30 Anni Vergine di Minatore Interiore. Un disco, un libro ed una recensione (questa)

Un.Dici
StorieDaMontevarchi
5 min readOct 2, 2019

Ci sono cose che non puoi controllare, come la provincia in cui nasci e sguazzi, o come la pioggia durante la festa del Patrono.
Nel primo caso, poi, quando ti tocca restar immobile sul bordo di una piscina — indeciso se lanciarti dentro e nuotare tra le foglie secche, oppure guardar gli altri uscirne sporchi — è assolutamente inevitabile non incrociarsi. Almeno una volta, per caso, magari per le scale del Palazzo, oppure guardandosi con la coda dell’occhio dall’altra parte della strada.
Oh, si sa: la provincia è quella, è una gabbia. Sempre la stessa merda.

È anche e soprattutto da questo che nasce “30 Anni Vergine”, la prima fatica solista di Minatore Interiore, quello che lui definisce un “testamento sonoro”. Una manciata di tracce che si muovono trasversali verso la stessa direzione, flirtando con influenze sonore figlie di tempi di ascolto diversi, pungendo talvolta di rabbia con iperboli di parole.
Restare invisibili, immobili nell’ossessione di muoversi come mosche impazzite — sbattendo violentemente contro i muri di una stanza troppo piccola — è un po’ come morire tutti i giorni. Lo è per le generazioni dell’ apparire, quelle che trovano realizzazione nell’essere qualcuno.
Anche lo scemo del bar, va bene.

Sentirsi il petto gonfio di cose, la pancia che esplode di rabbia, e non udire nient’altro che un flebile rantolo uscir dalla bocca quando finalmente si prova a vomitar quel che ci attanaglia, è più o meno la stessa cosa. Sentirsi morire. Aspettarselo domani, magari.
Nessuno ascolta, nessuno legge, nessuno apprezza, tutti producono. Ognuno per sé. È panico, ragazzi.

“Condividere il segreto” dice Minatore Interiore nel presentare il suo lavoro discografico (ed autoprodotto).
Condividere è il segreto, dico io. E non ci discostiamo troppo — noi due — a livello di ambizioni, fobie, frustrazioni, sogni ed obiettivi.
Ma lui — sedicente Minatore — lavora invidiabilmente da anni ad un progetto; lo scrive, lo registra, lo suona, lo cancella, lo reincide, lo perfeziona. Non dorme quasi mai di notte, non mangia ai nostri orari, quando prende un aperitivo con te, ordina un cappuccino di soia.
Ed anche se quei suoni che riconosci in “Up”, “E non è vero niente” oppure in “Apocalypse down” non sono da tempo in heavy rotation nella tua autoradio, lo stesso ti affascinano, ti immobilizzano, portano la tua mente a viaggiare per altri tempi o per mondi perfetti, per fuggire dalla ruvida realtà che rappresentano. Anche grazie alle parole.

Un qualcosa che il buon Minatore non ha di certo risparmiato, facendo coincidere l’uscita del suo testamento sonoro con quello scritto in forma di libro, ancora autoproducendosi, condividendo il segreto non una, ma due volte.

Il disco “30 Anni Vergine” è disponibile ed acquistabile nelle principali piattaforme digitali esistenti, mentre il libro omonimo è su Amazon, reperibile con un click.
Ed in tutti questi anni passati ad incrociarci, salutarci, parlarci, raccontarci e fondando insieme No.Made Factory (grazie al contributo essenziale di Piero Grazzi, unico capace di tirar le briglia a due menti instabili come le nostre, di facili entusiasmi), era impossibile per me non collaborare laddove potevo. In questo caso, scrivendo.

Una introduzione divenuta un racconto, diviso in sette parti e dislocato random tra le storie, gli aforismi e le esperienze che rendono il libro di Minatore Interiore il diario di un postadolescente di provincia, che prova — dimenandosi come un verme forse destinato a divenir farfalla — a sbocciare artisticamente, reclamando un posto tra gli altri.
Ma la mia è solo l’ultima delle collaborazioni che incontrano il Minatore Interiore in questi due prodotti, contemporaneamente fuori, contemporaneamente fruibili, che non esito ovviamente a consigliarvi.

Scopriteli da soli, condividendo il segreto.

Che divenga verbo da diffondere, così che ognuno possa spargere il proprio in giro; che a forza di inediti punti di vista sopiti per vergogna (o per insensati timori di inadeguatezza), chissà che mai la provincia di merda non scompaia, trasformandosi in terra felice di opportunità.

“Un giorno ce ne andremo da qui. Promettimi che lo faremo. Prepareremo i bagagli, metteremo il gatto nella sua gabbietta. Accenderemo il motore dell’auto, carichi di speranza. E nella nostra testa risuonerà una di quelle canzoni tipiche della coda di un film; tipiche di un lieto fine. Quei finali felici, con il cielo azzurro dopo la burrasca. Quei finali che, dopo mille peripezie ti fanno sospirare sereno, di sollievo. Quelle canzoni in crescendo, che nello sparire dell’auto all’orizzonte ti fanno alzare dal divano felice, a conquistare la posizione orizzontale più comoda per affrontare la notte. Per viaggiare in quei sogni da cui non vorresti mai svegliarti. Una canzone come quella che sta suonando nell’autoradio adesso”.

“Chi è che canta questo pezzo?”

“Non lo so più. Lo abbiamo ascoltato così tante volte” rispose sognante.

“Se bastasse sognare ad occhi aperti un universo dove il tempo si ferma, quando tutto va bene. Se bastasse tutto questo per poter cicatrizzare un attimo di felicità. Se fosse facile, rapido e sufficiente….ecco. Sarei felice. Affronterei la quotidianità camminando a testa alta, senza sentir il peso dei giorni sulla base del retro del mio collo”.

“Io lo faccio tutti i giorni”.

“Io non so più farlo. Lo abbiamo fatto per così tanto, che ho finito la fantasia” sospirò, adombrandosi.

Per acquistare il libro “30 Anni Vergine: Storie e suoni di un inesistente ai bordi della Vita” su Amazon: qui.

Per acquistare (o ascoltare) l’album “30 Anni Vergine”: qui. qui. qui.

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Un.Dici è l'universo di Julian Carax, doppio di Davide Torelli, che sarei io. Qualcosa in più qui: https://linktr.ee/davidetorelli