Montevarchi Città d’Arte (?)

Un.Dici
StorieDaMontevarchi
9 min readDec 18, 2016

Parliamo di Arte, parliamo di Montevarchi.

No, non parliamo di immigrazione, buche, degrado, panni stesi, sudicio, Aquila Calcio, alternanza al governo cittadino e le solite altre cose di cui si parla tanto in quantità e male in qualità. Parliamo di Arte.

Partiamo da lontano, in panoramica. Siamo in Valdarno:

San Giovanni Valdarno, la dirimpettaia, è la “Città di Masaccio” (ma per certi versi un timbro importante ce l’ha messo pure Arnolfo di Cambio)
Figline Valdarno (un po’ più distante) è la città di Marsilio Ficino (nonché “granaio” della Firenze Medicea)
Terranuova Bracciolini (una costola montevarchina) è la città di Poggio Bracciolini (e più recentemente di Federico Fazzuoli di Linea Verde o di Beppe Bigazzi che voleva cucinare i gatti da Antonella Clerici. Si scherza).

Montevarchi invece nasconde in se stessa (nasconde bene, quasi sotterra) i suoi valori storici; spesso né li svende all’esterno, né li propone all’interno, a quei cittadini talvolta all’oscuro del patrimonio cittadino (pur disposti a difenderlo campanilisticamente, disconoscendone la storicità, la potenzialità, la bellezza universalmente riconosciuta).

Visto che, come avvenuto in “la Montevarchi che sarà, sarà Bellissima” (l’avete letto? No? Lo linko qui subito. Però è lungo, avanti di lamentarvi siatene consapevoli e magari prendetevi ferie. Così forse riuscite a finire anche questo), mi piace immaginare, prevedere in modo allucinato l’impossibile in base a quelle visioni bizzarre che tormentano la mia mente in modo random quotidianamente, proviamo ad immaginarci stavolta una Montevarchi Città D’arte???

Ok, è vero, a Montevarchi esiste già l’ottimo Cassero, l’ottimo Museo Paleontologico ristrutturato, il Tempietto Robbiano lasciato nel decadente Museo D’arte Sacra della Collegiata. Queste cose ci sono. Proviamo ad andare oltre, dandole per scontato.

”Il quadro Di Botticelli”

È battaglia da tempi di precedente amministrazione comunale, quella di riportare “L’Incoronazione della Vergine e Santi” a Montevarchi. Si, riportare, perché da ricostruzioni storiche pare che l’opera –attribuita in toto a Sandro Botticelli per alcuni, considerata con la partecipazione del noto pittore da altri- sia stata eseguita nel 400 proprio per una committenza di Montevarchi. In effetti rimase nella chiesa di San Ludovico a Cennano per almeno tre secoli, prima di esser prelevata da ufficiali napoleonici, fino a trovarsi da tempo nei magazzini di Villa La Quiete a Firenze, non pubblicamente esposta (se non periodicamente, è capitato di recente). Per il “Botticelli Nascosto” si mobilitò l’ex sindaco (ottenendo niente), si sta mobilitando un noto concittadino — acclamato Tenore — Luca Canonici, attraverso una raccolta firme.

Parte firmataria della popolazione è in subbuglio: metaforicamente si eleva e rimbalza su Palazzo Varchi un continuo e comunitario “Ridateci il nostro Botticelli”. La Montevarchi indignata pretende soddisfazione, esige che sia compito della politica lavorare in direzione di una riassegnazione del quadro in città. Come spesso accade -ed è forse uno dei tratti tipici della tanto acclamata Montevarchinità- ci si indigna, si polemizza e si pretende un qualcosa, senza considerare annessi e connessi, se esistono strutture appropriate per valorizzarlo, e (forse) fregandosene altamente una volta ottenuto l’agognato oggetto di tanto desiderio.

Pensare di riprendersi un’opera di notorio (almeno in provincia) valore, portante su di se la firma di un artista famoso nel mondo, e magari localizzarla in un Museo D’Arte Sacra, che per le condizioni in cui riversa appare ampiamente inadatto anche ad ospitare le opere che già conserva (senza considerare che in conseguenza a ciò, ha orari di apertura limitatissimi nella settimana: in poche parole, è più facile trovarlo chiuso che aperto), è altamente improbabile. Provare ad aprire un nuovo museo, moderno ed adatto, per ospitarlo insieme ad una eventuale collezioni di “Pittura Montevarchina”, per quanto assomigli a fantascienza, sarebbe soluzione preferibile.

“E con quali soldi si apre un altro museo a Montevarchi?”

“E con cosa si riempie? Chi sono i “Pittori Montevarchini?”

