Educazione: parliamone

Sull’avvenire dell’Educazione

Davide Coppola
storIAzine
10 min readMar 3, 2024

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Prefazione

L’Atlante Farnese, al MANN il titano che regge il mondo

Educazione è una metaparola talmente ampia che è difficile parlarne senza cadere in semplicismi. In un certo senso, tutti siamo educati (chi più e chi meno), e tutti educhiamo (chi più e chi meno). Nonostante il fatto che garantire un’educazione di qualità a quante più persone possibili sia ancora una sfida aperta, istituzioni come la famiglia, la scuola, e anche il contesto, inteso come “educazione di strada”, fanno sì che ognuno viva un proprio unico percorso educativo. Esistono tanti percorsi educativi quante persone sulla faccia della Terra.

Il titolo che ho dato a questa serie di storie, “Sull’avvenire dell’educazione” è, com’è dovere di ogni titolo, chiaro e incisivo. Ma per un eccesso di determinatezza è risultato troppo breve e perciò oscuro. Sarà necessario dunque chiarire di fronte ai miei ascoltatori, il compito di questa serie di storie. Per quanto possa sembrare assai spesso che molte delle mie osservazioni generali trovino un’esemplificazione proprio negli istituti di casa nostra, io mi ritengo troppo straniero e inesperto, e mi sento troppo poco dentro alla situazione di questa Nazione e Comunità Europea, per essere in grado di giudicare una configurazione così particolare dei rapporti di cultura, o addirittura per essere capace di tracciare con una certa sicurezza il loro avvenire.

Tuttavia, essendo nato e cresciuto qui, all’interno del sistema educativo e scolastico italiano a cui devo tantissimo, sono parte viva di questo stesso luogo da cui sto scrivendo: l’Italia. Una nazione che ha sempre fatto della cultura e dell’educazione dei suoi cittadini un pilastro della propria democrazia (…)

Questa storia non soddisferà quindi quel lettore con l’aspettativa di trovare soluzioni pronte al “problema dell’educazione italiana”. Qui non parlo nemmeno di educazione come sterile concetto di “buone maniere”, e voglio inoltre esimermi da giudizi valoriali in merito al segno di questa educazione. L’educazione non è un vettore che va da un certo grado di dis-educazione in su. L’educazione ssono le istituzioni e le persone che la rappresentano in qualità di famiglie, scuole ed università. Educazione è quello che sto cercando di fare scrivendo questi pensieri confusi: mi educo cercando il confronto con punti di vista che non sono il mio, ma il tuo, il vostro.

Questione di tutti e di nessuno

La Venere degli stracci a Napoli. Fragilità e potenza di un’opera in fiamme

Questa storia è per chi frequenta certi ambienti di business e non solo, in cui è ormai frequente trovare persone che trattano l’educazione in modo strumentale rispetto al lavoro. Gli ascoltatori potrebbero addirittura rimanere sorpresi verificando che sono sempre meno le persone che hanno il lume dell’educazione acceso, rispetto a quelle che mantengono saldi i non-valori del vile denaro. Nonostante ciò, ovvero nonostante l’enfasi posta dalla società attuale sulla dimensione lavorativa, le nostre economie faticano ad assorbire nuovi lavoratori, la precarietà dilaga ed esistono gap lavorativi anche ampi, come nel settore ingegneristico e della ristorazione, a testimonianza di come l’educazione e il mondo del lavoro non dialoghino virtuosamente.

Nel mondo occidentale (e non solo, suppongo), più o meno tutti passano per un qualche tipo di educazione, attraverso tipologie di istituzioni educative come la famiglia, la comunità e la scuola. Tuttavia, è ormai diffusa l’idea che l’educazione sia relegata principalmente (o solo) a determinate fasi della nostra vita, dai 3 ai 25 anni, fin quasi all’università. Dopo l’università c’è solo il famigerato mondo del lavoro. Infatti, è proprio all’interno dell’ottica puramente lavorativa dell’educazione che si inseriscono anche i costosissimi (e di certo utilissimi) MBA per le elite manageriali, troppo spesso vissuti come isole educative in un oceano di lavoro.

Chi, che per una ragione o un’altra si trova frequentando questi ambienti di business, si renderà facilmente conto che l’educazione è oramai rimpicciolita e subordinata al mondo del lavoro, e alla più sottile formazione sul lavoro. Ero infatti ad un evento “edutech” a Roma, quando un esperto del settore, parlandomi del suo punto di vista dice: “Riflettici, spendiamo solo ¼ della nostra vita a studiare, per il resto è… lavoro”. Conclude dicendo: “…è normale che il mercato si adatti e che di conseguenza gli investimenti per la formazione del lavoro siano molto, ma molto più grandi”.

Non c’è niente di più realistico della sua analisi. Oggi la subordinazione dell’educazione al lavoro è un dato di fatto: lo dicono gli stessi numeri!

