambivalente si palesa in Smiling Inside, in cui Briggs, rannicchiato in un lenzuolo simile alla tappezzeria domestica, porta la maschera del volto accigliato del padre che, da una spaccatura centrale, lascia scorgere il calco del viso dell’artista, cristallizzato in un sorriso sardonico.

Così, dopo essersi messo a nudo raccontando la sua storia, Briggs ne scrive il lieto fine con Confession Box Grill with hole: un piccolo confessionale con un grande buco nella griglia, che testimonia la fine del monologo di Briggs e l’inizio di un dialogo a più voci, così vivace che i genitori del fotografo vengono coinvolti attivamente nella sua produzione artistica, facendosi per la prima volta veri complici del figlio.

[1] Woody Allen, Edipo relitto, tratto da New York Stories, Touchstone Pictures, 1989.

Marie-Laure Fleisch — Via di Pallacorda 15

www.galleriamlf.com

20 aprile > 13 giugno 2015

--

--