Colleghi e concittadini, aspettate a starnazzare. L’idea è quella di provare a rispondere ad entrambe le vostre domande. La cosa fondamentale da capire è che si tratta comunque di una visione, di una proiezione irreale, di una soluzione che sarebbe perfetta in un mondo perfetto in cui “la Montevarchi che sarà” si aprirà alla crescita, puntando ad un indotto anche turistico più “da grande città” che “da paesino di provincia”. Insomma è utopia. Provate a perdervici qualche minuto dentro, ad immaginarvela e poi dopo avrete (forse) qualche spunto di riflessione in più. Ma partiamo dalle cose tangibili, storiche reali.

Dicevamo: chi sarebbero questi “Esponenti della pittura Montevarchina”?? Brevemente, proviamoci. Partiamo da loro

*Il Museo della Pittura Montevarchina*

Iniziamo a citare Giovanni Martinelli, pittore del seicento, “caravaggesco” nell’utilizzo di certe luci e nello stile. Rissoso, scontroso, inadempiente alla consegna dei quadri e quindi scostante: insomma, un montevarchino vero. Qualche anno fa gli è stata dedicata una mostra monografica in città, e si tratta di una figura storicamente affascinante perché circondata da un’aurea un po’ maledetta, grazie alla quale non esistono troppe informazioni su di lui nei libri di Storia dell’Arte. Sarà per questo, o perché spesso usava non firmare i suoi quadri, che il Martinelli è noto principalmente in ristrette cerchie di specialisti. Sarà per questo che tante delle sue opere riempiono gli scantinati del Museo degli Uffizi di Firenze, senza collocazione? Tanto varrebbe riportarli a casa (intendendo la “casa natale del pittore”, puntualizzando quello che attenti lettori cittadini hanno sottolineato come “inesattezza”)

Di epoca antecendente Roberto (o Luberto) da Montevarchi: benchè data di nascita e di morte siano incerte, il detto allievo del Perugino (detto dal Vasari) è stato pittore di fine quattrocento. Veniva chiamato semplicemente “Il Montevarchi” e recentemente gli sono stati attribuiti anche una serie di affreschi rinvenuti in un’abitazione privata sul Palazzo Brandini (fonte Wikipedia). Bizzarro non ricordarlo in nessun angolo cittadino (ma forse invece lo è, ed io non lo so. In caso Mea Culpa).

Non dimentichiamoci anche del capolavoro perduto di Carlo Dolci, passato di mano un’infinità di volte, diviso e venduto in parti separate e forse perduto. Ma forse no. Sarebbe impossibile ricercarlo e riportarlo a casa? Indubbiamente si. Ma tanto qui siamo a disegnare un futuro impossibile, per cui…..

Ne ho già parlato. Lo trovate qui:

E non dimentichiamoci della già detta “Incoronazione della Vergine e Santi” di Botticelli, che tanto vogliamo riprenderci. Nessuna sovrintendenza accetterebbe mai che un opera considerata di rilievo nazionale non venga esposta eventualmente in una struttura museale degna.

Francesco Verdi, contemporaneo pittore montevarchino

Potrei proseguire parlando dei numerosi pittori in vita che ottengono riconoscimenti meritatissimi ( ad esempio Francesco Verdi), e dei tantissimi (magari giovani) che indubbiamente potrebbero periodicamente prestar il prodotto della loro passione in esposizioni temporanee (utili magari anche a far frequentare lo spazio ad apprezzatori, amici o conoscenti locali). Ma tanto il senso si è capito: in linea teorica, un museo della pittura montevarchina ci starebbe.

Passiamo alla pratica.

*Come si apre il Museo della Pittura Montevarchina*

Lo so e lo sappiamo: i bilanci a disposizione degli enti locali sono rosicchiati fino a raggiungere minimi potenziali storici, e costruire e mantenere un museo di livello medio-alto (di aspirazione) non appare probabile (sicuramente sarebbe ritenuto offensivo da chi magari è in coda per la casa popolare, o vive con la pensione minima, o aspira a un sussidio o tante tante altre cose che nella realtà in cui ci troviamo e nell’immaginario anche di chi non le vive, hanno la precedenza).

Ma chi ha detto che i musei debbono essere solo statali? Il Pecci di Prato, per dirne uno vicino, è privato. Ulteriormente tra le poche fortune che abbiamo vivendo in Italia, possiamo definir il paese come all’avanguardia da un punto di vista associazionistico: le agevolazioni giuridiche e tributarie eventuali potrebbero essere sfruttabili.

E allora perché non creare una Fondazione Cittadina? La butto là: magari presieduta dal Sindaco, con il presidente del Consiglio Comunale come membro di diritto e i capogruppo dell’opposizione all’interno, magari con la nomina di altri consiglieri di riconosciuta competenza e fama ad opera del Consiglio Comunale Stesso. Un qualcosa di politicamente e soprattutto partiticamente trasversale, insomma.