Educazione: definizioni

Poco dopo esserci laureati all’Alma Mater Studiorum — Università di Bologna, Simona Capecelatro ed io abbiamo fondato un think tank, o meglio laboratorio su temi a cavallo tra l’educazione e le nuove tecnologie. Da mesi, insieme a decine di altri attori interessati al progetto storIA LAB, professoresse, studenti, dirigenti, politici, tecnici, imprenditori, investitori, ci chiediamo cosa significhi oggi educazione. E chiaramente non abbiamo ancora trovato la risposta.

Se non l’abbiamo trovata, è forse perché LA risposta non c’è. Ciò non significa però che non si possa pensare all’educazione, e parlare di educazione. Anzi, proprio per questo pensiamo sia doveroso farlo. E lo facciamo: come in ogni partenza che si rispetti, iniziamo dall’etimologia e da alcune delle definizioni più note.

Educazione è una parola che deriva dal verbo latino educĕre o educare, entrambi con il significato di «trarre fuori». In termini letterali, ogni volta che “traiamo fuori” qualcosa da un’esperienza di vita potrebbe identificarsi come -educazione-. In effetti, nel mondo anglosassone la parola “education” è intesa in senso ampio come esperienza multidirezionale di educare e di educarsi, mentre in Italia troppo spesso si guarda all’educazione come qualcosa che si subisce, e basta. Proprio l’educazione è invece quantomai condivisione, da concepire come uno sviluppo che tende verso l’Altro.

Una storia culturale dell’alterità, tra religione e costruzione dell’identità — Bruegel, “Proverbi fiamminghi” (1559)

In quanto metaparola, Educazione è una materia di tutti, e di nessuno. Ma nella pratica quotidiana essa è veicolata da istituzioni sociali: la famiglia, la scuola e l’università sono gli attori principali di questa dinamica. L’educazione si rinnova a seconda dei tempi e dei luoghi insieme alle persone e soprattutto alle relazioni sociali tra di esse.

Il vocabolario Treccani, fornisce una ricca panoramica di definizioni lunghe, confermando che il tema è troppo ampio per essere liquidato in una semplice riga. Qui uno dei tanti possibili estratti:

Educazione è, in generale, l’attività, l’opera, e anche il risultato di educare, o di educarsi, come sviluppo di facoltà e attitudini (…) Più in partic., il processo di trasmissione culturale, diverso per ogni situazione storicamente e culturalmente determinata, mediante il quale, all’interno di determinate istituzioni sociali (famiglia, scuola, ecc.), viene strutturata la personalità umana e integrata nella società. (Treccani — Educazione)

Si potrebbe pensare che, proprio per la vastità dell’argomento, siano in pochi gli esperti che possono permettersi di parlare di educazione. Tuttavia, proprio perché è un tema che riguarda ogni individuo, è doveroso tenerlo alla larga da rapporti competitivi e di categoria. Insomma, c’è abbastanza torta per tutti, se ciascuno non esagera con la sua porzione. L’educazione va letta come un win win win e per questo è quanto mai necessario che se ne parli e ci si ingegni, collettivamente, su come riportare l’educazione al centro del villaggio. Ad esempio, su Urban Dictionary, in migliaia da tutto il mondo creano nuove definizioni di Educazione e le votano attraverso un meccanismo peer to peer. Esploriamo ulteriori punti di vista:

Tutti pecchiamo di mancanza di educazione. E proprio nell’ottica di un sistema che sta implodendo, sarebbe meglio fare i conti, prima o poi, con il fatto che non saremo mai sazi di nuova conoscenza, e che ciò non significa per questo rinunciare a cercarla. Anzi, proprio perché siamo consapevoli dell’unicità e fragilità di ciascuno tutti noi dobbiamo pretendere un percorso educativo personalizzato, al nostro passo.

Pink Floyd — Another Brick In The Wall, Part Two (Official Music Video)

Ho sempre amato i Pink Floyd, anche se, essendo nato nel 1998, credo di averli ascoltati sempre in senso troppo acritico. Quasi 20 anni prima veniva pubblicato Another Brick in the Wall, e sebbene io non sia la persona adatta a commentare, grazie a Genius, ho facilmente trovato qualcuno di più autorevole:

Possiamo rileggere a 45 anni dalla pubblicazione del disco, la parola “teacher” come “educator”? In una società in cui i valori sono collassati, e con loro le principali istituzioni, ha ancora senso affidare ai soli “docenti” il fardello dell’educazione dei, più o meno piccoli, “kids”? Forse dovremmo affidarla a tutti? Ma se è un qualcosa è di tutti, non è di nessuno. Giusto? Sbagliato?

Tuttavia, quello che per i pochi e piccoli uomini di business può sembrare uno strumento politico da anestetizzare, per le masse occidentali, l’educazione è diventata un istituto “dato per scontato” e questo ha portato negli anni ad un sentimento di scetticismo generalizzato verso tutto ciò che non sia, dopo una certa età, direttamente legato al guadagno e al sostentamento finanziario. Nella compressione dell’educazione all’interno di compartimenti stagni, individui più o meno privilegiati esperienziano l’educazione frammentandosi in tante parti di sé a seconda del numero di compartimenti da superare. In altre parole: l’educazione è resa strumento, e viene subordinata alla dimensione lavorativa.

