FlashTechMood #3: spunta la blockchain tra pace fiscale e flat tax

Marco Galli
Tech Mood
Published in
2 min readOct 19, 2018
Photo by Stephen Dawson on Unsplash

Un po’ a sorpresa, il Decreto Semplificazione approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 15 ottobre unitamente al Decreto fiscale prevede misure legate al mondo della blockchain.

Il testo è trapelato solo in minima parte, ma il comunicato stampa del Consiglio dei ministri ci informa che esso conterrà misure per la “definizione dei registri distribuiti e sostegno, con un fondo di venture capital con Cassa Depositi e Prestiti, alle startup innovative che investono in questa tecnologia”.

Si tratta certamente di un notevole passo avanti, specie se confrontato con il completo immobilismo italiano al momento del lancio della Blockchain Partnership Initiative europea, solo recentemente smosso (come ha raccontato Licia Garotti in un recente post).

Ciò che non convince, quantomeno a una prima lettura isolata, è la norma trapelata (art. 20), nella quale di definisce “cosa sia” la blockchain e il valore legale di dati e inormazioni “certificati” attraverso il suo utilizzo.

La definizione data appare eccessivamente ampia, tanto da ricomprendere anche sistemi distribuiti private e permissioned che, pur utilissimi in tanti settori produttivi e aziendali, ben poco impatto innovativo avrebbero rispetto ad attuali soluzioni trusted e centralizzate.

Anche il secondo comma, che sancisce che alle informazioni e ai dati “certificati” attraverso sistemi distribuiti sono attribuite la stessa “validità giuridica attribuita a informazioni e dati certificati attraverso l’uso di altre tecnologie” non appare convincente.

Manca, anzitutto, una chiara individuazione di quale sia l’oggetto della “certificazione” (marca temporale? Validità come scrittura privata, come avviene per le firme elettroniche? Integrità e non modificabilità del documento elettronico?).

In secondo luogo, sembra che tale mutuo riconoscimento di validità sia limitata ai soli dati e documenti già attualmente certificati attraverso “l’uso di altre tecnologie”. E per i dati e documenti certificati senza ausilio tecnologico?

E’ importante considerare, peraltro, che per larga parte gli effetti giuridici connessi ai servizi tecnologici di “certificazione” di dati e documenti (quali la conservazione documentale a norma, data certa, firme elettroniche, servizi di recapito certificato, ecc.) sono derivanti dal rispetto di requisiti soggettivi (perchè prestati da autorità di certificazione a tale scopo autorizzate) e oggettivi, quali standard tecnici e regolamentari.

Questo, da solo, basta a spiegare l’importanza di una definizione precisa di cosa possa essere considerato “blockchain” e di quale siano i protocolli di consenso ritenuti idonei per la “certificazione”.

Non ci resta che attendere fiduciosi.

--

--

Marco Galli
Tech Mood

Avvocato, mi occupo di diritto delle nuove tecnologie, proprietà intellettuale, data protection e fintech. In un mondo di Jobs, continuo a preferire Wozniak.