STUDENTS: THOSE ANIMALS!

Martino Mocchi
Student Housing
Published in
9 min readDec 14, 2020

Il presente articolo rappresenta una versione rivisitata e ridotta di un contributo pubblicato da Oscar Eugenio Bellini e Martino Mocchi:

O.E. Bellini, M. Mocchi (2016), “Students: those animals! The issue of the ‘users’ in the student housing design”, in R. Del Nord, A. Baratta, C. Piferi (a cura di), Residenze e servizi per studenti universitari, TESIS, Firenze, pp. 285–296, ISBN 9788894151824.

La funzione delle residenze universitarie nella valorizzazione del capitale umano e sociale

I più recenti studi in campo sociologico ed economico condividono l’interesse per quelli che sono stati definiti il “capitale umano” e il “capitale sociale” di una nazione, considerati elementi centrali per la crescita complessiva della società. L’importanza di tali forme di capitale si sta estendendo oltre gli orizzonti disciplinari che li hanno originati, animando un dibattito volto alla comprensione qualitativa di termini quali quello di “sviluppo” e di “progresso”, al di fuori di logiche meramente quantitative e legate ai soli fattori economici e produttivi.

Tra le molte conseguenze implicate, vi è l’importanza di un adeguato sistema formativo — a tutti i livelli — che dovrebbe diventare un investimento prioritario per la comunità, in grado di produrre dei vantaggi sia per il singolo individuo, sotto forma di benefici economici e professionali, sia per la collettività, in termini di crescita della sensibilità civica dei cittadini. Definizioni diffuse, a livello internazionale, quali quelle di learning city, learning town, learning community, learning region, lifelong learning permettono di comprendere la portata del processo, che si fonda sull’importanza di creare “città luoghi di apprendimento”, caratterizzati dalla capacità di produrre e attrarre intelligenze, migliorando il proprio avvenire attraverso la conoscenza e l’innovazione.

In questa sfida per l’implementazione del capitale umano e sociale i sistemi educativi, formativi e di ricerca stanno riposizionando la loro mission: l’obiettivo non è più solo quello di rafforzare il valore economico delle conoscenze e delle competenze, ma di rinsaldare nel complesso le capacità di relazione, partecipazione e integrazione fra soggetti diversi. In una concezione in cui il processo di educazione non è la conseguenza dell’operare delle sole strutture dedicate alla formazione, ma anche dell’impegno sociale dei cittadini, della partecipazione politica e culturale, della diffusione dell’associazionismo, dell’impegno no profit e il terzo settore ecc.

Nella prospettiva di un allargamento del processo formativo dovrebbe essere ricollocata la posizione delle residenze universitarie, che costituiscono un ambito di particolare interesse vista la capacità di favorire dei percorsi educativi basati sull’attivazione di forme di socializzazione, di condivisione, di emancipazione dalla famiglia e su un senso di responsabilità, di scambio e di confronto tra individui coetanei, spesso provenienti da culture e tradizioni diverse, anche nella prospettiva di riportare i giovani al centro della scena pubblica.

Nel proporre uno stile di vita “altro” rispetto a quella della famiglia, basato sull’accettazione e il rispetto di norme, regole, orari e scadenze, l’abitare l’università concorre a sviluppare le componenti sociali e civiche, rafforzando la “densità morale” degli individui. Se da un lato l’acquisizione delle conoscenze e il successo negli studi universitari non sono ipso facto garanzia dello sviluppo armonico della personalità dello studente, è dall’altro innegabile che ciò rappresenti un forte contributo in vista della crescita del capitale sociale collettivo dell’intera comunità

La residenza universitaria si fa in questo senso espressione privilegiata della simmeliana nozione di “educazione in quanto vita”, ossia di un modello che considera le relazioni interpersonali e il contesto relazionale un ambito capace di promuovere e moltiplicare le facoltà e le abilità dell’individuo, un punto di unione ideale tra gli ambiti economici, umani, culturali e sociali.

Open Kitchen at Orchard Commons, Vancouver, Canada © Photo by Sean Lee on Unsplash

Il ruolo dell’utenza nella progettazione della residenza universitaria

La conclusione di questa riflessione porta a interrogarsi sull’utilità delle politiche attuate negli ultimi anni nel nostro Paese, che hanno prodotto un aumento tout court degli accessi all’Università — secondo una logica piuttosto generica per cui “università uguale qualità della formazione” — in assenza di specifiche riflessioni sulla necessità di investire in modo mirato in meccanismi e strutture in grado di produrre un più alto livello di educazione sociale e collettiva. Meccanismi e strutture all’interno delle quali rientrano a tutti gli effetti le residenze universitarie, che potranno giocare un ruolo strategico, rappresentando un indicatore capace di segnare il passaggio dal mero dato quantitativo a un’interpretazione più qualitativa della formazione. Una scommessa che potrà essere vinta soltanto a seguito di una reinterpretazione generale del ruolo e della funzione di queste strutture, anche a partire dai loro assetti morfo-tecno-tipologici [Bellini, 2016], che oggi sono interessate a livello internazionale da ampi processi di trasformazione dell’offerta funzionale e organizzativa, in vista della crescente complessità e dell’ampliamento del bacino di utenza.

