La Montevarchi che sarà, sarà bellissima

Un.Dici
StorieDaMontevarchi
12 min readNov 9, 2016

Qui Montevarchi, 2016.

Come dicevo nell’incipit di “Montevarchinità”?

Viviamo un epoca di trasformazioni obbligate; si può provare a restare incollati quanto vogliamo a quel passato che ricordiamo di sgargianti colori, solo perché inebriati dai ricordi di giovinezza: ma il mondo corre veloce. 15 anni fa probabilmente non avevate neanche il 56k, e oggi ordinate roba su Amazon dallo Smarphone, connessi con il 4G mentre probabilmente state cagando in un cesso pubblico a decine di migliaia di chilometri di distanza da casa.

Mentre tutto il mondo dei social si risveglia dalla grande notte di sbornia delle elezioni americane, dalla stoica #MaratonaMentana e prende coscienza (spesso esprimendo indignazione da twitt) che quello che apparentemente potrebbe essere definibile come “sociopatico” è il nuovo Presidente del Mondo, quasi nessuno sa che in molti stati dello stesso continente si sono votate trasformazioni progressiste di non poco conto.

Contemporaneamente all’elezione di Donald Trump infatti, si sono tenuti referendum in 9 distinti stati degli USA, per i quali sono stati decretati :

1) l’approvazione della Marijuana a scopo ricreativo in California, Massachusetts e Nevada (che vanno ad aggiungersi a Alaska, Colorado, Oregon, Stato di Washington e Washington D.C).

2) la legalizzazione della Marijuana per scopo medico in Arkansas e Florida per i malati di cancro, Aids, epilessia e l’epatite C.

3) l’approvazione del suicidio assistito in Oregon

4) la reintroduzione della pena di morte in Nebraska (questa non è esattamente una gran bella cosa da un punto di vista etico, ma è comunque dovere di cronaca).

Questo per dire che, mentre la tendenza della più contraddittoria “democrazia” del mondo è quella di tornar indietro sui passi socialmente in avanti tentati dalle ultime due legislature AfroFriendly del BarackOne, certe idee “nuove” o comunque convenzionalmente ritenute all’interno di canoni bizzarri nell’immaginario collettivo di molti nostri connazionali (in riferimento al destino Italiano), sono state decretate come reali.

E cosa c’entra questo con Montevarchi (o come la chiamano sul satirico profilo Facebook locale #HouseOfVarchi, #MonteVarchiLand )??

C’entra relativamente, ma siccome amo bullarmi nella costruzione di iperboli indigeribili, tremendamente lunghe e povere di realismo, lo voglio utilizzare come base per raccontarvi quello a cui stavo pensando da un po’ di tempo.

Montevarchi non è altro che un paesino di poco più di 20 mila abitanti, che ha appena cambiato amministrazione favorendo un’alternanza politica rispetto a una serie di giunte monocolore che hanno caratterizzato la città dal dopoguerra ad oggi (tradotto, ha vinto la destra, dopo 60 anni e oltre di politiche di sinistra). Montevarchi ha appena avviato, seguendo le proteste popolari degli abitanti del centro storico durante l’ultima campagna elettorale, un’innovativa (per la valle in cui si trova) campagna mediatica multi traduzione a favore del “decoro urbano”, dove si invita i cittadini più libertini a seguire dei “buoni esempi” in materia di raccoglimento delle merde dei propri cani da terra, gioco a pallone nelle piazze, abbandono dei rifiuti nel suolo comunale, panni stesi dalle finestre delle zone centrali.

Uno dei “buoni esempi” della campagna. Li potete trovare tutti nei video collegati allo stesso, su Youtube.

Ne parlavo — più o meno, standogli intorno — nell’articolo “Ve lo buco codesto pallone, Dio Bono”, ed oggi è pratica realtà.

