Classici in formato YA: pedagogia o commercio?

Perché i classici riproposti come spin-off di saghe Young Adult non fanno bene alla lettura.

Giulia Blasi
The Book Girls
Published in
3 min readNov 13, 2015

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Grande dibattito, non si vince niente: i classici impacchettati dalle case editrici come spin-off di saghe commerciali a target Young Adult sono o no un mezzo valido per portare i ragazzi a riscoprire la lettura dei grandi romanzi?

La farò breve. Stefania Parmeggiani dice di sì. Io dico di no.

Lo dico per diversi motivi. Il primo è negli intenti dietro l’operazione: data una saga di successo (in America ha iniziato Twilight, l’ultima arrivata è After), la casa editrice che ne detiene i diritti e che ha per le mani una certa quantità di classici — per i quali i diritti sono decaduti da un pezzo — coglie l’occasione per far cassa con un’operazione a bassissimo costo che si autopromuove per prossimità con un marchio collaudato. Jane Eyre è il libro di Bella; Orgoglio e pregiudizio, Cime tempestose e Anna Karenina i libri di Tessa. Sentite il rumore dei registratori di cassa? Ecco, è l’unica cosa che conta. E chiariamoci: le case editrici non sono enti benefici. Stampano e vendono libri. Per cui l’operazione è in sé legittima: sarebbe meglio, tuttavia, non cercare di ammantarla di una missione pedagogica che non ha, e non può avere.

Anche ammesso e non concesso che di missione pedagogica si tratti, la sua efficacia non può che essere scarsa. Quando triti le carote nella torta per fare in modo che il ragazzino le mangi, non lo stai educando a mangiare le carote: lo stai educando a mangiare la torta. Fra un piatto di carote e una fetta di torta, il ragazzino sceglierà sempre la torta. Hai sbagliato all’inizio, con l’accondiscendenza e l’indulgenza e la scarsa propensione a fargli gustare altri sapori e a conoscere il valore nutrizionale di quello che mangia.
Con i classici funziona più o meno allo stesso modo: non raccontiamoci che Jane Eyre o Orgoglio e pregiudizio abbiano la stessa scorrevolezza e la stessa presa di Twilight. Per godersi i classici bisogna avere il palato allenato, bisogna aver letto libri complessi, riuscire a seguire i periodi lunghi, e soprattutto non aspettarsi la gratificazione immediata della storia batticuore. Sono storie lente, che procedono appoggiandosi su sfumature dell’animo umano e non concedono molto al lettore. Sono anche storie ambientate secoli fa e pienamente immerse nella cultura dei tempi che raccontano: per quanto moderne, le autrici sono sempre donne dell’800. Il finale è il matrimonio. La moglie pazza deve morire. Elizabeth Bennet sarà pure intelligente e vivace, ma non lavorerà mai un giorno in tutta la sua vita. Tutte cose che è importante sapere e capire.

Il classico è sicuramente un’ottima lettura, un’esperienza appassionante. Ma perché lasci un’impronta duratura e porti alla lettura di altri classici va inserito all’interno di un percorso formativo, che può essere scolastico o meno, ma che comunque ha il compito di offrire una panoramica più vasta sulla letteratura. Se decontestualizzate e declassate a favoletta romantica, Jane Austen e le sorelle Brontë lasciano il tempo che trovano. E aggiungiamoci pure che l’intera operazione ha un target dichiaratamente femminile: i maschi, che già leggono poco, vengono del tutto tagliati fuori. Non è roba per loro, è roba “per femmine” (quindi, implicitamente, di minor valore: come tutto quello che è “per femmine”, piuttosto che “per tutti”). Che missione pedagogica è, quella che esclude un intero segmento della popolazione puntando solo a quello che i libri già li compra? E qui torniamo al punto uno.

La cosa peggiore di tutto questo è la sufficienza con cui si propina il classico alla ragazzina, così, come una palata di sbobba in faccia: e se non lo mangia è colpa sua, mica di chi ha sistematicamente dopato il mercato editoriale pubblicando montagne di robaccia gustosa ma dal valore nutritivo pressoché nullo, libri-fotocopia, fanfiction pompate, roba in cui ti puoi forse rispecchiare per un brivido a buon mercato, ma niente di più.

La pedagogia non c’entra niente, c’entrano i soldi e la volontà e la capacità di farli. Tutto legittimo, ripeto: ma non prendiamoci in giro.

Questo articolo era già apparso su blog.pianetadonna.it il 13 novembre 2015. Se ti è piaciuto, clicca su “Recommend” qui sotto!

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Giulia Blasi
The Book Girls

Writer, teacher, public speaker, in that order. Nerd when it wasn’t cool. Bookworm.