Il Debito Pubblico — La Vedova di Norimberga

Tangram
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6 min readOct 7, 2018

In questo articolo tratterò un tema molto discusso in questi giorni, il Debito Pubblico. Riconosco già da ora che non sarà possibile esaminarlo in tutti i suoi aspetti data la sua estensione, ma preannuncio che verrà sviscerato ancora durante il cammino della nostra rubrica.

Quando si parla di Debito Pubblico, che cosa si sta intendendo?

Esso altro non è che l’indebitamento di un Paese, sia nei confronti della banche sia degli altri Paesi. In sintesi e nel nostro caso, è il denaro che l’Italia ha preso in prestito per risolvere a delle crisi interne, far fronte alle spese di guerra, poter estendere l’assistenzialismo alle classi più disagiata e così dicendo. Tendenzialmente, l’unità di misura per identificarlo non è il suo valore assoluto, bensì il suo rapporto col PIL, per definire non quanto siamo indebitati, bensì quanto relativamente alla nostra capacità di produzione annuale.

Essendo che uno Stato non è un libero cittadino, i finanziamenti non prendono la forma di erogazioni in conto corrente, bensì di acquisto dei Buoni del Tesoro (altro argomento che tratteremo nel corso della rubrica). Il numero di Buoni del Tesoro acquistati dai mercati per il loro valore unitario, determina l’indebitamento di uno Stato. Il rendimento dei BOT però non è parallelo per funzionamento ai tassi di interesse variabili che esistono per esempio sui mutui, bensì è collegato al rischio di default e ricompensa adeguatamente tale rischio ed è aggiornato ora dopo ora durante i giorni in cui sono aperti i mercati finanziari.

Quali sono le conseguenze di un Debito elevato?

Le peggiori conseguenze sull’economia di un Paese e la necessità, nel corso degli anni, di non dover soltanto rimborsare il capitale imprestato, ma anche la quota di interesse, che aumenta al crescere del debito. Ciò obbliga gli Stati ad adottare politiche fiscali molto più ferree, andando spesso a strozzare l’economia e il suo motore pulsante (soprattutto per un Paese come l’Italia), ossia l’Impresa.

Parlando in parole semplici, non soltanto i cittadini riversano le loro tasse per pagare i pubblici servizi e l’assistenzialismo di Stato, ma anche per rimborsare prestiti concessi da altri. Mentre la quota capitale in realtà è stata semplicemente anticipata, quindi non porta una sua restituzione una perdita di valore nell’economia Statale, l’interesse è il prezzo per l’utilizzo di quei fondi, che letteralmente esce dal ricircolo interno del contante, andando a foraggiare economie altrui, sfavorendo quella dei Paesi già indebitati.

Un debito pubblico troppo elevato inoltre può condurre alla paradossale situazione in cui non si riescano ogni anno a pagare le rate, andando ad incrementare il debito anche restituendo una parte di esso. In questa situazione, molto simile allo strumento di tortura medioevale denominato “Vedova di Norimberga”, diminuisce la ricchezza di un Paese ma il debito aumenta lo stesso e questa condizione, spesso irreversibile senza rinunciare alle misure sociali tanto care al Welfare State, è il primo passo verso il default finanziario.

Fino a che punto si può spingere il proprio debito pubblico?

A questa domanda, risponderemo in maniera più approfondita e in più discorsi all’interno della nostra rubrica. Tuttavia è doveroso fare a questo punto una breve digressione.

In linea generale, l’indebitamento di uno Stato non ha una cifra o un rapporto a cui tendere. Logicamente, qualsiasi situazione di debito porta alla restituzione di capitale ed interesse e quindi una consistente perdita di valore del proprio apparato economico, tuttavia se la resa permette di far rendere il denaro prestato e produrre utili, esso è uno strumento macroeconomico molto efficace e che risponde alla perfezione a determinate esigenze, soprattutto di grande spesa in un breve periodo.

In ogni caso, per gli interessi economici dello Stato tali prestiti dovrebbero essere richiesti soltanto con lo scopo di aiutare l’economia nazionale in quelle stagioni di particolare recessione o stagnamento, perché è forse l’unica situazione (salvo casi particolari e di difficile analisi) nella quale la resa del prestito è superiore al tasso di interesse pagato. Tutte le altre misure che servono a migliorare la vita delle persone senza però smuovere significamente la spesa del Paese e la sua capacità di aumentare il PIL sono estremamente da sconsigliare, perché alla fine gli interessi risulteranno niente altro che un passivo nel bilancio statale.