Quella che sul piano funzionale continua a essere considerata semplicemente come una struttura per l’ospitalità temporanea degli studenti fuori sede, tende sempre più frequentemente a identificarsi con un servizio di utilità pubblica che supera la sola funzione ricettiva diventando un fondamentale elemento di supporto sia per la didattica e la ricerca accademica, sia per le attività culturali e ricreative collettive. In ambito universitario, i benefici prodotti dalle residenze universitarie non ricadono semplicemente sui loro ospiti, ma sono sempre più spesso a vantaggio anche di dottorandi, borsisti, assegnisti di ricerca, corsisti di master, partecipanti a programmi di mobilità e scambi internazionali. Il che comporta evidentemente la creazione di forme di integrazione e di interazione tra queste figure, determinando dei vantaggi complessivi sul piano della ricerca e della formazione.

Tale ruolo appare sempre più esteso anche al di fuori dell’ambito accademico: vista la temporaneità della richiesta studentesca, vincolata all’organizzazione dei calendari didattici che prevedono fasi di ferie o di sospensione delle attività, i modelli di gestione tendono a contemplare sempre più spesso la possibilità di sfruttare questi periodi per favorire l’accoglienza di un pubblico esterno, legato a forme di turismo low-cost, per esempio, in grado di rendere il bilancio economico più efficiente e redditizio, essendo distribuito secondo un principio di continuità e su un arco temporale più ampio. I temi introdotti rappresentano un elemento prioritario soprattutto in vista della meta progettazione di nuove strutture: la conoscenza delle specifiche esigenze e necessità dell’utente costituisce infatti un riferimento imprescindibile, al di fuori del quale non è possibile realizzare spazi effettivamente funzionali e accettati dall’utenza.

Una riflessione più specifica sul tipo di utenza che frequenta la residenza universitaria rivelerebbe al contrario un variegato spettro di utenti, i cui caratteri sono resi peculiari dall’età, dalla condizione di precarietà dovuta al fatto di abitare fuori casa, dalla formazione culturale, dalle condizioni economiche. A questi aspetti si aggiungono quelli derivanti dall’instabilità caratteriale ed emotiva del soggetto, che viene aumentata dalla dimensione del vivere in gruppo come importante fattore di crescita e di maturazione individuale.

Lo scarto interpretativo fondamentale consiste nel considerare questa forma di residenzialità non più solo come funzionale a un momento precario e transitorio nella vita dello studente, ma come un tassello essenziale di un percorso volto a formare l’identità di un individuo, adulto e cittadino.

Quegli “animali” degli studenti: sei profili di utenti

Foto di Andrea Piacquadio da Pexels

Di fronte allo scenario descritto, l’atteggiamento dominante continua a essere supportato dal riferimento a una normativa piuttosto generica, che si limita a individuare degli standard dimensionali minimi da rispettare, con poca attenzione per l’interpretazione qualitativa delle esigenze dei soggetti coinvolti. Si tratta di una tendenza che accomuna il nostro paese a molti altri ambiti internazionali, producendo delle conseguenze doppiamente negative: sia per il fatto che rischia di favorire la realizzazione di spazi non funzionali all’utenza, sia perché vincola la ricerca progettuale a delle misure che, partendo da altre ipotesi, potrebbero in alcuni casi favorire una ulteriore contrazione dei costi di realizzazione e di un arricchimento delle soluzioni progettuali.

Uno studio svolto da un’equipe di sociologi francesi (Moreau, Pequer, Droniou), commissionato dal PUCA — Plan Urbanisme Construction Architecture nel 2009, rappresenta all’interno di questo scenario un caso di particolare interesse, che mostra come sia possibile approfondire in modo adeguato il tema dell’utenza nella residenza universitaria, producendo delle ricadute ampie sia in vista di una migliore definizione dei modelli educativi e formativi, sia nelle pratiche di gestione delle strutture, sia nell’individuazione di soluzioni progettuali.

La riflessione si sviluppa a partire da un’indagine delle categorie sociologiche che interessano la condizione dello studente, tra cui per esempio il concetto di “giovinezza”, che gli stili di vita e le abitudini contemporanee rendono sempre più eterogeneo e difficilmente riconducibile a una fascia precisa di età. Il modello occidentale tende a dilatare le tradizionali tappe della maturazione dell’individuo, a differenza di quello che succede in altri ambienti culturali. Questa analisi dimostra quindi in modo evidente la difficoltà di continuare a interpretare le categorie e i bisogni dell’utenza sulla base degli indicatori tradizionali, quali appunto in primis quello dell’età.

