One of Us Is Lying: ma dai, ma su
Un mistero che non lo era, un libro che non soddisfa.
Fra le mie cose preferite al mondo c’è entrare da Foyles a Charing Cross Road e restarci quelle due orette spulciando gli scaffali, cercando di assorbire per osmosi la magia della scrittura felice. La loro sezione Young Adult è grande e ben fornita, e di solito merita almeno una ventina di minuti del mio tempo: l’ultima volta ci ho comprato One of Us Is Lying di Karen M. McManus. Era in bella mostra in mezzo al tavolo delle selezioni, e io ci sono cascata.
Altra cosa di me: mi perdo nelle storie al punto che molto ma molto di rado non vengo sorpresa dal colpo di scena. Intuire l’omicida non è cosa mia (e forse per questo non sono mai riuscita a scrivere un giallo, cosa che peraltro mi piacerebbe molto). Insomma, è facile sorprendermi. Che devo dire di un libro in cui a pagina 100 già avevo capito i tre quarti della soluzione finale, e sono andata avanti solo per farmela confermare? Certo, il ritmo c’è, i personaggi — almeno in parte — pure, l’ispirazione ’80s era stuzzicante: ma il resto è una delusione.
Di che parla, in breve, One of Us Is Lying? Di quattro ragazzi, i quattro stereotipi della scuola americana prelevati direttamente da The Breakfast Club (l’atleta, il cervello, la principessa, il delinquente) che vengono sorpresi con i telefoni cellulari dentro lo zaino e quindi costretti a rimanere dopo la scuola, in quel rito assurdamente ammerigano che è la detention. L’atleta è Cooper Clay, chiaramente modellato su Emilio Estevez giovane. Il cervello è Bronwyn Rojas, irlandese-colombiana secchionissima e (ma dai) molto bona. La principessa è Addy Prentiss, una biondina insignificante con un fidanzato che le gestisce interamente la vita. Il delinquente è Nate Macaulay, bonissimo pure lui. Con loro c’è Simon Kelleher, uno che dal primo minuto si capisce che è uno stronzo, e credetemi: nel libro poi non migliora. Simon è una versione malevola e invasiva di Gossip Girl: ha creato un’app e un Tumblr (cosa venga postato dove è molto confuso) attraverso cui rivela i segreti della sua scuola. Non si capisce come faccia a sapere le cose, ma ci prende sempre e fa dei danni incredibili, fra inutili outing di gente che non ha mai fatto male a nessuno, tonnellate di slut-shaming e anche quel filo di classismo che non guasta. Simon è una persona di merda e c’è molta gente che ha ragione di avercela con lui.
Mentre sono tutti in quella stanza, Simon muore all’improvviso. Gli altri sono sospettati di averlo ucciso come vendetta per la sua crudeltà. Il resto del libro — che alterna fra le voci dei quattro: primo grave errore — serve a svelare cos’è successo.
Il problema di libri così è che si capisce molto alla svelta che vogliono parlare di un problema. Se vi dicessi quale, capireste subito anche voi com’è che Simon ci ha lasciato le penne, per cui non ve lo dirò: e forse è un problema di posizionamento degli indizi (quello decisivo per me è arrivato troppo presto), forse di conoscenza del meccanismo (non è mai quello che ti aspetti!), forse semplicemente di voce. Le prime persone singolari dei ragazzi non riescono a mantenere il mistero. Montano suspense che si sgonfia di capitolo in capitolo, man mano che diventa più chiaro com’è andata davvero. Quando finalmente ci si arriva (grazie all’intervento di un personaggio secondario, praticamente un deus ex machina) tu dici: eh, dai, era ovvio.
Aggiungiamoci che il rovesciamento degli stereotipi crea nuovi stereotipi (Addy che passa da noiosa biondina a tostissima detective nello spazio di un taglio di capelli; Bronwyn e Nate boni de Cristo che indovinate un po’; Cooper che ha il segreto, anche quello sgamato entro le prime cento pagine perché l’ansia dell’autrice di segnare tutte le caselle della varietà umana è evidente dall’inizio, anche se gira e rigira qua sono tutti abbastanza bianchi e belli) e l’unica cosa che ti interessa, come lettore, è sapere se i due che si sono innamorati avranno il loro lieto fine. Prevedibile anche quello. Com’è prevedibile che sulla scorta di Thirteen Reasons Why tutto questo diventi un film, o meglio, una serie TV.
One of Us Is Lying, Karen M. McManus (Delacorte Press, 2017)
AGGIORNAMENTO: scopro da Marco Locatelli che è uscito anche in Italia, con il titolo Uno di noi sta mentendo (Mondadori).