Il dolore è la soglia

Michele Santosha Longhi
I colori del silenzio

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Finché l’occidente è stato cristiano, i vangeli sono stati interpreti tra cielo e terra. Ad ogni grido solitario di rivolta, veniva presentata l’immagine del più grande dolore. Poiché Cristo aveva sofferto questo, e volontariamente, più nessuna sofferenza era ingiusta, ogni dolore era necessario. Se tutto, senza eccezione, dal cielo alla terra, è in preda al dolore, una strana felicità è allora possibile.
Alberto Camus, L’uomo in rivolta

Quando il nostro corpo è in stato di grazia, in piena fioritura, la nostra mente interiore tende a vivere in uno stato di apartheid, di segregrazione; una silente resa a ciò che le meccaniche esterne ordinano e coordinano con tale maestria.

La mente ha però il peggior nemico di sempre in agguato; lo chiamano dolore, ma io lo chiamo il demonio buono della nostra esistenza.

Il dolore è la soglia

È il nodo al fazzoletto che ci ricorda che non è sempre vincere
È la violenta tempesta in mare che ci sfida a cercare la riva
È il portale a ciò che prima non vedevamo
È la regola contro tutte le regole
È la logica fuori di senno per cui il dolore è il più grande dono

Quando si vive un male fisico, si impara a conoscerlo, dapprima come il peggiore dei nostri nemici. Col tempo si impara ad ascoltarlo, pur continuando a non capirlo. Ancora del tempo e ne cominciamo a prevedere i comporamenti e ascoltare le nostre reazioni. Ciò non di meno lo consideriamo ancora un nemico.

Poi c’è un momento, un istante fatto di ore, giorni o mesi, in cui alle persone succede che si arrendono, e non importa in quale modo lo faranno. Quello è l’istante in cui il dolore non è più, se non una proprietà del nostro corpo. In quel preciso momento capiamo di essere noi stessi, e che al nostro fianco ci ha accompagnato il migliore dei maestri. Siamo stati in disaccordo con lui per così tanto tempo e adesso invece capiamo persino il perché della sua presenza.

La soglia ora è aperta, possiamo entrare.

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