Ve lo buco, codesto pallone (Dio Bono)!!

Un.Dici
StorieDaMontevarchi
9 min readAug 9, 2016
è usanza comune, in suolo italico, praticar il giuoco del pallone anche per strada, nelle ore pomeridiane.

Diciamo la verità, a tirar calci ad un pallone con i piedi non sono mai stato troppo capace. Errore fatale e immenso disonore, se sei un bambino italiano.

Avete presente quello che, nel gruppetto al campino, vuol tirare in porta ma in realtà passa la palla, oppure quando in contropiede vuol fare un passaggio smarcante al compagno più avanzato, fa gol? Ecco, quello ero io. Ci ho provato, e riprovato e riprovato ma quando uno ha #IPiediABanana ( descrizione variante di #PiediARoncola , che ho sempre preferito) non ci può far niente.

Sono sempre stato più capace a giocar a pallacanestro e, per quanto non fossi fenomenale, se la natura mi avesse donato un 10/12 cm in più, forse sarei riuscito anche a togliermi soddisfazioni in categorie infime poco sopra le cosiddette “minors” (inteso per categorie amatoriali, tipo campionati UISP). Anche lì: anni e anni ad attender lo sviluppo, e vederlo arrivare senza effetti reali. I miei compagni bassini che in un mese mi staccavano di 10 cm…ed io che restavo lì, dove più o meno son rimasto fino a quando ho smesso.

Ho dato molto alla pallacanestro: molta passione e un braccio rotto (prima di decidere che a 20 anni potevo dedicarmi all’insalubre vita “rock and roll” e mandare a fanculo le buone novelle sportive). Poi, in età adulta, riscoperto uno stile di vita sportivo e per “amore del gioco” (detto così sembro Michael Jordan al suo terzo rientro nell’NBA) ho deciso di riprovarci, con successo sia personale che a livello di infortuni: in meno di 6 mesi nel campionato UISP (ok, “nelle Minors”) ho collezionato una vertebra dell’osso sacro incrinata e una definitiva rottura del legamento crociato posteriore del ginocchio. Adesso la passione mi porta al campetto a tirare, di tanto in tanto, ma non voglio far l’impavido e ve lo dico: ogni volta ho paura, come quando da piccolo davano i film di Nightmare.

Tornando però al dar due calci a un pallone, credo che la mia incapacità fisica abbia notevolmente contribuito ad un’autostima inesistente che si è amplificata negli anni dell’adolescenza. Ricordo una volta, a un compleanno di un mio amico, grande sfida a “calcio tedesco”, e panico nei miei occhi: non sapevo alzare il pallone. Ovviamente finisco subito in porta e vengo bersagliato di pallonate e gol. Preso dal senso di inferiorità, provo a dar tutto, per uscire da quella situazione di sbeffeggiamento in cui son finito ( e soprattutto al centro dello scherno della decina di coetanei invitati): riesco a parare una cannonata pazzesca, ma di faccia piena; è un momento straordinariamente di silenzio, di quelli in cui il tempo sembra fermarsi, un momento epico. Rimbomba un solo rumore: la mia dolorosa bestemmia, alla qual consegue un boato di adulti scandalizzati e indignati…nessuno si preoccupa del mio naso che sanguina. Tempo di tornar a casa. Fanculo al calcio.

Questa foto è “rubata” dal profilo Facebook di Luca Mazzini e testimonia come la pratica del gioco del pallone per strada sia ancora in voga tra gli infanti, nella città di Montevarchi

Tutta questa lungagnata, apparentemente non sense, ha però un senso preciso…o comunque vorrebbe arrivare a un punto: che tu sia scarpone, bestemmiatore, Maradona o fenomeno che gioca a piedi nudi nella favela di Rio de Janeiro, poco importa. Tutti da più o meno piccoli, abbiamo giocato a pallone. È una cosa che se ci pensiamo è bellissima, è un comune denominatore internazionale: accade in Africa, come in Islanda…è religione in Brasile, ma pure a Trinidad e Tobago. Amo il calcio (da guardare) anche e soprattutto perché è il primo punto di incontro con uno sconosciuto che puoi incontrare nel peggior bar della periferia del mondo, o con il portiere del tuo albergo a Bogotà, o con il vecchio che il lunedì mattina ti ruba la gazzetta dello sport al Circolo Arci, mentre bevi il caffè.

Stamani sono partito proprio da lì, da un Caffè a un bar (e non era un Circolo Arci). Poco prima di decider di andarci, lo strillone del quotidiano locale appeso fuori da un’edicola, ha attirato la mia attenzione. Una roba tipo “Montevarchi: vietato sbattere i tappeti e giocare a pallone”.

