Andrea Massardo
Tangramag
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6 min readOct 21, 2018

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Il Salario Medio Reale e la Propensione Marginale al Consumo

Andremo in questo articolo a trattare un argomento molto importante per la nostra vita, ossia la remunerazione reale. Prima di andare avanti, chiariamo che ne esistono varie tipologie, dove le principali sono le rendite, gli utili, gli stipendi e i salari. Tuttavia, nel proseguo dell’articolo, si utilizzerà il termine salario, maggiormente utilizzato nei saggi economici, per una mera questione di semplificazione, assumendo che tutte le remunerazioni operino nello stesso modo.

Qual’è la differenza tra salario monetario e salario reale?

Il salario monetario è la remunerazione che tutti noi riceviamo, nelle diverse forme, in termini valutari, ossia nel nostro caso di quanti euro percepiamo ogni mese. Tendenzialmente, si è molto suscettibili ad un’analisi di incremento o diminuzione di tale importo, in quanto essendo facilmente misurabile balena subito agli occhi. In realtà però esso ha un valore puramente di facciata, in quanto viene indicizzato alla valuta, senza tener conto del cambiamento dei livelli dei prezzi della società. La misura che ne tiene conto infatti è il salario reale, che misura il potere d’acquisto definito in merci (comunemente, alludendo al famoso “paniere dei consumi” che, considerato fisso, analizza quanti euro servono per acquistarlo mese dopo mese, anno dopo anno). Delle due quello che ci tocca particolarmente in realtà è il secondo, in quanto è la misura che ci permette di valutare se il nostro stile di vita, reale o potenziale, è cresciuto o si è contratto, tenendo conto dell’accresciuta o diminuita capacità di spesa.

Le due misure crescono di pari passo?

Anche se ad una prima vista può sembrare strano, la risposta è negativa. Infatti, sebbene non si debba andare troppo indietro nel tempo per trovare interventi macroeconomici volti ad equilibrare i due indici (si veda la cosiddetta “scala mobile”), l’aumento del salario monetario viene tendenzialmente dettato da un aumento dei prezzi e, conseguentemente, ad un diminuito salario reale. In termini pratici, prendendo in considerazione un aumento del salario del 10% sul mese precedente, ci si renderà conto che tale variazione è stata dettata da un adeguamento dei prezzi che rientrano nel paniere considerato il mese precedente e lo stesso avverrà per il mese successivo. Assumendo però entrambe le misure in aumento, ci si renderà facilmente conto di come l’aumento dei salari agirà con un mese di ritardo rispetto all’aumento dei prezzi, diminuendo il valore del salario reale.

Analogamente ma a ruoli invertiti, accade nei periodi di regressione dei prezzi. Le due misure si trovano in realtà in equilibrio soltanto nella condizione in cui l’inflazione o la deflazione assumano cifre, anno su anno, molto vicine allo zero, andando di conseguenza ad incidere in maniera impercettibile sui consumi.

La relazione fondamentale dell’accrescimento della disuguaglianza economica nei periodi di crisi

Queste prime considerazioni, ci portano al centro della situazione dei giorni nostri. Come abbiamo detto prima, in un periodo di recessione il salario reale aumenta, condizione che dovrebbe arricchire la popolazione e “disperdere” la ricchezza dei capitalisti.

Bisogna fare però un appunto, che evita così di portarci fuori strada. La considerazione effettuata nel capitoletto precedente riguarda i lavoratori che mantengono il proprio posto di lavoro nei periodi di recessione, non andando ad analizzare la situazione di tutti coloro che lo perdono, non percependo più salario alcuno. In linea puramente generale, ogni qual volta si verifica un abbassamento dei prezzi, qualcuno ha perso il lavoro o per una crisi del settore, o per delle migliorie tecniche che hanno surclassato l’essere umano.

Di conseguenza si può affermare che, assumendo per vera la definizione circa la relazione tra incremento e decremento dei prezzi ed aumento e diminuzione dei salari reali, essa è la relazione che regola il rapporto tra il singolo e l’ambiente economico. Nella relazione che valuta invece il potere d’acquisto medio invece, tenendo conto della popolazione disoccupata, un abbassamento dei prezzi conduce ad una diminuzione del potere d’acquisto. Analogamente, per un aumento dei prezzi.

Riassumendo, una recessione economica, andando a vantaggio della popolazione occupata, aumenta le disparità economiche delle classe sociali mentre un periodo di ripresa economica tende ad assottigliarle.

L’importanza di conoscere la forza del Salario Reale Medio Nazionale

Questo concetto ad onor del vero è stato molto tralasciato dalle considerazioni degli economisti.

