DELLA BODY POSITIVITY NON AVETE CAPITO NULLA.

Alice Garelli
Tangramag
Published in
3 min readSep 13, 2020

Viviamo in un’epoca in cui siamo costantemente bombardati da stimoli esterni che, anche inconsciamente, plasmano il nostro modo di vedere e percepire il mondo sia in positivo che in negativo. Nell’ultimo periodo si è parlato molto di accettazione e “normalizzazione” del corpo, specie quello femminile; ma come in tutti i movimenti di rottura c’è chi coglie il senso di certi messaggi e chi invece li ignora o, peggio, li distorce. E’ praticamente certo che chi ritiene che il femminismo sia un movimento che lotta per la supremazia delle donne sugli uomini, pensi anche che la body positivity sia un modo per promuovere l’obesità: inutile dire che entrambe le interpretazioni non sono solo scorrette, ma ignorano completamente la storia di tali movimenti.

Quando si parla di body positivity non si fa riferimento all’accettazione di qualsiasi tipologia di corpo, né alla bellezza o nemmeno al discorso relativo alla salute; ma si intende affermare che anche un corpo considerato “brutto” per gli standard dettati dalla società merita di esistere e di essere rispettato senza che diventi oggetto di discriminazioni. Questo è il motivo per cui non basta dire che bisogna accettarsi per come si è per far parte di tale movimento, perché amarsi e volersi bene non possono essere la soluzione a una discriminazione sistematica attuata dalla società. L’obbiettivo è cercare di affermare una nuova mentalità per cui la bellezza o l’essere in salute o in forma non siano valori sui quali misurare la dignità che spetta ad una persona perché non è giusto che la taglia di un corpo definisca l’individuo che lo abita.

Cercare di smuovere e far crollare gli standard irreali che la società promuove vuol dire riconoscere il fatto che la maggioranza delle persone non rispetta tali canoni; ad esempio dubito che quest’estate le spiagge italiane siano state popolate solamente da taglie trentotto, eppure questo è il canone che ci viene proposto. Accettare il fatto che il corpo umano sia molto più variabile di quello che ci fanno credere vuol dire anche richiedere ai media un certo livello di realtà o di attinenza con essa per quanto riguarda il mondo della pubblicità, l’inclusione e la rappresentazione del corpo che si sceglie di attuare. Ci siamo abituati a vedere corpi e visi perfetti, dimenticandoci che senza trucco, luci e post produzione niente di ciò che ci viene mostrato in televisione o sui social sarebbe veritiero, perché nella vita di tutti i giorni tutti abbiamo delle imperfezioni, a meno che non si sia ricorsi alla chirurgia plastica, e continuare ad alimentare questa voglia irrefrenabile di perfezione non aiuterà nessuno, anzi.

Abituarsi alla normalità vuol dire riconoscere la bellezza che risiede nella varietà e smetterla di sentirsi fuori misura; perché non esiste una misura universale ed è giusto che sia così, anzi forse è addirittura meglio. Non si tratta però solamente di accettazione e rispetto, ma di cambiamento: è giunto il momento di smettere di credere che l’estetica sia uno dei valori predominanti nel giudizio di una persona e cominciare a costruire una scala di criteri nuova che si possa realmente applicare alla società moderna di cui facciamo parte.

Distacchiamoci dalla mentalità per cui magro è bello e grasso è brutto, perché nel mezzo ci sono una miriade di sfumature di cui facciamo parte che ci rendono imperfettamente umani e degni di essere rispetti alla pari di qualsiasi altro corpo. La taglia è solo un numero, lasciamo che resti tale.

Alice Garelli

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