“alla fine ci siamo arrivati”, mi son detto, e così ho optato per il primo bar a portata di mano, per spiar il giornale con la scusa del caffè ( che in realtà, visti i prezzi, è un risparmiare praticamente niente. È giusto evitare di tenersi in casa un ammasso di carta che ti fa solo volume, per leggere un articoletto locale, probabilmente anche piuttosto inesatto. Chissà.)

La nuova amministrazione comunale di Montevarchi in realtà, non sta facendo niente di così pazzesco né deprecabile, se non attuare il suo programma elettorale, che a sua volta ascoltava la massiccia e ben organizzata protesta di una parte della cittadinanza in nome della vivibilità del centro storico. Facebook e i suoi gruppi erano invasi da mesi di foto e reportage, oppure di gruppi ad hoc, di denuncia del degrado del centro cittadino. E per degrado non stiamo parlando di quello che si può vedere a Caivano di Napoli oppure nella Barona di Milano: si parla di panni stesi alle finestre, schiamazzi e grida, giuoco del pallone per strada, fioriere non curate, sacchi dell’immondizia lasciati nei vicoli, pisciate copiose nei vicoli stessi, rifiuti ingombranti per giorni fuori dalle porte e altre situazioni simili di vita quotidiana.

Insomma, lungi da me sottostimare questi disagi (o occultarne altri più evidenti come la rete fognaria del centro storico cittadino stesso, capace di collassar per una bomba d’acqua di un ora, anche qualche giorno fa) e assolutamente lontano da me far polemica “politica” contro l’operato dell’Amministrazione. Anche perché, si è scoperto da tempo, esiste una legge sul decoro che mai è stata applicata che — similare a gran parte dei centri storici nazionali, credo — minaccia sanzioni per certi comportamenti come i sopracitati.

Quel che ho letto stamani al bar, è appunto l’avvio di una campagna di avviso e sensibilizzazione sul contenuto di questo decalogo, e sulle eventuali sanzioni, prima di passar al bastone dalla carota: legittimo e pure sensato.

Immagine di repertorio del Degrado del centro storico di Montevarchi. Ah no, scusate, è il Cartucho di Bogotà.

Detto questo però, pensar che emozioni tanto il pugno duro verso chi sbatte i tappeti dalle finestre, oppure si siede su un monumento o addirittura sui bambini che giocano a pallone, mi mette dei pensieri in testa.

Praticamente, intanto mi chiedo chi e come potrà sanzionare, ad esempio, 10 bambini multinazionalità che giocano a pallone in piazza la sera d’estate. Come funziona? Arriva il vigile e gli scrive la contravvenzione e poi fanno la colletta per pagarla? Oppure il vigile indaga sul padrone del pallone e sanziona direttamente lui? E in caso di resistenza, reticenza o provocazione, arriva la celere in antisommossa? Così come, se “i sedenti” sui monumenti si rifiutassero mai di scendere, vengono sgomberati con gli idranti?

Inoltre mi domando un’altra cosa: ammettiamo (e speriam di no) che questa operazione venga letta come #LaGrandeVittoria di coloro i quali hanno trovato nella loro vita il senso di fotografar qualsiasi cosa vedono in giro per denunciarlo. Come conseguenza subiremmo un ringalluzzimento ulteriore di questi personaggi che metterebbe a serio rischio la privacy di chiunque, anche del parroco della Collegiata probabilmente.

Non dimentichiamoci la storia del “Pisciatore Seriale”: uomo forse gonfio di birra, forse semplicemente al limite della sopportazione, che un giorno decise di orinar sotto una finestra. Quell’uomo non poteva immaginare che all’ultimo piano del palazzo di fronte era pronto un “cecchino” dell’antidegrado che, smartphone alla mano, pensò bene di fotografar la lunga pisciata e postarla subito su Facebook, anziché gridargli di non farlo direttamente (alla vecchia), e probabilmente neanche scendendo poi dopo a buttar sul muro un secchio d’acqua disinfettante.

Il risultato è che nella penuria giornalistica locale del momento, quella foto dell’ignaro Pisciatore finì addirittura incensurata nel volto nella cronaca locale de La Nazione, oltre che esser stata rimbalzata mille volte sui Social: destino infame per un inconsapevole maleducato.