L’esito più originale del lavoro, raggiunto attraverso una raccolta di interviste e di osservazioni sul campo, consiste nell’individuazione di sei tassonomie che rappresentano specifici profili di utenti, che con grande efficacia comunicativa vengono paragonati a sei animali, caratterizzati da precise abitudini e attitudini comportamentali. Tale varietà di profili individuali si accentua se si considera la variabile tempo, per cui lo stesso soggetto può passare, durante la permanenza all’interno della residenza universitaria, attraverso differenti fasi-profilo. La durata del corso non può essere considerata un elemento secondario, proprio a causa dell’alternanza dei periodi che caratterizzano la maturazione dello studente. Il terzo anno, per esempio, rappresenta una soglia decisiva, in cui spesso avviene un cambiamento delle abitudini comportamentali, e in cui prende forma chiaramente la costruzione di un percorso indipendente e autonomo.

Naturalmente l’esigenza di formalizzare dei profili “statici” di utenti non vuole sostituire la consapevolezza del carattere per antonomasia temporaneo e dinamico del pubblico dello student housing, caratterizzato da un costante ricambio sociale, culturale ed etnico, che produce l’evolversi costante dei modelli esigenziali di riferimento, fortemente influenzati dal rinnovamento delle pratiche comportamentali, individuali o di gruppo, ridefinite secondo l’evoluzione delle convenzioni sociali e culturali dei giovani. L’individuazione dello studente-tipo si accompagna quindi al riconoscimento della necessità di un approccio flessibile al tema della residenza universitaria, che deve essere garantita a livello gestionale.

Le indicazioni che emergono dallo studio rappresentano quindi degli spunti di interesse per il progettista, dal momento che possono dare un grande impulso alla ricerca e all’innovazione morfo-tecno-tipologica. Per comprendere il legame che si potrebbe instaurare tra le conclusioni della ricerca sociologica e gli aspetti di natura più architettonica-progettuale, si riportano le specificità di questi sei profili di utenza, come esempio di un approccio che dovrebbe diventare al più presto un riferimento per la ricerca anche nel nostro paese.

1. Lo studente-marmotta
Lo studente-marmotta necessita di alloggi temporanei e di spazi contenuti. La sua permanenza nello studentato è limitata nel tempo e intenzionalmente temporanea. Non appena possibile (week-end, ponti festivi, vacanze, ecc.) egli cerca di tornare a casa, ricongiungendosi alla famiglia. Egli vive la condizione residenziale “da lunedì a venerdì”, senza cercare legami affettivi e identitari con la nuova realtà abitativa. Una volta concluso il ciclo di studi lascia l’alloggio senza rimpianti e nostalgia. Le aspettative nei confronti della nuova condizione sono prevalentemente funzionali: per lui il nuovo alloggio è essenzialmente una “tana”, un “riparo” verso l’esterno.

2. Lo studente-passero
Lo studente-passero investe molto, in termini affettivi, nell’alloggio, che vuole il più possibile completo e personalizzato, essendo vissuto come una fonte di continua scoperta, di apprendimento e d’ispirazione. Si tratta di un utente che mira a lasciarsi coinvolgere dalla nuova dimensione abitativa, impegnandosi con assiduità nella costruzione di una “base” accogliente e sicura, un “nido” che sia in grado di rinnovarsi nel tempo.

3. Lo studente-scoiattolo
Per lo studente scoiattolo l’alloggio rientra in una strategia di vita di più ampio respiro e di più lungo termine, che generalmente lo porta a scegliere l’ospitalità universitaria per ragioni prevalentemente economiche. Per questo motivo la richiesta principale si orienta verso formule abitative il più possibile low-cost, aspetto che può condizionare la carriera formativa.

4. Lo studente-albatros
Lo studente-albatros trova difficoltà a stabilirsi in modo definitivo e continuativo in un luogo, al punto che, nei casi più estremi, rasenta forme di nomadismo urbano. Come l’animale che lo connota, lo studente è costantemente in movimento, adattandosi solo parzialmente alle forme di ospitalità e all’offerta della comunità studentesca. Risiedere temporaneamente in una residenza universitaria rappresenta una forma di sradicamento sociale, che lo porta a vivere questa condizione con risentimento.

5. Lo studente-gatto
Lo studente-gatto è un utente caratterizzato da una logica comportamentale che oscilla tra sintesi e compromesso: seppur cosciente della necessità di raggiungere risultati in termini di profitto universitario velocemente, non trascura il tempo libero, la vita sociale e il divertimento. Si tratta di un soggetto sensibile alle opportunità e ai piaceri della vita, che conosce i suoi obiettivi accettando l’idea che ci sia più di un modo per raggiungerli.

6. Lo studente-cicala
Lo studente-cicala possiede una naturale propensione per gli ambienti giocosi e privi di vincoli e limitazioni. Sostenitore delle pratiche mondane e ricreative, ama soluzioni in prossimità dei centri abitati, che gli permettano di accedere comodamente ai luoghi del divertimento e dello svago. La sua filosofia di vita è riassumibile nel motto carpe diem: la priorità esistenziale è godere del presente senza preoccuparsi per il domani, riducendo al minimo lo stress fisico ed emotivo che può derivare dalle relazioni con gli altri.

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