A prescindere da come si decida di vedere una campagna di sensibilizzazione simile, che sarà l’apripista per un passaggio all’azione (che significa sanzioni ai “trasgressori”), questo piccolo sassolino nello stagno rappresenta comunque un minimo cambio di direzione rispetto al passato. Così come lo è il rapporto tra la nuova amministrazione e i cittadini, con assessori che rispondono a segnalazioni su Facebook nei gruppi cittadini stessi, dando in diretta mandato alle autorità competenti comunali di agire per risolvere gli eventuali problemi segnalati, prima che sfocino in polemica.

E quindi perché non immaginarsi altre trasformazioni, magari più mastodontiche e tangibili, seguendo le direzioni e le tendenze “moderne” che sono già realtà nelle grandi città di quei paesi che non sono stati costretti dal bigottismo perenne(favorito da uno statarello religioso e dai suoi ambiziosi precetti di giustezza, all’interno) in una condizione di arretratezza quasi medioevale?

Perché non prendere una Montevarchi qualsiasi — una cittadina di provincia nazionale come centinaia ce ne sono — come esempio visionario?

Ecco 6 punti. 6 novità. 6 auspicabili trasformazioni future per le quali la Montevarchi che sarà, sarà bellissima.

Prima di iniziare, un piccolissimo avviso:

La splendida foto, al solito, è di Sabina Broetto

Questo articolo è lungo. Sarà lungo. È già lungo se siete arrivati fino a qui. Ma a chi vi scrive non gliene frega un cazzo, e voi sarete sicuramente adulti e vaccinati per far la scelta più giusta verso voi stessi: sospendere la lettura e recuperare il tempo già buttato via in attività più produttive. Tipo scorrere lo smartphone sugli aggiornamenti dei Twitter di Salvini e Jovanotti, ascoltare un disco di Ligabue (uno vale l’altro, tanto son tutti identici), oppure guardare le foto delle neo diciottenni in costume sulle foto profilo di Facebook, o sognare un incontro al buio con il vostro vicino di casa che è su Tinder ( e sua moglie non lo sa).

Gli Orti Urbani:

In teoria, questa è la mappa (un pò ambiziosa) del GoG Montevarchino.

Voglio iniziare volando basso, con una cosa che esiste già seppur in un rarissimo esemplare. A Montevarchi esiste il G.O.G (Galeffi Orto Giardino): perdonate la mia ignoranza macroscopica, ma penso che si tratti di un iniziativa privata. Di fatto è situato nella zona del nuovo complesso Foro Varchi, dove sorgeva un tempo il vecchio Ospedale Cittadino.

Ma gli orti urbani sono una realtà che in Europa funziona, e che potrebbero essere applicabili a spese quasi zero in ogni quartiere. L’ho visto con i miei occhi in Spagna: seguendo lo sviluppo di uno spazio a Barcellona nel “mio” Poble Nou, e scoprendone poi veramente uno per barrio a Madrid. Proprio nella capitale, aiutato da una amica che vive là, ho capito che la struttura totalmente autogestita è vissuta talvolta come salvezza per i tanti disoccupati che si trovano senza lavoro, o che percepiscono un sussidio in attesa di occupazione, che non gli permette esattamente di spendere spesso e tanto. Partecipare con la propria capacità e forza lavoro allo sviluppo degli ortaggi, significa avere la precedenza nell’usufruire del raccolto eventuale. Quello che avanza — e a Madrid ne ho visti alcuni veramente grandi- viene venduto a prezzi stracciati alla gente del quartiere, in un determinato “giorno di mercato” settimanale. A Barcellona, oltre all’utilizzo di aggregazione sociale e fruizione dei prodotti, viene anche sviluppata l’idea di utilizzare semi “nuovi”, in opposizione ai controlli operati dalle grandi multinazionali di sementi ( come la Monsanto). Da considerarsi che spesso in Spagna, vengono utilizzati spazi all’interno del quartiere lasciati in disuso (magari dove prima sorgevano costruzioni abbattute), almeno per quello che ho visto con i miei occhi. Il senso è quello di un recupero di angoli destinati all’abbandono, in nome di una coltivazione sana degli ortaggi destinata alla comunità di ogni singolo quartiere. Esemplificativo il video qui sotto (almeno in parte relazionato con ciò che ho appena detto):