Il dato del Salario Medio Reale Nazionale identifica il potere d’acquisto medio della popolazione di un dato Paese e, di conseguenza, la sua capacità di spesa. In una comunità dove tale dato è più alto, lo stile di vita è più elevato, mentre la condizione opposta identifica una più ristretta possibilità di spesa. Tale dato si differenzia dal Pil Pro Capite ed è convenzionalmente riconosciuto col termine “Pil Pro Capite Per Potere d’Acquisto).

Dopo questa sfilza di terminologie: tale dato serve a misurare quanto una famiglia mediamente possa spendere per il suo benessere. In sostanza, vengono definiti una serie di prodotti necessari alla sopravvivenza e letteralmente si conta quante volte all’anno si possono comprare in un dato Paese con Salario Medio Monetario. Una volta effettuato il calcolo per più di una Nazione, si convertono per ognuna di esse le merci nella valuta scelta per il rapporto. Tali dati daranno luogo al Salario Medio Reale Nazionale e si potrà così vedere dove esso è più elevato e dove più basso.

Arriviamo al punto. Un Paese che ha a disposizione un alto potere d’acquisto, non solo possiede una popolazione più propensa a spendere, ma anche ad investire e di conseguente ad accrescere il patrimonio economico locale. Viceversa, in un Paese dove tale dato risulta basso, verosimilmente la maggior parte dei salari servirà giusto a coprire le spese per la sussistenza, lasciando pochi margini di manovra per l’avvio di attività imprenditoriali. Inoltre, tale dato è molto importante per le attività di commercio. Sarà infatti preferibile (assunto per vero che tutti i dati altri siano in buona sostanza neutrali) investire in un Paese in cui il Salario Medio Nazionale Reale è più alto, in quanto le cifre e le merci movimentate sono maggiori e questo è un ottimo incentivo per gli investimenti esteri.

Per riassumere, il SRMN identifica il benessere medio della popolazione e, di conseguenza, lo stato di salute di un’economia. In aggiunta, è anche un dato significativo che, se positivo, può attrarre un maggior numero di investimenti esteri, cui dati però non rientrano nel calcolo della misurazione.

Il Salario Medio Reale è uno strumento affidabile per lo stato di salute di un’economia?

In linea di massima si, per i motivi prima espressi. Tuttavia come abbiamo visto, in un periodo di recessione tale dato si riduce, aumentando le disparità economiche. Il che significa che, oltre ai confronti stazionari dei vari SRMN dei Paesi, andrebbero valutati anche i loro andamenti, per vedere come si evolve il potere d’acquisto delle popolazioni.

Nonostante ciò, è molto utile per una prima analisi dei substrati economici ed è l’indice più importante per valutare la stabilità o l’instabilità finanziaria dei nuclei familiari.

La Propensione Marginale al Consumo come strumento visivo dell’Economia del Benessere

Questo termine venne introdotto nel linguaggio economico da John Maynard Keynes, economista anglosassone della prima metà del XX secolo. Esso identifica quanto una persona o una collettività sono disposti in percentuale a spendere del proprio salario. Sebbene possa sembrare una divagazione (ed in effetti, per una sua parte lo riprenderemo più avanti), è necessario dedicare uno spazio a questo argomento, per meglio esemplificare il perché un SRMN più alto porti ad una ricchezza più diffusa.

In sintesi, il ragionamento parte dal presupposto che venga analizzato il paniere del quale un nucleo familiare necessita per vivere (al di sotto del quale non può scendere). La cifra che eccede, viene utilizzata per consumi accessori, non necessari alla sopravvivenza, bensì al benessere. Si è notato da verifiche econometriche che maggiore è l’avanzo tra il reddito percepito e il paniere di sopravvivenza, minore è la percentuale spesa per i beni accessori. Semplificando, più si guadagna, più si risparmia. Se per vivere necessitiamo di 100 e guadagnamo 100, li spenderemo tutti. Se guadagnassimo invece 150, probabilmente spenderemmo 140. Se guadagnassimo 200, utilizzeremmo 182. Se guadagnassimo 500, probabilmente non andremmo oltre i 400 di spesa.

La cifra avanzata, che viene mese dopo mese accumulata, aumenta il capitale di risparmio detenuto dalla popolazione, il suo benessere e la sua ricchezza.

Sebbene il concetto espresso sia molto basilare, permette di intuire il perché, nei paesi in via di sviluppo cui salari coprono a mala pena le spese di sopravvivenza, la popolazione non riesca ad uscire da uno stato di diffusa povertà. Infine, chiarisce visivamente i concetti espressi in questo articolo.

Andrea Massardo

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Andrea Massardo
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