Dobbiamo aspettarci quindi il moltiplicarsi, di riflesso, di casi simil “Pisciatore Seriale”, oppure delle foto delle cagate non raccolte per strada (per certi periodi, aprir certi gruppi Facebook Montevarchini dopo pranzo, rappresentava un serio rischio per il destino del cibo appena ingurgitato) o più semplicemente l’aumento ulteriore della già grande massa di persone che ha deciso che da quando ha uno smartphone che fotografa e un profilo Facebook, non è più il caso di farsi i cazzi propri, ma è opportuno calpestare in maniera netta la privacy altrui e pure la tolleranza allo schifo.

Vi prego signori, facciamo di no. Facciamo di no perché la faccenda rischia di diventar grottesca, ed anche un po’ troppo. Ripeto, comprendo il desiderio di “pulizia” di chi abita in vie centrali, tendenzialmente più popolate o trascurate di altre zone residenziali; capisco veramente che è brutto veder certe cose sotto la propria finestra, o di prima mattina quando si scende per andare a lavorare. Mi sembra dover di buon cittadino quello di denunciare disagi e mancanze all’Amministrazione (e quindi ben vengano i comitati) e dover di buona Amministrazione ascoltare e risolvere i disagi dei cittadini.

Contemporaneamente mi sembra anche tragicomico fotografar di sgamo, dalle persiane, un muratore che lava un attrezzo di lavoro in una fontanella pubblica (visto veramente), oppure tre persone sedute a parlare sullo scalino di un monumento non recintato (visto veramente), oppure bambini che corrono dietro ad un pallone in una piazza della città (visto veramente): tutto questo non per amor della foto artistica, ma con la volontà di repressione.

Ci auguriamo “zone a tolleranza zero”, controlli permanenti, sanzioni per chi fa rumore, sanzioni per chi supera un limite di decibel con un impianto audio, apertura o pedonalizzazione del centro (entrambe le fazioni, senza via di mezzo), divieto di sostar seduti nelle piazze e nei monumenti che lo permettono, divieto assoluto anche ai bambini di giocar per strada (che sia a pallone o a pallavolo credo sia uguale). Contemporaneamente però polemizziamo perché il centro storico sembra esser sul punto di desertificarsi, gridando aiuto perché può esser troppo tardi. Capiamo che siamo un tantino in contraddizione?

Nessuno, ad esempio, che chieda dei cassonetti in più (o diversi) per evitar che qualche sudicione abbandoni il suo sacco in un vicolo? Nessuno che chieda qualche cestino della spazzatura in più per evitar sporco lasciato per terra? Forse non servirebbe a nulla, certo…ma è sempre più “pacifico” che augurarsi con gioia la sanzione o la soppressione di una cosa piacevole per un altro essere vivente nostro concittadino, no? Godere per un danno altrui mi sembra un tantino sadico.

La Foto è di Sabina Broetto. Le sanzioni saranno anche contro i palloncini?

Quando ero piccolino io, si giocava a pallone in un campetto di terra battuta che si trovava nel giardino comune di quattro palazzoni di case popolari. In quel giardino, il pomeriggio, sedevano tutte le anziane abitanti di quei palazzi, e i loro mariti lì vicino a discuter ognuno del suo (si trattava negli anni d’oro di una cinquantina di pensionati, tipo). Io che — come già detto — non brillavo certo in talento calcistico ma ero il numero uno per prendere per il culo e fare lo stronzo, azzeccavo la direzione dei miei tiri solo quando li scoccavo consapevolmente per colpirli. Quegli anziani signori — di contro — ogni estate progressivamente si avvicinavano sempre di più alla zona di gioco per farsi colpire anche occasionalmente.

Ne son venuti fuori anni e anni di urla, polemiche, un par di svenimenti, qualcuno che minacciava di chiamar i carabinieri….io una volta ho preso anche una labbrata da un figlio (scoglionato di certo, visto che avrò avuto 10 anni) di una signora che manco avevo mai sfiorato con la mia palla….

Insomma…da che mondo è mondo, dietro ai bambini che rincorrono un pallone, credo che di polemiche se ne sia viste e sentite ovunque. Forse anche verso Maradona quando palleggiava in qualche villaggio satellite di Buenos Aires.

Non lo so, ma minacciar sanzioni verso chi gioca mi sembra brutto. D’accordo che viviamo in un epoca dove tutto è pericoloso e quindi tutto è da controllare, ma una volta, quando si eccedeva in stronzaggine, finiva in una maniera più democratica:

Arrivava un vecchio.

Prendeva il pallone in mano.

Gridava : “o fate più piano o ve lo buco, Dio Bono!” .

(In realtà bestemmiava)

E dopo ciò o si smetteva, o ce lo bucava. Il Pallone.

E tutti a casa.

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