IL REVENGE PORN È LA VENDETTA DEI VIGLIACCHI

Alice Garelli
Tangramag
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3 min readApr 14, 2020

“Ho foto della mia ex nuda, le scambio in privato”, “qualcuno vuole fare un tributo su mia figlia 15enne? Le ho rubato il telefono, solo adulti.”, “come faccio a stuprare mia figlia senza farla piangere?” e a questa domanda qualcuno ha risposto: “Non ti preoccupare, dopo un po’ le piacerà, perché tanto sono tutte talmente porche che si farebbero pure i padri”.

Queste sono solo alcune delle frasi riportate in quel gruppo Telegram, uno dei tanti che esistono da sempre, ma di cui solo ora, sembra, scopriamo l’esistenza. In quella chat di gruppo c’erano 40mila uomini di età compresa fra i 20 e i 55 anni; ma chissà quante altre ne esistono e chissà quanti altri padri, amici, ex, fidanzati o conoscenti ne fanno parte. Perché questo è l’aspetto che fa più paura: quegli uomini non sono persone isolate dalla società, ma sono intorno a noi e magari siamo anche noi. Piacerebbe a tutti, infatti, poter dire che con quel modo di umiliare, abusare e oggettivizzare il corpo femminile non c’entriamo nulla o che noi non scambieremmo mai foto provocanti delle nostre ex con sconosciuti; eppure tutto questo sappiamo non essere vero o almeno non lo è per la maggioranza di persone che se ne chiamano fuori perché anche restare in silenzio, rimanere passivi e osservare senza agire vuol dire essere complici.

Il “revenge porn” in molti casi è la vendetta dei vigliacchi, perché si sfrutta un momento intimo vissuto con una persona per umiliarla, ferirla e usarla per fare eccitare altri uomini che non avevano alcun diritto di vedere e abusare di quelle immagini; questo, però, è il modo migliore per diffamare una donna in una società, quale la nostra, che fa ancora molta fatica ad accettare la libertà sessuale di entrambi i sessi. In quei gruppi, però, c’è di più: pornografia, pedo-pornografica, abuso di minori, incitazione allo stupro, diffamazione, appropriazione senza consenso di immagini e dati personali.

Sarebbe facile, per qualcuno, dire che in fondo è anche colpa delle ragazze che si fanno certe foto, ma davvero pensiamo che la colpa reale non risiede in chi diffama e umilia una donna usando delle sue foto intime, ma è proprio di colei che ha scattato quelle immagini per piacere al suo uomo? E’ vero che, consapevole delle conseguenze che si possono verificare, una donna potrebbe attuare delle accortezze per evitare tali situazioni; ma il problema non è la foto e non deve esserlo perchè ogni essere umano dovrebbe avere il diritto di vivere liberamente la propria sessualità senza avere paure di future ripercussioni. L’atto da condannare è e deve sempre essere l’uso abusivo che si applica su tale immagine: per questo motivo la legge del 19 luglio 2019 n. 69, all’articolo 10 ha introdotto anche in Italia il reato di revenge porn, con la denominazione di diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti.

L’articolo 612 ter del codice penale, infatti, sancisce che: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.”

Forse, quindi, è giunto il momento di smetterla di pensare che tutte le donne siano troie fatta esclusione per la propria madre, sorella e figlia; perché siamo tutti madri, sorelle e figlie di qualcuno.

Alice Garelli

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