Nel video, pubblicato e prodotto da Manu Chao nel suo canale Youtube, si può vedere la realtà testimoniata di un orto di quartiere nel Poble Nou di Barcellona. Segue poi una dimostrazione dell’impegno dell’artista nella lotta contro la Monsanto e il suo controllo esclusivo mondiale dei semi.

Il Casinò

Sappiamo tutti quanto l’avvento delle Slot e delle conseguenti sale ad esse dedicate faciliti lo sviluppo di degrado sociale e mentale. Montevarchi, come ogni città di Italia e il Valdarno stesso, non è immune a tutto ciò: le Slot vengono abusate continuamente nei bar che scelgono di ospitarle e all’interno degli appositi spazi. Come se non bastasse, la storica propensione verso il gioco di azzardo ( e quei ritrovi storici dove tanti montevarchini si son giocati ingenti cifre, auto e anche attività, in qualche scantinato, in sfide di Poker da film) porta spesso ad accalcarsi nei tabacchi a spendere i propri risparmi in scommesse, gioco del lotto, lotto istantaneo, gratta e vinci e altre amenità che funzionano per la verità in tutto il suolo nazionale.

Perchè non aprire un Casinò? Oltre all’indotto che potrebbe favorire, legalizzare il vizio del gioco circoscrivendolo in una struttura ufficiale e garantita, probabilmente aiuterebbe tante persone che cadono nella morsa degradante dell’azzardo, a limitarsi prima. Ok, esistono strutture legislative che ovviamente ignoro, per le quali questa provocazione sarà irrealizzabile (basti pensare che in Italia esistono solo 4 Casinò attivi a Venezia, San Remo, Campione d’Italia e Saint Vincent) ma……hai visto mai? Chi cazzo se lo calcolerebbe un posto come Campione D’Italia (con tutto il rispetto) se non avesse il Casinò? Ecco, per lo stesso motivo Montevarchi potrebbe diventare ricchissima e turisticamente frequentatissima.

Lo Stadio di Proprietà

Ok, qui i montevarchini si incazzano tutti considerando le polemiche annose tra amministrazioni per le sorti dell’antistadio e di un presunto centro sportivo fantasma. Ma se vogliamo dirla alla Trump, “Make Montevarchi Great Again” significa pensare in grande! E la passione della città per la sua amatissima Aquila 1902 -che malgrado navighi ancora in acque non professionistiche ha un seguito invidiabile- può aiutare a farlo. Creare uno stadio di proprietà non significa mica creare uno Juventus Stadium! Si può pensare in piccolo, proporzionalmente al piccolo bacino di utenza cittadino; si può creare un piccolo museo (basta una stanza) con i trofei e i cimeli storici, un bel bar dove finalmente l’amore per l’alcool domenicale della Curva Sud potrebbe sfogarsi anche in qualità e con una scelta appropriata, un piccolo centro sportivo di fianco. Non c’è bisogno di opere mastodontiche, ma di idee intelligenti e passi della lunghezza della gambina a disposizione. In realtà ci sarebbe bisogno di un gran bell’investitore (e non bello esteticamente, ma rispetto al conto in banca). Impossibile? Di sicuro. Ma noi siamo qui a scrivere visioni, che ce frega…..di sicuro se c’è una lezione da imparare dallo Juventus Stadium, è che l’investimento iniziale (se operato in modo funzionale e intelligente) viene recuperato agilmente.

