L’Inchiesta “Edilizia Universitaria”. Un ambiente di confronto aperto e multidisciplinare
Nell’ultimo anno la rivista online “Il Giornale dell’Architettura” ha avviato un’Inchiesta dedicata al tema dell’Edilizia Universitaria, curata dai proff. Oscar Eugenio Bellini e Matteo Gambaro del Politecnico di Milano (Dipartimento ABC) e coordinata da me come membro del gruppo di lavoro.
Così recita il paragrafo introduttivo dell’inchiesta:
Si tratta di un ambito di approfondimento sulle competenze e abilità legate alla programmazione, progettazione, produzione e gestione delle residenze per studenti, con particolare riferimento allo stato dell’arte delle realizzazioni recenti, nel contesto italiano e internazionale, al mutare dei quadri esigenziali e delle politiche di rigenerazione urbana.
(da “Il Giornale dell’Architettura”)
In questi ultimi mesi, caratterizzati da grandi sconvolgimenti, l’inchiesta ha dato vita a un dialogo a più voci, facendo emergere dei focus relativi all’evoluzione degli aspetti architettonici, sociali e educativi che interessano questa forma di residenzialità.
Un primo approfondimento ha riguardato la relazione tra lo student housing e la diffusione del COVID-19. Così come è successo per altri contesti dell’abitare collettivo — si pensi per esempio alle residenze per anziani o alle prigioni — l’emergenza sanitaria si è manifestata con particolare intensità all’interno delle residenze per studenti, mettendo alla prova l’adattabilità e la capacità di resilienza di molte strutture. Tale situazione ha costretto gli studenti a prendere decisioni improvvise, aumentando il loro disagio psicologico nell’affrontare la pandemia lontano da casa. E riflettendosi di conseguenza sull’impegno economico delle famiglie di origine, spesso costrette a sostenere costi extra e spese impreviste.
Ciò ha di fatto trasformato lo student housing da opportunità in elemento critico, incapace di fornire un supporto sociale alla gestione dell’emergenza, rendendo i propri utenti potenziali artefici del contagio, anziché possibili assistenti. Uno studio condotto da Erasmus Student Network, attraverso il coinvolgimento di circa 22.000 studenti, ha messo in luce alcuni fattori critici emersi in questo periodo, prospettando 10 “linee guida” che potrebbero facilitare la gestione delle problematiche future. Le indicazioni insistono sulla necessità di un migliore coordinamento tra gli organismi responsabili (autorità nazionali, università, associazioni studentesche, enti di controllo) e su un maggiore coinvolgimento delle università nel percorso educativo dei giovani, non più limitato alle attività didattiche e di ricerca.
Sulla base di queste indicazioni sarebbe importante ridefinire anche l’approccio progettuale al tema dell’abitare da studenti, mettendo a fuoco la forte relazione che intercorre tra le forme assunte dall’organizzazione dello spazio e la qualità degli scambi, degli incontri, dei meccanismi di socializzazione informale innescati da rinnovati bisogni generazionali. Come dimostrano diversi esempi internazionali, si tratta di una prospettiva che deve essere sostenuta da una ridefinizione del rapporto tra la fase di programmazione, quella di progetto e quella di realizzazione delle residenze, anche in vista dei modelli gestionali adottati.
I percorsi presentati nell’inchiesta, e la mappatura specifica di casi studio, rendono conto di tale evoluzione, in riferimento ai più significativi interventi nel panorama nazionale e internazionale. Non si tratta di perseguire soltanto una finalità — pur necessaria — di aggiornamento, quanto di favorire un adeguamento dell’orizzonte interpretativo dello student housing, alla luce dell’inevitabile cambiamento qualitativo del fenomeno.
La relazione tra residenza studentesca e tessuto cittadino rappresenta un altro nodo di indagine all’interno dell’inchiesta. L’obiettivo è quello di avvicinare il concetto di residenza studentesca a quello più aperto e inclusivo di community hub: un luogo dove mettere a contatto il pubblico universitario con gli abitanti del quartiere, fornendo servizi utili per la cittadinanza, capaci di svolgere una funzione di educazione civica e di supporto al processo di rigenerazione urbana.
Si tratta di un fattore su cui si stanno confrontando anche diverse università italiane, come dimostrano per esempio i casi milanesi del Politecnico di Milano e dell’Università Bocconi, artefici di modelli tra loro opposti. Il primo si basa infatti sulla finalità di esplorare le potenzialità derivate dalla continuità tra le residenze studentesche e il contesto urbano, anche in ambiti distanti dalle tradizionali strutture didattiche, in una più estesa concezione del rapporto università/città. La seconda tenta invece di estendere il significato del campus anglosassone, a partire da una logica di prossimità tra abitazione, studio e ricerca.
La continuità tra i luoghi dedicati agli studenti e il contesto urbano si può interpretare a livello fruitivo-spaziale, ma anche in un orizzonte abitativo-sociale. Diverse sperimentazioni confermano infatti le opportunità che derivano dalla continuità tra specifiche utenze “deboli”, come per esempio quella tra studenti e anziani. I differenti percorsi di vita degli utenti rendono possibile la costruzione di processi quasi spontanei di mutuo sostegno, dovuti a un diverso aggiornamento tecnologico, conoscenza di lingue straniere, livello di istruzione, radicamento civico, conoscenza delle abitudini locali. Tale scenario è stato compreso e sostenuto anche a livello istituzionale, come dimostrano alcuni progetti del Comune di Milano, quale la costituzione dell’“Agenzia per i servizi agli studenti universitari” e il programma “Prendi in casa uno studente”.
L’inchiesta rappresenta, in definitiva, un ambiente aperto e multidisciplinare in cui maturare delle riflessioni su uno dei “temi caldi” del dibattito architettonico e urbanistico contemporaneo, con delle importanti ricadute sociologiche e culturali. L’interlocuzione avviata in queste pagine tra soggetti istituzionali, investitori, progettisti, docenti universitari, rappresenta una ricchezza, per favorire degli scambi comuni in vista di una migliore comprensione della natura articolata del fenomeno.