L’ETEROFOBIA È LA MIGLIOR BARZELLETTA DELL’ANNO

Alice Garelli
Tangramag
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4 min readAug 18, 2020

Nei primi mesi del 2020 sono oltre 40 i casi registrati di aggressioni omofobe, ma si tratta solamente delle situazioni che sono sfociate in ricoveri, interventi della polizia e denunce; sappiamo molto bene, però, che la violenza molto spesso resta inascoltata e nascosta. Sono più di 40 le persone che per strada, in un locale, in casa o a scuola sono stati aggrediti perché facenti parte della comunità LGBT; come se l’orientamento sessuale fosse una scelta o una decisione momentanea compiuta per capriccio o ribellione nei confronti di un sistema che vede nel diverso solamente una minaccia. L’interrogativo maggiore, però, resta quello inerente alla reazione di chi, in quanto eterosessuale, si sente fortemente minacciato ed offeso da chi nasce con gusti sessuali differenti: davvero la virilità di un uomo può essere messa a dura prova e portata a vacillare a causa di un bacio gay? Perché se questo fosse vero si darebbe ragione a Caparezza che cantava ironicamente: “Non sei un uomo se non guidi le macchine grosse- Non sei un uomo se non tiri due ganci alle giostre- Non sei un uomo se hai paura di tornare in carcere- Non sei un uomo, sei un gay se ti metti a piangere (…)”.

Nel XXI secolo pensare che un uomo per essere ritenuto degno debba corrispondere propriamente all’idea di capo famiglia severo, sicuro, forte, deciso, caparbio e irremovibile non solo è anacronistico, ma soprattutto non è attinente alla realtà e costituisce un paragone svantaggioso anche per lo stesso genere maschile. Ogni individuo dovrebbe essere libero di essere quello che è, per questo la società dovrebbe abituarsi ad una pluralità ed eterogeneità di modelli che la compongono e che non aspirano a stereotipi grotteschi e statici nati da una narrazione tossica che si è diffusa notevolmente nella seconda metà del secolo scorso. L’orientamento sessuale di un individuo non solo non dovrebbe essere oggetto di discussione di una comunità a meno che non violi le regole della comune decenza e si attui nell’ambito della legalità; ma soprattutto non dovrebbe essere un metro di giudizio della persona in questione perché le scelte sessuali che compiamo non hanno alcuna correlazione con le capacità, il talento, la professionalità, il carattere e l’educazione che abbiamo.

Il motivo per il quale non ha senso credere che la rappresentazione della comunità LGBT che sta avvenendo negli ultimi anni in Occidente possa minare o discriminare gli eterosessuali è che nessun diritto si applica a sfavore di un altro; accettare, riconoscere e tutelare una minoranza non vuol dire minacciare la maggioranza, ma creare un sistema più equo, aperto e paritario. Soprattutto, però, vuol dire smetterla di ritenere sbagliato un modo di essere che non è una scelta, ma una condizione che si assume dalla nascita e che si comprende crescendo. Dire, però, che l’omofobia non esiste significa negare un problema reale che affligge la popolazione mondiale e negarne l’esistenza equivale a non assumersi la responsabilità dell’ineguaglianza del sistema di cui facciamo parte.

Nel mondo sono circa 70 i paesi in cui essere gay non è solo motivo di discriminazioni, ma è addirittura illegale e per questo prende il nome di “omofobia di Stato” poiché è la legge di tali nazioni a discriminare i componenti della comunità LGBT che vengono accusati di essere al pari dei criminali; alle Maldive, ad esempio, la pena consiste in 8 anni carcere e a Singapore essa scende a 2 anni di reclusione… L’Africa è il continente con più stati omofobi. Si va dai due anni di prigione che si rischiano in Algeria fino addirittura alla pena di morte prevista dagli ordinamenti della Mauritania, della Nigeria, della Somalia, del Sudan, dell’Afghanistan, dell’Iran, del Pakistan, del Qatar, dell’Arabia Saudita, degli Emirati arabi e dello Yemen. Non esistono paesi, invece, in cui essere eterosessuali costituisca reato o fonte di discriminazione e per questo parlare di eterofobia non solo è dannoso, ma ridicolo.

Se sei ancora convinto, però, che nel 2020 siano gli eterosessuali coloro che subiscono discriminazioni a causa della rappresentazione pubblica della comunità LGBT, prova a rispondere a queste semplici domande: la parola “etero” viene usata come insulto per umiliare o ferire qualcuno? Esistono genitori che non riconoscerebbero più il proprio figlio se scoprissero che è etero? Nel mondo sono in vigore delle leggi che proibiscano il matrimonio fra etero o limitino la capacità degli eterosessuali di poter adottare e crearsi una famiglia? In quanto etero, sei mai stato picchiato o deriso perché attratto da persone del sesso opposto? Se la risposta a tutte queste domande è negativa, credo che si possa capire perché parlare di eterofobia sia ridicolo e sposti l’attenzione da un problema che esiste e si verifica quotidianamente.

Alice Garelli

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