La Grande Scommessa (The Big Short) — Oscar 2016, Day 1

Michelangelo Caruso
Tasc
Published in
7 min readFeb 20, 2016

Noi di Tasc adoriamo i film, ve ne sarete certo accorti, dato che ogni settimana ve ne proponiamo uno attraverso la rubrica “Cosa guardo stasera”.
In vista degli Oscar del 28 Febbraio abbiamo deciso di realizzare, come l’anno scorso, una rubrica straordinaria sugli 8 film candidati per la categoria Miglior film.
Ogni giorno, dal 20 al 27 Febbraio, verrà pubblicato un articolo su ogni film in gara. Il 28 Febbraio, infine, verrà pubblicato un mega-articolo a cui contribuiranno tutti e 8 gli autori delle varie recensioni; al termine dell’articolo presenteremo le nostre previsioni sul possibile vincitore, l’anno scorso ci abbiamo azzeccato: siamo fiduciosi anche questa volta!
Il primo film tra gli 8 candidati che vi proponiamo è La Grande Scommessa.

La Grande Scommessa

Un premessa: la corrispondenza nulla tra titolo originale e ri-titolazione italiana, va senza ombra di dubbio ad entrare nella categoria di “titoli tradotti approssimativamente”. Anche perché il titolo originale “The Big Short” in realtà fa riferimento alla vendita allo scoperto (In inglese short sellling o gergalmente short) che definisce la vendita speculativa per conto terzi di titoli di cui non si è in possesso. E’ anche vero che non è semplice rendere immediato questo termine in italiano, ma consideriamo pure che il senso del titolo è quello di indicare come soggetto principale del film lo scoppio della bolla dei mutui sub-prime, mentre la traduzione italiana ribalta il senso ponendo l’attenzione invece sui protagonisti e sulle loro azioni, che sono senza ombra di dubbio il fulcro della storia, ma non il focus principale.

Questo perché “The Big Short” prima di essere un bel film, con un bella regia o una bella storia, e prima ancora di essere candidato a ben 5 premi Oscar (montaggio, sceneggiatura non originale, attore non protagonista, regia e film), è un’impietosa narrazione di come, per avidità, mancanza di lungimiranza e totale stupidità, una risicata cerchia di colletti bianchi sia riuscita prima ad arricchire se stessa e subito dopo ad impoverire il resto del mondo, originando una crisi economico-finanziaria che ha avuto conseguenze disastrose e che tutt’ora paghiamo a caro prezzo. E risulta molto riduttivo trasformarlo in una semplice scommessa finanziaria.

La grande scommessa

Storia di un disastro annunciato, ma che nessuno voleva vedere

(Premetto che la spiegazione, oltre ad essere una breve sinossi della trama, è anche piena di terminologie finanziare che ho cercato di esplicare al meglio: nel caso non voleste addentrarvi potete tranquillamente passare al paragrafo successivo)

La sceneggiatura, tratta dal libro The Big Short: Inside the Doomsday Machine (edito in Italia come The Big Short — Il grande scoperto) di Michael Lewis è semplicemente la narrazione dei fatti che alle origini del 2005 vede Michael Burry (Christian Bale), manager di fondi speculativi, scoprire una falla nel sistema americano dei mutui subprime: il mercato immobiliare americano, per farla breve, è saturo di mutui subprime a tasso variabile (“sub-prime” deriva dalla definizione “prime”: un mutuo prime è un mutuo concesso ad un richiedente che ha scarse possibilità di non coprire il mutuo. Un sub-prime è invece un mutuo che ha un fattore di rischio più alto) concessi con molta leggerezza e superficialità. Burry capisce da subito che tutto questo porterà ad un collasso del sistema molto presto e decide di investire i soldi dei suoi clienti creando un mercato di titoli CDS (Credit Default Swap, uno strumento di copertura finanziaria che permette ad una terza parte tra investitore e debitore di assicurare i rischi sul debitore) sui pacchetti di mutui, scommettendo di fatto contro le banche.
Nel frattempo un impiegato di Deutsche Bank, Jared Vennett (Ryan Gosling), viene a conoscenza delle previsioni di Burry e, capendo la situazione, propone l’affare al trader di Morgan Stanley Mark Baum (Steve Carell) che, dapprima scettico, indaga sulla questione, scoprendo una verità ancora più amara: non solo il mercato è viziato da errori che nessuno ha compreso, ma è inesorabilmente destinato a crollare poiché i pacchetti di mutui a cui le agenzie di rating hanno assegnato un rating a tripla A, sono in realtà pieni di mutui con rating molto più bassi e quindi insicuri. Il valore assegnato a questi pacchetti, col benestare delle istituzioni che dovrebbero controllare è quindi falsato e fraudolento, come se non bastasse un sistema di CDO (Collateralized Debt Obligation, in breve è un’obbligazione che funziona come una sorta di scommessa speculativa su un determinato tipo di debito: in questo caso i diversi CDO sui pacchetti di mutui risulterebbero una scommessa fruttuosa, poiché i mutui sono stipulati da persone finanziariamente solide, mentre la realtà è totalmente diversa) a catena su questi mutui rende il crollo ancora più sicuro e distruttivo.

