Anna: il mondo dopo di noi
Il nuovo romanzo di Niccolò Ammaniti: non solo per adulti, non solo per ragazzi.
Dopo aver terminato Anna di Niccolò Ammaniti l’ho lasciato apposta a fermentare nel retro della mia coscienza. Innanzitutto per una questione di collocazione: aveva senso parlarne qui, su un blog che si occupa di narrativa per ragazzi?
Alla fine ho deciso di sì. Che aveva senso. Perché non mi viene in mente nessun motivo per cui una storia così, con una protagonista così, con una premessa e uno svolgimento così strettamente legati ai classici della narrativa per ragazzi (Il Signore delle Mosche, prima di tutti), e in generale al genere distopico che nella YA abbonda, non debba essere letta anche dai ragazzi. Anna viene venduto espressamente a un pubblico trasversale, il marketing del libro non fa mai riferimento al settore giovanile, ma noi ce ne freghiamo e lo recensiamo lo stesso. Noi, cioè io, perché Niccolò Ammaniti è il mio scrittore italiano preferito da tempi non sospetti.
L’altro motivo per cui l’ho lasciato fermentare era che volevo essere sicura che passato il primo entusiasmo per una storia che si srotola via lucida e precisa e asciutta e senza tregua mi rimanesse lo spazio di capire se mi fosse piaciuto davvero. E se da un lato è vero che la lettura conta soprattutto nel momento in cui la si fa, è anche vero che lasciare un po’ di distanza fra la lettura e la recensione aiuta a sentire le note di cuore dell’opera, come se fosse un profumo.
Anna è un lavoro solido, dicevo. Privo dei difetti di sbrodolamento di Che la festa cominci, è un ritorno alla cupezza di Come Dio comanda ma è, indiscutibilmente, una storia di ragazzi. La premessa è già vista altrove, ma non perde mai lo smalto: una pandemia che uccide la popolazione mondiale appena raggiunge la pubertà ha lasciato i bambini soli ad affrontare il mondo. Anna ha tredici anni e da quattro si prende cura da sola del fratellino Astor, che ne ha sette. Intorno a loro c’è una Sicilia devastata da incendi e razzie, in cui i ragazzi si organizzano come possono per sopravvivere: Anna è intelligente, coraggiosa, brusca, presente a se stessa, ma è pur sempre una ragazzina sola davanti al mondo. La sua unica guida è un quaderno che le ha lasciato la madre prima di morire, in cui sono presenti istruzioni dettagliate sulle cose che deve sapere per poter crescere Astor, almeno fino al giorno in cui la Rossa (così viene chiamato il virus letale) non se la porterà via, lasciandolo solo. In un mondo in cui l’informazione non esiste, l’unica speranza di Anna è di riuscire a trovare un posto in cui i Grandi siano sopravvissuti, abbiano scoperto una cura per la Rossa e la possano salvare dalla morte lenta e dolorosa che non risparmia nessuno sopra i quattordici anni. Ed è con quel senso di pericolo incombente che la ragazzina intraprende il suo viaggio, fra cadaveri abbandonati, bande di bambini selvaggi, superstizioni neonate, terrore e morte. Sono storie che forse avremmo già letto, se intorno non ci fossero l’Italia e la Sicilia, la nostra cultura pop o quello che ne rimane — verosimilmente — dopo la distruzione del mondo come lo conosciamo. Il mondo come sarebbe se noi che leggiamo sparissimo all’improvviso, tutti insieme, ora.
A distanza di qualche tempo, il difetto di Anna — se ce n’è uno — è il finale, forse un po’ debole rispetto a uno svolgimento potente. Sì, volevamo saperne ancora, oltre l’ultima pagina: ma forse questa è anche la sua forza.
Anna, Niccolò Ammaniti (Einaudi Stile Libero, 2015)
Questo articolo è già apparso su blog.pianetadonna.it il 22 ottobre 2015. Se ti è piaciuto, clicca su “Recommend” qui sotto!