Teorie economiche e realtà

8 Luglio 2014

João Francisco AM
Strettamente Personale
4 min readJul 8, 2014

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Le teste d’uovo dell’economia, quando s’innamorano di una teoria, specialmente se vi hanno dato un contributo di sviluppo, non vedono altro che quella, e si abbandonano a voli pindarici sulle virtù magnifiche e progressive di essa. Per non parlare dei loro epigoni da Twitter, le teste di cazzo, tanto per distinguerli dai primi. Ora è per la teoria della Moneta Sovrana, come un poco di tempo addietro quella del Libero Mercato.

A proposito di quest’ultimo, ho scoperto in Santarém, Pará, un esempio che contraddice clamorosamente le virtù salvifiche del mercato, che vorrei raccontare ai miei due lettori. Non che la cosa turbi i teorici. Se la realtà contraddice la teoria, le teste d’uovo dicono: — Tanto peggio per la realtà.
L’esempio è tratto dal mercato dei tabacchi.

Tutti noi italiani conosciamo le tabaccherie, un classico esempio di mercato monopolistico. I prodotti da fumo sono distribuiti dal Monopolio di Stato alle rivendite, il cui titolare deve ottenere una licenza di distribuzione (e per questo non può candidarsi nemmeno a sindaco o consigliere comunale, mentre il Berlüsca, titolare di ben altra privativa, ha potuto candidarsi a parlamentare e a governare l’Italia; ma transeat).
Vediamone gli effetti tipici.

Intanto in una cittadina di 50-60 mila abitanti in quasi tutte le strade principali, uno vede da lontano una tabaccheria, contraddistinta dalla sua bella T. Entra e, oltre alle macchine del videopoker, il posto dove si può giocare al superenalotto, comprare il gratta-e-vinci, ricaricare il cellulare, ecc…, vede uno scaffale dove si vendono sigarette di ogni marca e tipologia della marca, ampia scelta.
Altra caratteristica di questo mercato monopolistico è l’assenza di concorrenza: dalla tabaccheria in una via centralissima di Milano o Roma alla tabaccheria di Fracazzo da Velletri lo stesso pacchetto di sigarette costa lo stesso prezzo, più certo del diritto, che se hai soldi e un Ghedini, diventa come una troiona della Barlassina.
Non in tutte, ma in molte, oltre alle sigarette, il cliente trova tabacchi da pipa e una buona scelta di sigari.

In Brasile niente di tutto questo. Il mercato dei tabacchi è libero, soggetto all’unica regola che ogni pacchetto di sigarette deve pagare allo Stato un balzello, certificato da un bollo appiccicato esternamente, e che non può essere venduto ai minori di 18 anni. L’ultima clausola è interpretata cum grano salis e un occhio alla cassa.
Qualsiasi marca di sigarette, nazionali o estere (Marlboro, Dunhill, Luky Strike le principali) è libera di organizzare la sua catena di distribuzione all’ingrosso o utilizzare una rete indipendente che lo faccia per conto di una o più imprese. Ogni supermercato, bar, bottega, negozio, dall’alimentazione al vestiario, dai prodotti per il bricolage ai concessionari di auto, può vendere liberamente tabacchi come attività principale o collaterale. Diciamo che questo è un libero mercato, oserei perfino dire un libero puttanaio.

Quindi, secondo i teorici, che una volta imperversavano, si dispiegano le virtù magnifiche e progressive della teoria, che non si poteva assolutamente contraddire, salvo prendersi del coglione incompetente, proprio come ora per quella stronzata della Moneta Sovrana (che comincia ad essere in ribasso tra i teorici veri, ma già un poco in ribasso anche tra gli arrogantelli da Twitter.
Beh, andiamo a vederli, questi effetti mirabolanti. E permettetemi prima di elencarli, dando dopo la spiegazione che ho cercato sul campo.

  1. Un effetto minore, ma importante nelle spiegazioni successive, è che, potendo qualsiasi punto vendita distribuire tabacchi, non c’è alcun cartello che lo segnali; non resta che affidarsi all’esperienza della città e all’esplorazione nei quartieri sconosciuti.
  2. Quando trovi un punto che venda sigarette, invece dell’ampia scelta italiana, trovi due o tre tipi, prendere o lasciare. Nei bairros poveri solo sigarette scadenti, in quelli ricchi solo quelle care, nelle situazioni intermedie dipende dall’esercizio commerciale.
  3. I prezzi sono aleatori, per lo stesso pacchetto puoi trovare anche un prezzo maggiorato di un real; se non ti va, cercati un altro punto vendita, specie se non ne hai più e non conosci la zona.
  4. Tabacco da pipa, sigari? Non mi faccia ridere, per favore.
    In Santarém, una città di quasi 300 mila abitanti, finora ho trovato una scelta limitatissima di queste cose solo nella boutique del supermercato C.R. Turriano: i fumatori di passaggio di pipa o sigari prendano nota.
  5. I punti vendita, anzichè essere numerosi in questo libero mercato, sono pochi e tendono a diminuire. Chi continua, spesso riduce la selezione offerta e ti tocca riesplorare la zona.

Insomma, gli effetti mirabolanti promessi dalla teoria, non sembrano per niente tali. Vediamone le possibili spiegazioni, che ho cercato sul campo della realtà, come già detto.

  1. Chiaro che se la rete di distribuzione all’ingrosso è di una sola marca, questa distribuirà solo le proprie sigarette; ma anche se è indipendente, lavorerà al massimo per due o tre marchi, mica può caricarsi delle grandi confezioni di stecche di molte marche. Le sigarette, quando invecchiano, prendono un cattivo sapore di incenso o muffa, puoi solo sbatterle via, con perdita di denaro.
  2. Per questa ragione, chi va a rifornire i singoli punti vendita, dovendo anticipare il costo dei prodotti rilevati, tratta solo i pochi tipi che è sicuro di vendere nella settimana di visite, e nelle quantità limitate.
    Stesso ragionamento fa il venditore al dettaglio.
  3. Se un venditore al dettaglio sa che attorno a lui nessuno vende sigarette, o quelle del tipo che lui vende, può giocare al rialzo sul prezzo, un monopolio non glielo vieta.
  4. Uno che vende sigarette come attività collaterale, si accorge presto che ha meno possibilità di trattare il prezzo e le condizioni di pagamento con chi rappresenta la Marlboro, la Dunhill, ecc… che con l’ortolano che gli dà verdura e frutta, o chi fornisce cibi confezionati, vestiti, generi da bar. Si accorge che per il commercio dei tabacchi immobilizza settimanalmente a suo rischio importi maggiori dei prodotti che, in fondo, gli danno maggiori guadagni.
    Così o riduce l’attività al minimo, solo per favorire i suoi clienti abituali, o si tira fuori del tutto: — Chi me lo fa fare? — dice.

Questo succede nella realtà, a differenza delle teorie degli economisti. Perché la gente guarda nelle sue tasche, non nelle belle teorie miracolistiche dei premi Nobel.

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João Francisco AM
Strettamente Personale

um homem como muitos, nada de especial, namorado do Brasil, o meu sonho e meta. Em Manaus e Santarém, espero por sempre. Me perguntem vocês se estou feliz!