Corporate Incubators & Accelerators, innovare come e con le startup
Siamo entrati in un periodo caratterizzato da un ritmo vertiginoso di innovazione, che si verifica in molti campi e che ha un impatto in tutti i settori.
Il modello esistente di innovazione aziendale, che si basa sugli sforzi dei dipartimenti di R&D, non è più sufficiente per affrontare le sfide di oggi.
Aziende appartenenti a settori così diversi come l’agricoltura, le telecomunicazioni, i media, la produzione, la logistica, i trasporti, la vendita di servizi finanziari, vengono distrutte ad un ritmo senza precedenti, da una varietà di innovazioni.
Si tratta di innovazioni abilitate dall’emergere di nuovi paradigmi tecnologici — come il cloud computing, l’IoT, l’intelligenza artificiale…. — che evolvono in nuovi modelli di business, e quindi nuovi mercati e nuovi modi per creare valore per le persone e le aziende. La quasi totalità di queste innovazioni sono portate da “high-growth technology companies”, altrimenti dette startup. L’irruzione delle startup, le nuove micro-multinational, nella scena economica, è stata paragonata dall’Economist all’irrompere di una nuova era geologica sulla terra.
Tuttavia, nel corso degli ultimi 15–20 anni le organizzazioni di R&D aziendali si sono limitate (non per incapacità) a fornire le innovazioni, spesso di carattere esclusivamente tecnologico, in grado di migliorare e prolungare la vita dei prodotti esistenti e dei relativi modelli di business: in definitiva, a proteggere lo stato attuale dell’azienda.
Le aziende più innovative di oggi, invece, non fanno affidamento solo sull’innovazione tecnologica. Piuttosto, tendono a combinare modelli di business, modello di vendita, e altri tipi di innovazione per produrre delle innovazioni disruptive.
Questo richiede un diverso processo, una diversa tipologia di team (interdisciplinare) ed anche un maggior livello di committment da parte del top management. Innovare il modo in cui si innova, non è solo positivo: è questione di vita e di morte per l’azienda. Infatti è dimostrato che un’alta spesa in R&D tradizionale non è più una condizione sufficiente per rendere una società capace di produrre innovazione disruptive. (vedi fig. la classifica 2015 delle società in base alla quantità che spendono in R&D).
Se l’azienda non è in grado di essere disruptive, allora è destinata a rimanere travolta (vedi fig. la classifica 2015 delle società in base alla quantità che spendono in R&D).
Figura: Top 20 aziende globali in termini di spesa R&D. Fonte: Global Innovation 1000 Study di Strategy&
Le indagini annuali di Global Innovation 1000 condotte da Startegi& dimostrano che, con poche eccezioni, solo un piccolo numero di aziende con budget elevato in R&D sono state in grado di produrre innovazione disruptive (vedi fig. Top 10 aziende più innovative).
Figura: Top 10 aziende più innovative. Fonte: Global Innovation 1000 Study di Strategy&
Come mai queste 2 classifiche risultano così diverse?
Dopo tutto qualsiasi testo di teoria dell’innovazione ci dice che su un lasso di tempo sufficientemente lungo la correlazione fra R&D (con un corretto mix), e capacità di innovazione, è molto elevato.
La discrepanza nelle due classifiche è dovuta al fatto che il modello esistente di R&D aziendale sta diventando sempre meno capace di affrontare le esigenze espresse da una società che affronta mercati che si espandono (per la globalizzazione), mutano (per effetto della rivoluzione demografica) e evolvono continuamente grazie all’effetto della diffusione delle tecnologie digitali.
Occorre quindi trovare un nuovo modello.
In particolare il nuovo modello deve consentire alle aziende di:
- Innovare a un ritmo più veloce e più conveniente in termini di ROE,
- Innovare dall’interno e dall’esterno, sfruttando l’imprenditorialità esterna (startup) ed interna (c.d. “intrapreneurship”),
- Combinare la tecnologia e le innovazioni con i diversi aspetti del modello di business, e non solo con la produzione o il prodotto,
- Gestire i finanziamenti verso le iniziative di innovazione con un approccio al ROI di tipo scientifico, allineato alla natura sperimentale dell’innovazione,
- Valutare l’efficacia di ogni iniziativa di innovazione attraverso opportune metriche di validazione (innovation accounting) e KPI adeguati.
Le quattro decisioni fondamentali
Il processo che proponiamo per applicare con successo questo modello prevede prima di tutto che l’impresa debba prendere alcune decisioni fondamentali, quali:
- Determinare strategicamente lo scopo dell’innovazione che si intende favorire. Siamo alla ricerca di sostegno per il nostro modello di business corrente, o di soluzioni che lo “distruggano” e ne creino uno completamente nuovo?
- Determinare il mix desiderato di innovazione interna ed esterna (esistono pro e contro per entrambe le sorgenti);
- Nel caso di innovazione esterna, determinare se si intende lavorare con startup nelle loro fasi iniziali oppure, o con startup mature;
- Determinare il livello di controllo che si desidera esercitare sull’innovazione.
Poichè ognuna di queste 4 decisioni comporta una valutazione di tradeoff, il risultato si presenta il più delle volte come un portafoglio di iniziative d’innovazione startup driven, perchè aiuta l’azienda ad innovare come le startup e con le startup.
Il portafoglio delle iniziative d’innovazione startup driven attinge a risorse sia interne che esterne. Uno schema intuitivo ed efficace per posizionare queste iniziative è l’Innovation Matrix.
I 2 parametri che ritroviamo sui 2 assi sono l’IRL — Investment Readiness Level del tipo di innovazione), ed il livello di controllo che l’azienda vuole esercitare su di essa.
Aziende molto efficaci nel creare il proprio futuro, adottano una strategia che include in modo bilanciato e interfacciato tutte le 6 iniziative.
Esiste molta letteratura sulle iniziative “late stage” (Partnership, Investimento, Acquisizione), mentre è meno risaputo che le grandi aziende organizzano incubatori (es. Samsung e General Electric) ed acceleratori (es. BMW, Orange) per spingere la generazione di innovazioni disruptive, e quindi acquisire leadership nei mercati futuri, attraverso una strategia startup-driven. Lo fanno in modo indipendente, o in partnership con altri acceleratori.
I termini “incubatore corporate” e “acceleratore corporate”, spesso confusi l’uno con l’altro, indicano formati molto diversi: il primo, l’incubatore corporate, ha come obiettivo di apprendere ad innovare come le startup (in modo veloce, senza sprechi di risorse, con approccio sperimentale, che dimezza i costi e raddoppia l’impatto dell’innovazione). Il secondo, l’acceleratore corporate, ha come obiettivo di innovare con le startup (selezionando team esterni, e sostenendoli nella validazione della propria idea di business, in cambio di equity).