Soggiogare l’educazione alle leggi dell’economia e della finanza, potrebbe rivelarsi la causa del collasso dello stesso sistema economico? Le persone che prendono decisioni ad alto impatto (positivo e negativo che sia) sono abbastanza “educate” per farlo? Quelle che le prenderanno domani lo saranno? E quelli di dopodomani? Riportare l’educazione al centro del villaggio significa parlarne, nelle piazze, nei bar, su Reddit, Discord, Twitter, ecc. Non basteranno di certo le definizioni elencate sopra, ma se sei hai ascoltato fin qui significa che un po’, l’educazione, sta a cuore anche a te. Questa è la prima ed ultima storia di questa serie in cui sarò io a parlare, a googlare e scrivere. Poi mi servirò di amiche e amici più esperti e interessanti di me. Tuttavia, ci tenevo a iniziare dal giorno 0 in compagnia.

Whatsapp brevi sul senso dell’educazione

In storIA LAB parliamo ogni giorno di educazione, e questi sono soltanto alcuni estratti whatsapp di conversazioni al riguardo. L’educazione prende una forma unica a seconda di chi la guarda, le parla e la vive. Se ti va di dirci la tua in poche righe scrivici pure al +393339538764.

Rachele, 25 anni, Dottoressa in Formazione Primaria
Francesca, 29 anni, Professoressa di materie letterarie e madre di un bambino

Per un’educazione del terzo millennio

The Black Eyed Peas have re-released “Where is the Love?”

In un breve ma chiarissimo articolo, Matteo Cornacchia immagina la scomparsa degli attori principali del mondo dell’educazione. In “L’educazione di fronte alla crisi: dal rischio di vederla scomparire alla necessità di doverla riaffermareviene discussa la prospettiva della possibile scomparsa dell’educazione o dei suoi protagonisti (adulti, bambini, scuola) a causa dei mutamenti sociali in atto. Questa prospettiva evidenzia la riduzione delle distinzioni tra infanzia e età adulta, nonché la mancanza di modelli educativi chiari.

Non servo io per ribadire che viviamo in una società post-valoriale in cui gli individui isolati hanno finito per perdersi e diventare cinici o al massimo arrabbiati verso se stessi e le istituzioni. E a questo punto so che si sarà capito che non ho risposte, ma come tanti compagni di viaggio, tante domande. Ad esempio: quando è successo che le università sono diventate un cravattificio? Il sistema educativo valorizza le potenzialità degli individui e dei gruppi oppure, parafrasando Han, siamo davvero tutti, ma proprio tutti, uguali?

Ebbene, se così fosse, se pensassimo che da questa crisi delle istituzioni educative non si possa uscire, significherebbe sottovalutare la storicità dell’educazione, e delle relative istituzioni, valori, diritti e doveri connessi. Sta a noi progettare soluzioni, e ciò non può che partire dal pensare e parlare di più di educazione.

Il castello errante di Howl

Pensare all’educazione del terzo millennio suona un obiettivo così ambizioso da sembrare quasi ridicolo, fesso. Tuttavia, siamo restii a riconoscere che lo sviluppo non segue un processo lineare, può essere esponenzialmente positivo o altrettanto negativo. Ciò non può che essere una buona ragione per impegnarsi quotidianamente a seminare un impatto positivo. Il gatto dentro la scatola può anche essere tanto morto quanto vivo, ma in cuor mio spero che sia comunque vivo. Potrà anche essere vero che ci siamo persi, tra il mare di informazioni di un internet che nasceva solo 50 anni fa, ma potrà anche essere vero che le strade per ritrovarci siano davanti a noi e non ci resta che vederle?

Siamo agli inizi, è vero. E c’è da imparare. C’è da educare e da educarsi, tanto, e anche abbastanza in fretta. E ripeto, vivo il mio scrivere questo articolo innanzitutto come una ricerca di nuova educazione. Voglio imparare da voi ascoltatori, voglio altrettanto ascoltare. Le tecnologie ce lo permettono, il mio numero è sopra al paragrafo precedente, la mail pure.

E infine, c’è da essere fiduciosi, quando l’educazione e gli educatori non vengono subordinati alla sola dimensione lavorativa, questi sono capaci di rigenerarsi, creando un circolo virtuoso.

Quando si guarda ad un qualcosa di così grande come l’educazione, si abbraccia la sua dimensione storica e si accetta di impegnarsi al suo miglioramento, non basta scrivere male una storia come questa, ma è necessario un cambiamento di prospettiva quotidiano. In troppi hanno subito il fascino del sacrosanto “learning by doing”. Molto meno è stato raccontato invece del “learning by learning” e di come investire risorse più ingenti nell’educazione, soprattutto nella cosiddetta età scolastica, può rivelarsi un chiave di volta per orientarsi e navigare il caos, in una situazione già fin troppo tesa.

Ci estingueremo o no? Si.
Ma quando? Non lo so.
E quindi? E quindi educhiamo-ci.
Insieme? Insieme

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Davide Coppola
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