di Alessio Chiodi

Rafael Edward Cruz, detto Ted, sarà l’uomo del disgelo tra Washington e l’Havana? Proprio come Obama è stato il primo presidente di colore, così Cruz potrebbe diventare il primo inquilino della Casa Bianca di origine cubana. Il condizionale è d’obbligo. Nato in Canada, a Calgary, il 22 dicembre 1970 da padre cubano e madre italo-irlandese, Ted Cruz si è poi spostato a Houston studiando poi a Princeton e Harvard e avviando così la carriera di avvocato. Nel 1996, a 26 anni, è stato assistente del capo della Corte Suprema, per poi consigliare George W. Bush tre anni dopo nella sua campagna elettorale. Tra il 2003 e il 2008 è diventato Procuratore generale del Texas per poi esserne eletto Governatore nel 2013. È stato il primo a buttarsi nell’agone politico per sedersi nello studio ovale. 11 mesi di campagna elettorale. Accanito conservatore, Cruz ha dimostrato di avere le carte in regola per aspirare alla poltrona di presidente e di essere il leader dei repubblicani, anche se nell’ambiente c’è chi lo considera troppo estremista. Eppure ha saputo coinvolgere gli elettori e portarli dalla sua parte, uscendo vincitore dalle urne dell’Iowa a discapito di Trump e Rubio. L’estate scorsa l’ispano-americano è partito nei sondaggi nazionali da un 4,8% per poi risalire lentamente la china fino a febbraio 2016. Qui qualcosa è cambiato, complice forse la vittoria inaspettata in Iowa. Ha raggiunto il suo picco proprio in questo mese superando la soglia del 20%, agguantando, per un breve momento, il secondo posto nelle preferenze del Paese. Purtroppo per lui, però, i sondaggi non sono clementi. Stando ai calcoli di Betfair, PredictIt, Hypermind, HuffPost Pollster e OddsChecker Cruz è destinato a terminare questa campagna con un misero 1%.

Ted Cruz è un repubblicano tutto d’un pezzo. Fortemente antiabortista, antiambientalista, contrario ai matrimoni omosessuali, al controllo del mercato delle armi, all’aumento delle tasse e all’immigrazione clandestina. Inoltre il suo programma prevede l’abolizione del Fisco federale e dei ministeri dell’Istruzione, del Commercio e dell’Energia. In politica estera è decisamente isolazionista anche se ha più volte dichiarato di voler «bombardare a tappeto» l’Isis. Il suo bacino di voti prediletto è in seno ai Tea Party e in generale al movimento evangelico radicale. Da qui trae la sua forza e la sua inossidabile resistenza sulle questioni sociali, mantenendo «sempre, su qualsiasi tema, la posizione più conservatrice possibile», ha scritto Chris Cillizza del Washington Post. In più di una occasione ha attaccato il suo stesso partito, considerandolo debole e rammollito e interessato solo ad andare a caccia di voti. Nonostante non sia particolarmente apprezzato nell’establishment di Washington per il suo carattere spigoloso, molti finanziatori ed esponenti del partito hanno deciso di appoggiarlo, spaventati, soprattutto, dall’onda d’urto di Donald Trump. A fine gennaio Cruz ha incamerato più di 100 milioni di dollari dai vari comitati a lui affiliati. La maggior parte delle donazioni sono arrivate dal Texas. «La prossima sarà una elezione delle “basi” — ha detto al New York Times Carla Sand che negli anni ha donato migliaia di dollari a candidati “moderati” — abbiamo bisogno di un candidato che ispiri ed ecciti la base, e che la spinga a venire a votare». Cruz, in sostanza, deve riuscire a fare quello che Mitt Romney nel 2012 non è riuscito a fare, a portare a votare la base repubblicana. Ted Cruz ha un’ottima dialettica, una grande capacità comunicativa, per certi versi simile a quella di Trump. Il suo video in cui mangia una fetta di bacon “riscaldata” sulla canna di un fucile mentre spara al poligono di tiro ha fatto il giro del mondo.

Come Trump ha il vantaggio che durante le primarie sono gli elettori repubblicani più arrabbiati e indignati a votare, ma potrebbe avere difficoltà nel raccogliere le simpatie di chi repubblicano non è durante “la corsa a due” con i democratici. Ma Cruz ha una spada di Damocle che pende sulla sua testa. Un nervo scoperto che i suoi avversari hanno più volte solleticato: la sua presunta ineleggibilità. Egli è figlio di immigrati cubani ed è nato in Canada. Tecnicamente uno straniero. Ma la Costituzione prevede che si possa candidare chiunque abbia la cittadinanza americana e Cruz, questo diritto, lo ha acquisito da suo padre, in quanto naturalizzato. «I repubblicani si devono chiedere se vogliono un candidato che potrebbe rimanere bloccato in una sfida legale per due anni», ha detto Trump in un’intervista al Washington Post continuando gli affondi.

La questione è aperta, ma è difficile pensare che Ted Cruz possa abdicare in caso di sua vittoria alle primarie.

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