La risposta chiave al quesito nel titolo è dunque la seguente: il debito pubblico può accrescere sino alla misura in cui la resa marginale (R) del capitale preso a prestito © superi il valore del capitale prestato più gli interessi (I) che si devono restituire, ossia il montante dell’operazione. (F è il nome attribuito alla seguente funzione)

F = Rc > C + Ic

SPREAD: Questo nome che incute timore

Arriviamo ora alla definizione del termine SPREAD. Esso è dato dalla differenza dei rendimenti dell’obbligazione o dal titolo presi come soggetto con quello di un’altra obbligazione o di un altro titolo usato come mezzo di comparazione. In Europa, tutti i rendimenti vengono valutati in rapporto al BUND tedesco, in quanto l’economia di Berlino viene considerata la più solida a livello continentale.

Preso in questo modo, in realtà ha ben poco significato. Non è infatti detto che uno Stato sia solido con questo dato (se per esempio viene rapportato al rendimento dei BOND Venezuelani), ma stima molto bene la differenza nella fiducia verso i due Paesi. Infatti, un diminuire dello Spread verso il BUND tedesco potrebbe significare che il rendimento è aumentato in entrambi i Paesi, quindi peggiorando la resa economica per gli Stati interessati, ma a ritmo più veloce in Germania.

Il vero valore a cui bisogna fare attenzione è la resa delle obbligazioni. La percentuale di interesse pagata da uno Stato aumenta infatti al crescere dei timori circa una sua instabilità futura, situazione che si ripercuote direttamente sul tema trattato nel paragrafo precedente. In buona sostanza, più uno Stato è politicamente ed economicamente instabile, maggiori saranno gli interessi che pagherà e saranno minori gli investimenti tali per cui la funzione F sia valida.

L’obiettivo cardine di ogni Ministro dell’Economia è quello di dare stabilità al mercato del proprio Paese, sia per tenere bassi le rese obbligazionarie e “perdere” nel vero senso della parole potere d’acquisto nei confronti delle altre Nazioni, sia per aumentare quegli investimenti tali per cui F sia valida.

Aumentare o diminuire il Debito Pubblico?

Non è semplice la risposta.

In linea di massima, come abbiamo visto, la relazione che determina il vantaggio di un investimento dipende da tre semplici fattori, abbastanza facili da analizzare per qualunque persona che mastichi questi argomenti. Tuttavia, nella vita politica di un Paese sovente si devono prendere decisioni con un investimento con aspettativa negativa, per rispondere a problemi sociali ed economici che hanno intaccato la comunità (come accade per terremoti ed ondate migratorie di grande dimensione).

Rimanendo però sul generico, ossia in quelle condizioni tali per cui non si deve rispondere ad un problema urgente, si può sintetizzare nel seguente modo: Non è importante quanto sia il debito effettivo, nella condizione in cui la resa di tale indebitamento superi il costo per l’approvvigionamento di capitale per giungere a tale resa. Questa è la situazione banale in cui nonostante l’accrescimento del debito, la differenza tra entrate ed uscite di un Paese è positiva, aumentando la ricchezza di uno Stato. Tutti gli investimenti che invece non portano a tale risultato, sono da considerarsi sbagliati nel rispetto dell’economia del Paese stesso. Inutile infatti che una mossa governativa aumenti del 2% il PIL, se poi gli interessi pagati gravano del 4%.

In linea di massima, queste sono le considerazioni che un buon economista di stato dovrebbe porsi prima di redarre un qualsiasi Documento di Economia e Finanza (DEF). Facendolo, sarebbe tenuto ad ignorare tutte quelle proposte prettamente sociologiche che sarebbero a resa negativa, almeno nella misura in cui la somma di tali passivi superi la somma degli attivi statali. Questo, nell’interesse degli stessi cittadini. Spesso infatti sembra che un DEF sia a favore della popolazione, ma si riveli velocemente un boomerang, andando a peggiore la condizione di partenza. Analogamente la condizione inversa. È vero però che i ministri che effettuano la prima scelta, saranno amati dai presenti ed odiati dai posteri, mentre i secondi otterranno la redenzione soltanto quando ormai altri avranno preso il loro posto.

Andrea Massardo

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