Il Distretto a Luci Rosse

….e facciamola finita di fare i bigotti (o i buonisti, per dirla alla Salvini)! A Montevarchi come nel resto di Italia ci sono un sacco di appartamenti privati all’interno dei quali ragazze avvenenti (??) si PROSTITUISCONO. E diciamo la verità, moltissimi uomini italici sono soliti frequentare le modernamente definite “Escort”, spesso “in trasferta” a qualche decina di km di distanza da casa propria (s’avesse mai a incontrare la vicina mentre si sale le scale di un appartamentino di quelli boni in Via Cennano!!!). E allora sapete cosa significa questo? Significa INDOTTO. Significa forestieri che potrebbero venire in suolo comunale a fare tutto quello che coloro i quali definiscono il centro città “spopolato”, sognano: “passeggiare” per il centro, consumare nei bar, magari acquistare qualche regalino nei negozi del centro commerciale naturale (c’è anche chi vuole scegliersi l’intimo o il vestito che più stimola le proprie fantasie nel momento di “svago”).

E allora, aspettiamo fiduciosi l’abolizione della fottutissima Legge Merlin e creiamo un piccolo distretto a luci rosse. Sarebbe molto più comodo rispetto alla situazione attuale, dove un ipotetico punter è costretto (in caso di necessità di valutazione del prodotto o di semplice impulso al replay) a girarsi mezza città, tra strade parallele e zone fuori centro. Basta trattare i punter come dei depravati zozzoni (salvo poi salire in macchina e andare a stradali nel fiorentino o nell’aretino)! Montevarchi è sempre stata storicamente sensibile alla fruizione del mestiere più antico del mondo, e testimoni oculari (non confermati in attendibilità) raccontano una ripresa anche del passeggio stradale diurno di alcune professioniste (improvvisate) per vie tra l’altro piuttosto centrali! Vogliamo togliere la patata bollente dalle mani della comunità? Non appena si può, localizziamola in un punto e legalizziamola a tutela e controllo sanitario sia delle lavoratrici, che dei clienti. Nella via Reeperbahn ad Amburgo, ad esempio, l’accesso alla via delle prostitute è controllato e monitorato (vietato l’ingresso a minori e a donne): lontano dagli occhi (bigotti), lontano dal cuore no?

Le Isole Ecologiche a scomparsa

Andiamo rapidi, toccando un argomento stra proposto nella campagna elettorale appena conclusa. Oltre ai sacchi della spazzatura spesso abbandonati nelle vie del centro, lo stato dei cassonetti montevarchini è in certe zone, scandaloso. Vuoi per la totale inesistenza (se non in un quartiere, mi si dice) di un progetto di raccolta differenziata, vuoi per quell’abitudine italica (che spesso è vista come tipica del meridione….a proposito di luoghi comuni da smentire) di lasciare ingombranti e rifiuti speciali o dentro i cassonetti stessi (generando un deterioramento del contenitore) o immediatamente fuori. E’ un porcaio (come si dice da queste parti) e sarebbe risolvibile con la semplice promozione e installazione di queste splendide e fiammanti Isole Ecologiche a Scomparsa dal design moderno:

Ce ne sono di vari design: che la città di doti di quello che può risultare meno invasivo, da un punto di vista storico e urbanistico.

Non c’è miglior cosa (e miglior pratica, anche politica) che nasconder le briciole sotto il tappeto, anzichè aspirarle. Rispetto alle altre proposte precedenti, forse questa potrebbe portare solo costi e pochi benefici, lo ammetto. Ma vediamola così: con i soldi dello Stadio Privato, del Quartiere a Luci Rosse e gli introiti del Casinò, si potrebbe anche fare un investimento pratico ed estetico, seppur a rimessa. E poi, non avete ancora idea di quanti quattrini frutterebbe il sesto punto…..

La Piantagione Comunale di Marijuana

Siamo tutti in attesa di capire se la proposta di legge per la legalizzazione della Marijuana passerà o meno, e diventerà tale. L’incipit di questo lunghissimo articolo ce l’ha dismostrato: anche negli USA si stanno abbattendo progressivamente le frontiere della tolleranza per l’uso ricreativo. Statalizzare la produzione di questa pianta, controllarne con il monopolio la vendita e legittimare l’apertura di nuove attività dove ne sia permesso il consumo, è un evidente business, c’è poco da fare.