La Fondazione (immaginaria) potrebbe gestire il museo anche grazie al contributo dei montevarchini interessati a valorizzare la città (raccolte fondi, cene, donazioni ecc..), e soprattutto sfruttando bandi europei, fondazioni bancarie, magari donazioni di enti locali (banche?) o grandi donatori in carne ed ossa. Se poi una struttura simile, che oltre ad essere un potenziale plus per l’indotto turistico, potesse anche sostenere un’entrata gratuita (come accade nei musei delle grandi capitali europee, tipo Londra), potrebbe definitivamente traghettare la nostra provincialissima realtà verso un qualcosa potenzialmente di “altro”. Perché far pagare un qualcosa che la città da sola si impegna a mantenere come simbolo e orgoglio di “senno civile” ???

È verissimo, però che acquistare, ristrutturare e rendere funzionale una nuova struttura sarebbe comunque di impiccio e costo per la comunità e per le sue tasche.

Tecnicamente esisterebbe già una parte pronta per essere recuperata, e si tratta di quella porzione di Ginestra che si trova in abbandono dietro l’attuale Fabbrica della Conoscenza. Però si tratterebbe di qualcosa di infinitamente lungo, costoso, complicato.

Allo stesso tempo, però esiste un edificio centrale al paese (che si affaccia sulla piazza proprio attraverso la “Via dei Musei” e favorirebbe un naturale itinerario turistico/culturale ed eventualmente il tanto proposto “biglietto unico”): il rinnovato Palazzo del Podestà.

Fonte Valdarno Post: http://valdarnopost.it/news/montevarchi-reclama-il-suo-botticelli-pronta-una-lettera-a-franceschini-possiamo-ospitarlo-nel-palazzo-del-podesta

La struttura di imminente riapertura al pubblico, dispone all’interno dei circa 1400 metri quadri di spazio, di ben tre sale polivalenti al momento dedicate a mostre ed eventi temporanei.

Al centro di lavori di ristrutturazione per oltre 10 anni, grazie anche all’annessione di alcuni spazi non originariamente compresi al suo interno (ma attualmente reintegrati), il Palazzo del Podestà disporrebbe dell’Antico Salone, della Sala del Podestà e della Sala della Loggia per ospitare eventualmente il rientrante quadro del Botticelli. La proposta è stata più o meno ufficiosamente già discussa, anche perchè il già detto fatiscente Museo d’Arte Sacra dovrebbe trasferirsi un giorno presso la Chiesa di San Lodovico a Cennano (ma guarda un pò).

fonte Valdarno Post: http://valdarnopost.it/news/all-interno-del-nuovo-palazzo-del-podesta

Il palazzo è stato ristrutturato e messo in sicurezza seguendo tutti i regolamenti antisismici in vigore, al suo interno sono stati restaurati (e riaffiorati) stemmi gentilizi affrescati; la sala principale -quella destinata al Consiglio Comunale- risulta allo stesso modo impreziosita da affreschi pittorici (seppur di epoca più recente agli stemmi gentilizi che risalgono all’800), e sarebbe comunque (ovviamente in momenti in cui i lavori del Consiglio non sono attivi) potenzialmente visitabile, così come l’ingresso (detto Sala degli Stemmi) dove il recente lavoro di ristrutturazione ha riportato in evidenza ben 8 nuovi stemmi che erano stati sepolti da tre strati di imbiancatura.

Fonte Valdarno Post: http://valdarnopost.it/news/all-interno-del-nuovo-palazzo-del-podesta

E allora quale struttura se non questa -già esistente e pronta secondo ogni criterio possibile- potrebbe ospitare il ritorno a casa del quadro di Botticelli? E vista la disponibilità di spazi, ospitare il “museo della pittura montevarchina”?

Quando quello che serve è già disponibile è giusto utilizzarlo, a maggior ragione se confluisce con ciò che è stato oggetto di spesa di fondi ed energie per un decennio, rappresentando il palazzo cittadino forse più bello.

Ora, non pretendo di essere il primo ad averne pensato un utilizzo simile; immagino che tutto quello che ho scritto qui, qualcuno lo abbia già immaginato, valutato, e forse abbandonato per impraticabilità (o forse ci si sta muovendo in questa direzione). Anche perchè il tema della Fondazione per la Cultura lo ricordo più o meno citato da gran parte dei programmi elettorali della primavera scorsa, quando il Comune è passato di mano in seguito alle elezioni locali.

Valorizzare ulteriormente un palazzo storico restituito alla cittadinanza, trasformandolo anche in un museo ospitante un Botticelli (chissà), magari qualche pezzo del Martinelli o del Luberto da Montevarchi, oltre a qualche contemporaneo come Verdi -magari distribuendo il tutto in due sale e usando la terza come ospitante temporaneità di passaggio- sarebbe davvero un passo importante verso la trasformazione di una città di provincia (che a volte sembra nascondere i suoi tesori culturali), in una città capace di attirare un indotto turistico che deve necessariamente aumentare.

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