Allo scenario si aggiungono inoltre Charlie Geller (Federico Viola) e Jamie Shipley (Finn Wittrock), due giovani investitori che vengono a sapere dell’operazione di Vennett e decidono di fare altrettanto con l’aiuto di Ben Rickert (Sandro Acerbo), pezzo grosso del sistema bancario ritiratosi in pensione.

Quando nel 2007 (esattamente come previsto da Burry) il mercato crolla, è la catastrofe: le perdite si attestano a cifre astronomiche (5.000 miliardi di dollari in pensioni, piani contributivi, patrimoni immobiliari, investimenti privati e bond), 6 milioni di persone perdono la propria casa ed 8 milioni il proprio lavoro solo in America. In tutto questo dei diversi colletti bianchi coinvolti nessuno ha mai pagato per i propri reati (fatta eccezione per Kareem Serageldin) e nessuno ha imparato la lezione, dato che diverse banche hanno recentemente deciso di offrire ai propri investitori dei bond definiti BTO (Bespoke Tranche Opportunity che, in soldoni, sono essenzialmente un mix tra i sopra citati CDS e CDO).

Left to right: Steve Carell plays Mark Baum and Ryan Gosling plays Jared Vennett in The Big Short from Paramount Pictures and Regency Enterprises

La tecnica per narrare la catastrofe

Raccontare un storia così complessa ed articolata, piena di tecnicismi finanziari e operazioni incomprensibili all’uomo comune non è per nulla facile: il rischio di annoiare o di non centrare il punto è sempre dietro l’angolo. Ma attraverso scelte stilistiche precise e ben ponderate, il regista Adam McKay riesce a portare ampiamente a casa il risultato: ogni scelta è stata fatta per rendere la narrazione snella, diretta ed efficace, senza per questo snaturare i fatti. La regia è per lo più volutamente frenetica, incerta, come se tutto fosse in presa diretta: nei momenti più concitati le camere si muovono con velocità, non mettono bene a fuoco il soggetto, in altri momenti invece indugiano su dettagli sembrando errori, come un occhio che si distrae dal volto per cogliere invece un dettaglio più interessante. Una regia appositamente studiata per enfatizzare la velocità con cui tutto accade, che riesce a trasmette ogni sensazione anche grazie alle inquadrature, adatte ad ogni momento. In alcuni momenti sembra essere forse un po’ troppo forzata, ma nel complesso è veramente più che adatta.

Un’altra grande furbizia è quella dedicata agli spiegoni: non tutti conoscono le terminologie del mondo finanziario e come rendere la storia fluida, senza nel frattempo perdersi in spiegazioni troppo complesse? McKay ricorre ad uno stratagemma che ricorre lungo il film: la storia viene messa in pausa e le spiegazioni vengono affidate ad improbabili quadretti gestiti da guest star, come per esempio Margot Robbie che, immersa in una vasca idromassaggio, illustra in pochissimi minuti cos’è un mutuo sub-prime.

La grande scommessa

Altro punto a favore per “La grande scommessa” sono i personaggi, dipinti e contestualizzati con attenzione e precisione, ricchi di dettagli: ogni personaggio si muove e pensa praticamente come ha già fatto e, sottraendo le ovvie romanzature necessarie alla trama (a volte pure confessate dai personaggi stessi, come quando Geller e Shipley vengono a sapere del progetto di Vennet), il film resta più che credibile e fedele. Ognuno è quel che è stato: Vennet un trader senza scrupoli, Burry un outsider pignolo e preparatissimo, Baum un astioso idealista. E tutto il cast funziona con una precisione svizzera. La palma di prova migliore va sicuramente a Christian Bale, che per questo ruolo ha pure ottenuto la nomination come migliore attore non protagonista agli Oscar, e a Steve Carell, che si affranca dai soliti ruoli comico-macchiettistici per un’interpretazione drammatica di livello. Anche lo spregiudicato Vennet interpretato da Ryan Gosling regge il confronto, anche se non spicca nonostante abbia pure il ruolo del narratore.

Ciliegina sulla torta è la scelta di una colonna sonora con molte influenze rock/metal che ben si accosta al film e che personalmente mi ha conquistato: vedere Michael Burry lavorare con “Blood and Thunder” dei Mastodon nelle orecchie è stato esaltante, così come la cover di “Lithium” della Polyphonic Spree o come la scelta del finale affidato alle note di “When the levee breaks” dei Led Zeppelin.

In definitiva “La grande scommessa” è un film perfetto nella forma e nella sostanza, perché riesce nell’impossibile: portare nel mainstream una vicenda per nulla piacevole, mai ben illustrata nemmeno dagli organi di informazione e per molti scomoda. L’intento quasi documentaristico nel raccontare una pagina così buia della finanza mondiale è un punto di forza solido, ed a renderlo ancora più solido c’è dietro un lavoro di costruzione e ricerca per ottenere il miglior risultato possibile nella narrazione. Onestamente è difficile predire se e quanti Oscar porterà a casa, ma di certo “la grande scommessa” ha davvero molte chances e sarà un concorrente agguerrito la notte del 28 febbraio.

[riassunto titolo=”La Grande Scommessa — The Big Short” voto=”9" ]Difficile trattare un argomento così complesso e renderlo semplice ed accattivante: sceneggiatura magistrale, regia quasi perfetta, cast ottimo.[/riassunto]

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