La scelta vegana: tra rischi e benefici

Elena Niccolai
takevitamina

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Nel linguaggio corrente il veganismo viene inteso come una forma di dieta a base esclusivamente vegetale; in realtà, storicamente e concettualmente, rappresenta un movimento animalista, la cui filosofia propone l’adozione di uno stile di vita volto ad escludere ogni forma di sfruttamento e crudeltà nei confronti degli animali, sia essa legata alla produzione alimentare, di indumenti o altro. Per questo, la dieta è solo una delle dimensioni in cui si manifesta la scelta vegana.

La dieta vegana si basa essenzialmente sul consumo di cereali, legumi, verdura, frutta, semi, frutta secca, escludendo qualsiasi prodotto di origine animale: carni rosse e bianche, pesce, frutti di mare, uova, latticini e persino il miele. È una forma di alimentazione ancora poco diffusa nel nostro paese, perché considerata difficile da seguire in modo corretto, necessitando di particolare attenzione nel bilanciamento quotidiano dei nutrienti, affinché ogni pasto risulti ugualmente ricco e completo. Infatti, se nel corso degli ultimi anni si è assistito ad un incremento di coloro che hanno optato per la scelta vegetariana, nel 2018 i vegani sono scesi dal 3% all’1%.

Rispetto alle diete vegetariane, la dieta vegana sembra offrire un’ulteriore protezione dall'insorgenza di obesità, ipertensione, diabete mellito di tipo 2 e mortalità cardiovascolare, soprattutto nel sesso maschile. Gli effetti positivi potrebbero derivare dalla riduzione del peso corporeo, dal miglioramento del profilo lipidico e da un aumentato introito di agenti antiossidanti e di fibre che caratterizzano un’alimentazione ricca in verdura e frutta fresca. Inoltre, la dieta vegana sembra essere più efficace di qualsiasi altro pattern dietetico nel ridurre l’incidenza per tutti i tipi di cancro e, nello specifico, di ridurre l’incidenza di cancro alla prostata del 35%. Tuttavia, le diete prive di carne e soprattutto di derivati animali, se non applicate correttamente, possono essere associate al rischio di carenze nutrizionali, in particolare di vitamina B12 e in minor modo di vitamina D, acidi grassi n-3, calcio, zinco e altri oligoelementi.

La Vitamina B12 o cobalamina, è un nutriente essenziale per il nostro organismo, il cui fabbisogno minimo giornaliero (2 mg al giorno) è generalmente soddisfatto, nelle diete onnivore, dall'assunzione di cibi di origine animale. La cobalamina è, infatti, presente in tutti gli alimenti animali, seppur in minime quantità, in particolare nel fegato, nella carne, nel pesce nel latte e nelle uova, ed è resistente alla cottura. Questa vitamina è indispensabile per la corretta maturazione dei globuli rossi nel midollo osseo, per il metabolismo dell’omocisteina, il funzionamento del sistema nervoso e il rafforzamento del sistema immunitario. Affinché la Vitamina B12 venga assorbita, si deve legare al fattore intrinseco, una proteina secreta dalle cellule nello stomaco. La condizione di carenza, piuttosto rara, si può manifestare nelle sindromi da malassorbimento, per deficit del fattore intrinseco, o in caso di diete vegane o vegetariane strette. I sintomi legati alla carenza di vitamina B12, spesso del tutto aspecifici (stanchezza, debolezza, nervosismo, difficoltà di concentrazione e irritabilità) possono manifestarsi anche a distanza di anni dall'inizio di una dieta vegana e se non si interviene, la carenza può esitare nell'anemia perniciosa, con danni neurologici irreversibili, ictus e fragilità ossea.

Alcuni alimenti inclusi nelle diete vegane, come i cibi fermentati (ad esempio il tempeh), le alghe e il lievito alimentare non fortificato possono contenere vitamina B12 ma in una forma o quantità del tutto inadeguata a soddisfare le esigenze nutrizionali. I vegani devono, quindi, consumare altre fonti affidabili di vitamina B12 e verificare periodicamente il proprio tasso plasmatico di B12 (che deve rimanere sopra la soglia critica di 200 pg/ml). Gli alimenti fortificati presenti in commercio, come latte e yogurt vegetale o cereali per la colazione, dovrebbero essere assunti due o tre volte nel corso della giornata, verificando attentamente che il contenuto di vitamina sia sufficiente a soddisfare il fabbisogno. La soluzione migliore, per non correre rischi, è quella di assumere regolarmente degli integratori. L’ integrazione è ancora più importante in gravidanza, perché una eventuale carenza si riflette sul bambino in modo più pesante che sulla madre con ripercussioni sulla formazione del sistema nervoso e delle cellule del sangue. Infine, i bambini, almeno nei primi sei anni della loro vita, non dovrebbero mai privarsi completamente dei derivati di origine animale. Affrontare la fase di crescita senza la carne, ed eventualmente il pesce, è possibile, sotto stretto controllo medico, ma rinunciare anche a uova e latticini mette a serio rischio la loro salute.

In generale, il veganismo può essere una scelta praticabile e protettiva per la salute ma solo attraverso lo stretto controllo di un medico o nutrizionista.

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Elena Niccolai
takevitamina

Biologo Nutrizionista & PhD in Scienze Cliniche. Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università degli Studi di Firenze.