5 consigli per affrontare un public speaking

Alberto Gerin
Tasc
Published in
5 min readJan 21, 2016

Che sia l’interrogazione alla maturità, l’esame orale per confermare l’ultimo, risicatissimo 19, il primo colloquio di lavoro o una presentazione delle vostre competenze, da bravi consulenti, ad una platea attenta, parlare in pubblico non è una capacità innata. La si costruisce, come ogni altra cosa, lavorandoci su con costanza e perseveranza. E molto spesso lo scalino più difficile da superare è proprio la partenza, ovvero quel primo discorso che dovete tenere davanti al team riunito.

Mai essere impreparati! Eccovi, dunque, qualche consiglio da chi, tra noi, si è già lanciato in carriere universitarie e professionali che richiedono spiccate doti oratorie.
Numero 1? Credi fortemente in quello che stai dicendo.

“Ad alta voce, caro, ad alta voce!”

Sembra il suggerimento più stupido, quello che anche i vostri genitori e fratelli vi ripetono all’infinito dalle medie; ed invece è il più importante di tutti: ripetere il discorso davanti allo specchio, ad alta voce, senza averlo imparato a memoria ma anzi cercando sempre di utilizzare frasi diverse aiuterà la vostra mente a creare uno schema del discorso. Anche se siete le persone più impegnate sulla faccia della terra, e per questo desiderereste dedicare il tempo ad altro con un bel “figurati, andrò a braccio, non mi serve preparare nulla di scritto”, rischiereste di rovinare la vostra prima in pubblico, oltre che fare una figura meno professionale delle battutine imbarazzanti alla pausa caffè. Essere impreparati aumenterà inoltre la tensione e con essa il livello di sudore, e voi non volete presentarvi al pubblico con la camicia grondante, vero?
Buttate giù, in sintesi, i punti principali del discorso che volete tenere; ripeteteli ad alta voce prima e mentalmente poi, prima di andare in scena; eliminerete così tutti quegli EHM, MH, EH veri e propri killer di carriere, oltre che delle pause infinite che dilatano i tempi del vostro intervento senza offrire vere informazioni a chi vi sta ascoltando (e, probabilmente, odiando).

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“Non penserai di presentarti così?!”

No. Anche se siete multimilionari o possedete il segreto della vita eterna, la tuta in acetato non è esattamente il look migliore per presentarvi al pubblico, se avete più di 8 anni. E non occorre nemmeno lo stilista all’ultimo grido o il sarto personale del Presidente, se l’occasione non lo richiede.
Presentatevi in maniera formale ma con qualcosa in grado di mettervi a vostro agio davanti all’audience: niente cravatta se dopo due minuti vi sentite soffocare, meglio un maglioncino sopra la camicia; siete già davanti a molti occhi attenti (chi più chi meno) che scrutano la vostra persona, evitate di catturare sguardi per le macchie sui pantaloni o le orrende pieghe da single-che-non-sa-stirare della camicia.

“A me gli occhi, please”

Instaurare un contatto diretto con gli occhi di chi vi ascolta, singolarmente, aiuterà voi a sentirvi meno soli di fronte alla platea, ed allo stesso tempo farà percepire come più personale (quasi fosse un one-on-one) la conversazione a chi ascolta. E chiunque di voi può testimoniare quanto sia più stimolante un dialogo a due rispetto a sentirsi parte di un pubblico ampio e troppo assortito.
Tutto ciò vi permette di connettervi maggiormente al vostro auditorio, con l’intento di stabilire una maggiore connessione ed empatia: per scogliere il ghiaccio, per mettere a loro agio gli spettatori e favorire lo scambio di idee ed opinioni nel momento Q&A e durante le interruzioni per un caffè ed uno spuntino. È fondamentale entrare in sintonia con il proprio pubblico, dimostrando di essere autentici in ciò che, e come, si sta presentando durante un public speaking.

“Staffermo, non gesticolare così”

Fate estrema attenzione a come vi muovete e gesticolate: sembra banale ma è ben più importante di ciò che pensiamo, visto che passa molta differenza tra il gesticolare nervosamente davanti alle persone ed il “mettere in scena” il proprio discorso: quando parlate, cercate di coinvolgere il vostro pubblico con gesti che richiamano le azioni, i verbi che utilizzate. Anche camminare tra il pubblico, se la situazione lo permette, rende più coinvolgente la narrazione e meno faticosa e noiosa da seguire, e allo stesso tempo muovervi un po’ potrà sciogliere la tensione che ancora avete addosso, proprio quella che, quando siete bloccati, vi fa tremare le mani in maniera indecente, tanto da non permettervi di seguire gli appunti dal foglio che tenete bloccato tra pollice e indice.

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La capacità di coinvolgere i propri spettatori, dunque, non appartiene soltanto ai bravi attori sul palco; l’oratore, esattamente come il protagonista dell’Amleto, deve saper catturare curiosità ed attenzione, e tenerli ad un livello alto per tutta la durata del colloquio. Partire con una domanda rompighiaccio, interagire continuamente per chiedere esperienze, opinioni e registrare le reazioni del proprio pubblico fa parte del gioco.

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“Sii te stesso”

Non potevo che chiudere così: sii te stesso. Suona come un gran bel cliché ma è la pura verità. Se sei il primo a non crederci, la tua platea ti seguirà a ruota…e a metà intervento metà sala si sarà svuotata. Troppo spesso assistiamo a crolli nervosi che spingono l’oratore a battute poco naturali e facilmente mal interpretabili; il pubblico non ride, saltano i nervi e via di strafalcioni e figure barbine. Altre volte invece vediamo calcare i palchi personalità forzatamente professionali, che finiscono per sterminare l’attenzione con noiosi e monotoni interventi, che vengono archiviati come una serie infinita di bla, bla, bla.
Come evitare tutto ciò? Siate voi stessi, lasciate che la vostra personalità esca durante la presentazione, siate naturali e rilassati, e vedrete che non è poi la tragedia che vi siete dipinti mentre, usciti dalla doccia, avete cominciato a dubitare della vostra salute mentale parlando a voce alta da soli, facendo domande e fornendovi risposte alquanto inverosimili.

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Alberto Gerin
Tasc
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Personal-growth addicted, some music&books&films lover, editor & copywriter.