IL RAZZISMO NON PUO’ AVERE ARMI E DISTINTIVO

Alice Garelli
Tangramag
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5 min readJun 6, 2020

8,46 minuti: è il tempo che è servito George Floyd per morire ed è l’arco temporale che un poliziotto ha impiegato per uccidere un uomo soffocandolo con il peso del suo corpo. Meno di 10 minuti per spezzare una vita umana a cui non è stato riconosciuto alcun diritto, nemmeno quello di poter essere sottoposto ad un giusto processo.

George Floyd, però, è solo uno delle molteplici vittime che ogni anno vengono uccise dalla brutalità della polizia e per questo la sua morte è stata solamente una goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo. (qui potete trovare il video della vicenda https://www.youtube.com/watch?v=JHqM24o8TuI) Una goccia che, grazie ai social, ha fatto il giro del mondo portando alla luce un problema che per troppo tempo è stato ignorato e nascosto: esiste un razzismo istituzionale e un eccessivo uso della violenza da parte della polizia. In America secondo Fatal Encounters, nel 2018 la polizia ha ucciso 1810 persone, nello stesso anno gli Stati Uniti hanno compiuto 25 esecuzioni capitali; questo significa che la polizia, prima ancora di un processo, ha ucciso 72 volte più persone di quante ne siano state messe a morte a seguito di una procedura giudiziaria. Il sito, attraverso una accurata rassegna stampa anche di testate minori e locali, ha raccolto in un database gli estremi di oltre 24.000 uccisioni effettuate dalla polizia dal 1° gennaio 2000 ad oggi. Divise per etnia, le vittime sono: 649 bianchi, 377 neri, americani di origine africana, 240 ispanici, 23 nativi americani, 23 asiatici, o delle isole del Pacifico, 1 mediorientale e 497 di origine non specificata. Di 133 vittime (7,3%) non si conosce l’età. Della restante parte 101 vittime avevano dagli 7 ai 18 anni, 1001 tra i 19 e i 40 anni, 464 tra i 41 e i 60, 111 tra i 60 e i 90 anni. Nel 2019, invece, vi sono stati negli USA 1004 casi di uccisione dei civili da parte della polizia; di queste vittime conosciamo l’etnia solo in 802 casi registrati di cui 370 erano bianchi, 235 neri.

Dall’analisi superficiale si potrebbe quindi dire che la comunità afroamericana è in torto poiché in realtà il maggior numero di vittime da parte della polizia americana è di origine caucasica; ma in realtà sussiste un divario sproporzionato dato che gli afroamericani rappresentano solamente il 14% della popolazione americana. Secondo uno studio del Proceedings of the National Academy of Science of the United States of America, essere uccisi durante un arresto da parte di un agente di polizia rappresenta negli USA la sesta causa di morte per gli uomini di età compresa tra i 25 e i 29 anni appartenenti a qualsiasi gruppo etnico: il rischio annuale calcolato dallo studio è di 1,8 decessi per 100mila persone; ma rispetto ai bianchi, gli uomini afroamericani sono 2,5 volte più a rischio e le donne 1,4 volte. Questi dati dimostrano, quindi, come realmente via sia un divario e una diseguaglianza nei confronti della comunità afroamericana all’interno della società americana.

Quando si parla di razzismo istituzionale, però, occorre saper osservare la realtà da una prospettiva più ampia: gli afroamericani sono il gruppo etnico con il più basso reddito di tutti gli USA e come sempre vi è una correlazione netta tra povertà e criminalità; questo aspetto, però, deve farci ragionare sul perché ci sia questa contrapposizione sociale fra bianchi e neri, cioè sul perché quest’ultimi occupino sempre i ruoli più marginali ed umili all’interno della società occidentale. In un sistema democratico non dovrebbero sussistere pari opportunità per tutti i cittadini? Invece sembra che per le minoranze etniche ciò non accada, perché se i dirigenti, gli insegnati, i politici, i medici e tutte le figure professionali di spicco sono principalmente persone con tratti somatici caucasici vuol dire che non vi è una reale rappresentazione equa all’interno del paese. Se l’amministrazione di un intero paese è principalmente nelle mani di una classe dirigente maschile, bianca e alto borghese ci sarà sempre una disuguaglianza sociale dovuta al fatto che le minoranze non vengono rappresentate e quindi hanno più difficoltà a far sentire la loro voce. Se a capo di una nazione vi è un governo che deve rappresentare tutta la popolazione, allora è importante votare ed eleggere chi tiene conto dell’eterogeneità presente all’interno della società che è chiamato ad amministrare. Il movimento “Black lives matter” non protesta solamente contro la violenza e l’abuso di potere attuato dalla polizia nei confronti dell’intera società e in particolar modo nei confronti della comunità afroamericana; ma è una protesta nei confronti di un sistema che attua, ancora oggi, una disuguaglianza sostanziale nei confronti delle minoranze etniche che da sempre si vedono negate dei diritti che dovrebbero essere inalienabili. Il razzismo istituzionale è il modo tramite cui le istituzioni di un paese non si preoccupano di creare uguaglianza all’interno della popolazione e quindi non si curano di tutelare le minoranze etniche che sono in una posizione di svantaggio rispetto al resto della società.

Oggi si parla dell’America, ma non pensate che il resto del mondo occidentale sia esente da tali dinamiche; il razzismo non risparmia nessuno, per questo è importante riconoscerlo e iniziare a combatterlo, perché mi duole annunciare che non basta postare su Instagram una schermata nera per cambiare la situazione, ma occorre schierarsi ed indignarsi ogni giorno per cercare di estirpare questa erbaccia spontanea che continua a crescere nel nostro giardino.

Nel 2020 non basta più non essere razzisti, occorre essere antirazzisti e se non cogliete la differenza provate e chiedervi quale atto concreto attuate quotidianamente per combattere le disuguaglianze, perché questo è la differenza fra non essere qualcosa ed essere contro quella cosa.

Oggi è toccato all’America, ma mi auguro di vedere la stessa indignazione quando sulle nostre coste moriranno altri immigrati, quando non vorremo far attraccare una nave ONG, quando non faremo niente per salvaguardare i bracciati che lavorano la nostra terra facendoci diventare leader nel mondo, quando insulteranno il vostro compagno di banco afro italiano o non si vorranno sedere vicino a lui…

Vorrei vedere la stessa indignazione quando ci chiederanno di fare una x all’interno di un’urna elettorale; perché votare è lo strumento più potente che abbiamo per poter cambiare le cose.

Alice Garelli

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