Lucia Sagnelli
Tangramag
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3 min readOct 12, 2020

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IL COVID RUBA L’ADOLESCENZA

“Se questa è la fine del mondo, fa proprio schifo”.

Pur espresso in uno slang un po’ semplicistico, il commento di un adolescente durante il lockdown in parte riassume il pensiero che, a distanza di mesi dalla dichiarazione, inizia ad essere generalmente diffuso fra i più giovani.

Essere un adolescente non è mai stato facile, ma il Covid-19 lo rende estremamente difficoltoso. È normale che a patire queste condizioni di vita “ristrette” siano maggiormente i giovani rispetto agli anziani, dal momento che l’esuberanza e la vivacità sono tratti psicologici tipici dei ragazzi, in contrapposizione alle abitudini già di per sé ritirate e pacate di un anziano, la cui routine non è stata completamente stravolta.

Le ristrettezze e limitazioni che si sono rese necessarie negli ultimi mesi hanno come conseguenza il fatto che molti ragazzi abbiano e stiano tutt’ora perdendo l’opportunità di vivere alcuni dei più bei momenti della loro giovinezza: gli ultimi giorni del 5° anno di superiori, i campionati sportivi, i saggi di danza, le attesissime feste per i diciottesimi, i viaggi.

Messi a confronto con l’emergenza generale e l’impossibilità vissuta durante il lockdown di avere qualsiasi tipo di contatto con persone esterne al proprio nucleo famigliare, questi dispiaceri passano chiaramente in secondo piano e rientrano in una categoria di problematiche sicuramente “gestibili”; tuttavia, pur nella consapevolezza della loro urgenza, queste rinunce lasciano un vuoto che a distanza di mesi inizia a pesare, soprattutto per le mancate esperienze- normalmente date per scontato- di cui in questo periodo i giovani sono costretti a privarsi.

L’adolescenza è una fase esistenziale cruciale per lo sviluppo della nostra identità. È il momento in cui le certezze acquisite nel tratto di strada percorso fino a quel punto vanno smontate e rimontate, mettendo in discussione se stessi per poter accedere alla dimensione adulta, certamente più indefinibile e complicata.

Proprio per questo il quadro psicologico che caratterizza questa fase della vita è estremamente mutevole: incertezza e instabilità prevalgono in un corollario di stati d’animo che contemplano anche forti tensioni emotive e atteggiamenti contraddittori. Tensioni che sicuramente possono essere amplificate dall’isolamento forzato, come già mesi fa aveva osservato Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza, quando ad Ansa aveva commentato che: “a fare le spese maggiori dell’emergenza sociale rischiano di essere proprio gli adolescenti, per i quali la socialità è l’essenza della vita».

C’è da dire che i giovani di oggi, rispetto alla generazione precedente, hanno avuto una modalità di evasione che effettivamente ha permesso loro di non subire un vero e proprio isolamento: ripiegare sulla tecnologia.

Ma è davvero stato possibile bilanciare vita reale e vita virtuale, evitando una dipendenza?

Nessuno mette in dubbio che un utilizzo consapevole e responsabile della rete sia motrice di stimoli e riflessioni, ma possiamo sostenere che tutti siano riusciti a farne un uso corretto?

La nuova esigenza di far passare anche l’istruzione attraverso questa piattaforma ha inevitabilmente sollevato alcune contraddizioni di fondo: dopo anni passati a contrastare l’isolamento e la solitudine da cellulare e altri dispositivi elettronici, gli adulti si sono trovati costretti a imporre ai giovani di restare in casa gestendo ogni tipo di rapporto sociale attraverso la mediazione di uno schermo. Secondo le statistiche, durante il lockdown il 25% dei ragazzi era online tra le 11 e le 14 ore al giorno: parliamo di un giovane su tre, mentre prima del lockdown solo il 15% appena sfiorava le dieci ore sul monitor.

Le conseguenze di questo fenomeno sono riscontrabili negli effetti collaterali quali la “sindrome della tana”, un tipo di fobia sociale che porta i giovani -soprattutto quelli con disturbi comportamentali pregressi- a evitare relazioni sociali nel post lockdown e consiste quindi nello scansare sistematicamente gli inviti ad uscire, anteponendo la tecnologia e forme di intrattenimento solitarie.

L’obiettivo di questo discorso non è togliere importanza all’emergenza che abbiamo di fronte, è una semplice riflessione per rendere atto al fatto che i teenagers si siano adattati con rassegnazione al fatto che la loro vita, che fino ad un attimo prima esplodeva di vita, scoperte, relazioni, sentimenti, per mesi sia stata sospesa in un’attesa estenuante che non è nemmeno ancora terminata del tutto.

Lucia Sagnelli

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