UN COLTELLO AL POSTO DELLA MANO: DAL VENETO ECCO IL “CAPITAN UNCINO” LONGOBARDO [#FOTO]

Elena Percivaldi
StorieeArcheostorie
3 min readApr 15, 2018

VERONA — [E.P.] Aveva un’età compresa, al momento del decesso, tra i 40 e i 50 anni e un coltello a mo’ di protesi al posto dell’avambraccio destro, proprio come una specie di “Capitan Uncino”: l’uomo, sepolto nella vasta necropoli (164 tombe) di Povegliano Veronese (VI e l’VIII secolo d.C.) era già ben nota ai cultori in quanto scavata in due campagne tra il 1985–86 e il 1992–93.

Ma ora un’èquipe di ricercatori delle Università La Sapienza di Roma e Cattolica di Milano, insieme ai loro colleghi della Scuola di Paleoantropologia di Perugia e del Policlinico Umberto I, ha pubblicato sul “Journal of Anthropological Sciences” (Vol. 96–2018) un dettagliato studio che esamina lo scheletro dell’uomo, trovato con un coltello posizionato in orizzontale all’altezza del bacino, mentre di solito armi di questo tipo sono dislocate in verticale e sul fianco del cadavere. La tesi degli studiosi è che si trattasse di una protesi. In linea con il coltello si trovava infatti ciò che restava del braccio destro, amputato con un incisione netta — ben cicatrizzata e senza tracce di infezioni, segno che la medicazione dopo il trauma era stata realizzata in maniera molto accurata -, piegato a 90° tanto che il coltello ne sembra costituire la “naturale” prosecuzione.

La sepoltura: le frecce indicano la posizione del braccio e del coltello (da JAS, 96–2018, p. 4).

I particolari delle ossa del braccio con i segni dell’amputazione (da JAS, 96–2018, p. 5).

Le ossa conservavano inoltre ancora tracce organiche di pelle e cuoio che molto probabilmente facevano parte del sistema con cui la protesi era fissata all’avambraccio. Ad avvalorare ulteriormente la tesi dei ricercatori c’è anche l’esame dei denti dello scheletro, che presentavano segni notevolissimi di usura soprattutto nella parte destra: lesioni compatibili, secondo gli studiosi, con l’impiego della dentatura per stringere e tirare le stringhe di cuoio che tenevano legata la protesi. L’uomo, evidentemente, se la legava egli stesso al braccio, aiutandosi con la mano sinistra.

I segni di usura dei denti ( da JAS, 96–2018, p. 9).

Le cause dell’amputazione non sono note: l’uomo potrebbe essersela procurata durante un combattimento, oppure gli potrebbe essere stata inflitta come pena a seguito di qualche delitto — l’Editto di Rotari (643) prevedeva ad esempio l’amputazione della mano per i falsari -, o ancora, potrebbe esser il risultato di un intervento chirurgico.
Alcuni dei ritrovamenti di Povegliano Veronese (a cominciare dalla fossa contenente un cavallo decapitato e due cani integri, di recente esposta anche alla mostra di Pavia e Napoli “Longobardi. Un popolo che cambia la storia”) sono già stati pubblicati e sono ben noti agli studiosi. Ora arriva questo studio a fornire nuovi e interessanti dettagli sulla storia della comunità longobarda che abitava la zona quasi un millennio e mezzo fa.

Elena Percivaldi

Fonte: Ileana Micarelli, Robert Paine, Caterina Giostra, Mary Anne Tafuri,
Antonio Profico, Marco Boggioni, Fabio Di Vincenzo, Danilo Massani,
Andrea Papini & Giorgio Manzi, Survival to amputation in pre-antibiotic era: a case study from a Longobard necropolis (6th-8th centuries AD), in “Journal of Anthropological Sciences”, Vol. 96 (2018), pp. 1–16.

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