Tutti pazzi per il sushi: siamo proprio sicuri?

Gaia Lamperti
Tasc
Published in
4 min readMar 9, 2016

Diciamocelo. Questa storia del sushi ci sta un po’ sfuggendo di mano. Che alla fine, nulla in contrario eh, sono io la prima a farmene certe scorpacciate, ma almeno cerchiamo di esserne coscienti: il sushi non ci piace, il sushi fa figo. Chi di voi non noterebbe l’incomparabile disuguaglianza fra la prospettiva di una cenetta a base di sushi e una di pasticcio di zucca al forno, con conseguente abbandono di ogni speranza di alzarsi da tavola?

E ancora, quanti di voi si azzarderebbero a negare che quei simpatici rotolini di riso e pesce crudo disposti su piattini design colorati, non farebbero una figura decisamente migliore per un impeccabile scatto degno del National Geographic ed immancabile sul vostro profilo Instagram?

sushi

La parola sushi è entrata ormai a fare parte del vocabolario essenziale di qualunque aspirante esponente del buongusto e delle tendenze della società del duemila, o per lo meno di quella porzione che è (o si sente) alla moda.

Come tutto ebbe inizio

All’inizio si trattava più che altro di un fenomeno europeo da cui l’Italia era stata brutalmente esclusa: in città grandi e molto variegate dal punto di vista etnico, appariva qua e là qualche ristorantino chic per una cerchia ristretta di coraggiosi eletti che si cimentavano nell’assaggio di questa nuova cucina orientale, prima sconosciuta.

Poi il fenomeno è andato diffondendosi sempre più, a velocità vorticosa, fino a raggiungere anche noi, la landa indiscussa del cibo autoctono. Sicuramente non sono mancati i più restii e sospettosi, i più tradizionalisti e conservatori, ma è durato poco: è stato amore a prima vista, o meglio, a primo assaggio. E da lí è scoppiata in pieno la sushi mania, ed eccoti ristoranti sushi, asian, fusion, oriental, e chi più ne ha più ne metta, spuntare ovunque come funghi.

Ogni fashion blogger che si rispetti ne necessita minimo (e dico minimo eh) una dose a settimana, pena tremende crisi di astinenza; e non si dimentica mai di documentare fedelmente il pasto giapponese su tutti i social in cui sia rintracciabile da parte della popolazione del web.

sushi

Nessuno mette in dubbio la raffinata arte del sushi ed il suo innegabile sapore stuzzicante e allo stesso tempo molto light; ma siamo proprio sicuri che ci piaccia davvero così tanto?

Piccoli incidenti di percorso

Non so voi ma io, tutte le volte che mi accingo ad una cena sushi vado incontro a non poche difficoltà. Calcolare le porzioni non è mai banale ed è un’operazione che non va presa tanto alla leggera. Infatti, inderogabilmente, come se fosse una legge fisica inconfutabile, se ne ordina sempre troppo o troppo poco. Sono fiduciosa che colui che inventerà l’algoritmo per calcolare l’esatta quantità di sushi che soddisfi alla perfezione ogni genere di fame sarà indiscutibilmente il vincitore del premio Nobel per l’umanità.

E poi tutti quei nomi, metterebbero in confusione persino il fashionista più agguerrito: nigiri, sashimi, uramaki, hosomaki, futomaki…ammettiamolo: nel momento dell’ordinazione, quando il cameriere penna alla mano, ci lancia uno sguardo d’attesa, siamo presi da un timore pungente perché, onestamente, non sappiamo quale sia la più minima differenza fra tutte quelle tipologie e ci ritroviamo a biascicarne qualcuna a caso sperando che non si capisca troppo bene che non sappiamo nemmeno come si pronuncino.

chopsticks-698495_1280

Vogliamo parlare delle bacchette invece? Sono il terrore di chiunque non abbia almeno un parente, fra bisnonni e trisavoli, che sia di ceppo nipponico. Ed anche ai più abili e disinvolti nel destreggiarsi in questa complessa tecnica sarà capitato, almeno una volta, di perdere il prezioso bocconcino sulla traiettoria fra il piatto e la bocca ritrovandosi in una situazione imbarazzante.

Senza fare menzione poi dell’orribile episodio in cui, probabilmente sotto la spinta di qualche simpaticone che vi ha suggerito di farlo, vi siete decisi ad assaggiare il wasabi, senza le dovute precauzioni e non nella quantità consona (ovvero non visibile ad occhio nudo) rendendovi conto che “Ma allora è veramente così tanto, tanto piccante!” quando ormai era già troppo tardi.

Sushi sí o sushi no?

Beh insomma, per concludere: auguro a tutti quei pochi emarginati sociali (shame on you!) che non l’avessero ancora fatto, di provare l’esperienza del sushi che, per quanto possa sembrare complessa e scoraggiante, soprattutto dopo aver letto questo articolo, è sicuramente molto interessante, piacevole ed immancabile in un mondo variegato e multietnico come quello di oggi. Però magari, la prossima volta, rifletteteci giusto un paio di minutini in più prima di decidere che sorte imporre alla vostra serata e rivalutate saggiamente l’offerta di quell’amico testardo che, ogni santa settimana, continua valorosamente la sua battaglia al grido di Oh raga, famoce ‘na pizza!.

--

--

Gaia Lamperti
Tasc
Writer for

sono per il buon rock, i locali chiassosi, i pomeriggi al mare, le menti fresche e gli animi caldi.