Molto indirettamente (e provocatoriamente; oserei dire “iperbolicamente”) avevo già trattato l’argomento nel pezzo qui sotto riportato:

La chiave di lettura proposta (provo a spiegarmi, visto che sarà stata indubbiamente incomprensibile) è che solo ammettendo che anche certi liberi farmaci sono DROGHE -e consequenzialmente comprendone la positività della loro funzione in determinate casistiche- possiamo arrivare a concepire anche la Cannabis come un prodotto naturale che può dare benefici (anche ludici) in situazioni controllate e determinate statalmente.

Ovviamente se mai la proposta di legge passasse, si tratterebbe indubbiamente di un percorso a step, il primo del quale potrebbe essere la semplice depenalizzazione di un numero determinato di piantine per il consumo personale. Cosa che avviene in Spagna dalla notte dei tempi, tra l’altro. Ed è proprio in una delle mie recentissime fughe in Spagna che ho avuto modo di constatare personalmente lo sviluppo dei Cannabis Social Club: spazi frequentabili da associati, che coltivano o importano quantità di prodotto psicoattivo pari al consumo mensile (o annuale, non so esattamente) di ogni singolo tesserato in base alle concessioni legislative.

Una serata qualsiasi all’interno di uno dei tanti Cannabis Social Club spagnoli. Per la precisione questa è Catalunya, e si tratta di Barcellona.

Sappiamo tutti (e non c’è bisogno di far riferimento a Montevarchi, perchè avviene in ogni piccolissima città del paese) quanto il commercio e il consumo di Cannabis sia diffuso, e quanto costi allo Stato e chi lo abita (in materia sia di forze impiegate nella repressione del consumo, che di sanzioni in conseguenza alla stessa per gli appassionati).

Ora -aspettando fiduciosi che il paese si affacci verso un mondo già ampiamente scoperto e praticato da un’ampia porzione del mondo civile- perchè non pensare ad organizzarsi da un punto di vista comunale?

Sto dicendo una cazzata, e sicuramente sarà legalmente impossibile: ma creare un grande unico Cannabis Social Club Comunale, con una piantagione gestita da stipendiati del Municipo, e con consequenziale gestione di punti di fruizione a gestione (o appalto) dell’Amministrazione stessa???

In un mondo perfetto -dove questo fosse legalmente possibile- si tratterebbe di un servizio alla comunità che porterebbe posti di lavoro, indotto e entrate continue nelle casse comunali.

Ok, lo ammetto: con l’ultimo punto mi sono forse spinto un pò troppo oltre.

Il contenuto bizzarro e visionario -oltre che perditempo per me e per qualsiasi eroe sia mai riuscito ad arrivare fin quaggiù- supera ovviamente ogni limite logico e realistico. Ma come detto, a me importa il giusto: purtroppo devo convivere con visualizzazioni illogiche e continue di immagini provenienti da universi irrealizzabili, come avete letto qui sopra.

Magari metterle per iscritto fa bene, cura il mio male oscuro, e prova a illudere un pò il mio Ego.

Compatitemi per favore. Nel frattempo vi lascio così; con un’immagine bellina senza senso, per aiutarvi a resettare tutto quanto avete appena letto con fatica.

Questo è il terzo risultato che appare cercando “immagine bellina” su Google Immagini. Il primo è un pessimo logo di un presunto negozio di alimentari, il secondo una sorta di porno bambola. Ecco, almeno adesso sappiamo e scopriamo che esiste un fiore (questo) che si chiama ph.Bellina. Non si finisce mai di imparare in questa vita.

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Un.Dici
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Un.Dici è l'universo di Julian Carax, doppio di Davide Torelli, che sarei io. Qualcosa in più qui: https://linktr.ee/davidetorelli