Mi contorco nel pensiero che ancora
resiste e non muore: che fosse fango,
che fosse una vita a raccogliere
avanzi — o solo una vita votata
[ al silenzio.
Domando a te, Pòzdnysev, se non fosse
forse il caso di lasciare passare
quell’acqua sporca sotto i ponti in ferro,
sotto Mirabeau, sotto la squallida
[ miseria.
Suonava intanto la nona campana.
Che stupida voce avevo, e puerile,
come le note di rabbia nei versi
francesi. Mi cullavo nel profumo
[ del mirto.
Nei giorni migliori parevo stanco,
assuefatto alle gambe e ai seni caldi
di venere — che se Venere avesse
saputo, che fulmini e quali violenze!
[ Respiro.
Che facile il gesto pittorico
nei giorni di luna e di vento caldo.
Anche allora, pretendevi la scienza
che non ti appartiene, ed io che morivo
[ tra il pubblico.
Di tutti i presenti al calvario, solo
un pagano che osava soffrirne,
di voi mi ricordo i silenzi e le
piccole, piccole voci di vago
[ lamento.
Tra le spine io — idiota e balordo -
scusavo gli abusi e gli sputi, marci
bastardi che avete lasciato la luce
morire! Se solo capiste
[ le pene
del buio e del vino, azzardarne il pianto
sarebbe più d’uso e — freddi — tra i muri
del nulla sareste bloccati, con
questa mano eterna che vi scolorisce
[ le arterie.
Così — pensando e raccogliendo cocci -
che farmene del vecchio dolore? Che
farmene dei molti, lunghi rancori?
Costruirne orologi che sprecano
[ il tempo?
Con quale vantaggio? La vecchia, dolce,
materna morte — del poeta amica
d’immemorabile data — che, all’ora
stabilita, non si è presentata?
[ Silenzio.
Per quanti innumerevoli scopi
abbiamo cantato, noi lo sappiamo
e siamo attenti, gelosi, pensosi.
Schivo è ormai lo sguardo, la testa
[chinata.
Calmato è il canto e il tediato lettore,
smarrito, ci accarezza con percosse
fresche di fango. Pare che dormano
i figli impauriti di vecchie troie
[ annoiate.
S’io fossi la mezza parte d’un fiore
appassito, mi appagherebbe la
morte. Ma vivo, canute le mani
sottili, e fredde le labbra senza più
[ sorrisi.
Le urla in viso di un Cristo tradito,
che, persa la meta, si fa metà di
sé. E perde le foglie e ne muore.
Se in croce lo vedeste sorridere,
[ fingeva.
Il decimo tocco mi stringe il sangue,
ne fa brodo per i miserabili
che si truccano d’oro, che vagano
cercandomi in vecchi, sporchi saloni.
[ Mi trovano.
Paolo Rolfi